Prevedo per il prossimo 15 marzo una massiccia partecipazione all’appello lanciato alcuni giorni fa da Michele Serra, per una “Piazza per l’Europa”. Non sarà la solita adunata di trombettieri e tifoserie multicolori. Niente di tutto ciò. Dovrà essere, secondo i migliori auspici, una mobilitazione per quei valori (e ideali) che hanno contraddistinto la nostra migliore tradizione civile. La storia ci insegna che quando l’Europa non ha difeso se stessa, ha sempre pagato il prezzo più alto e che si è mantenuta forte, libera e indipendente solo quando ha saputo essere unita.
Il nostro passato, un monito per tutti
Ogni volta che la frammentazione ha prevalso sull’unità, il nostro destino è stato deciso da altri. Oggi, con la guerra di aggressione russa in Ucraina, la storia si ripete: l’Europa è di nuovo chiamata a una scelta cruciale tra la compattezza e la resa alle forze che vorrebbero riportarla in un passato di divisioni e subordinazioni geopolitiche. L’Unione Europea è spesso criticata per la sua burocrazia e le sue lentezze decisionali, ma la verità è che mai come oggi abbiamo bisogno di una leadership forte e di una comunità d’ intenti. La guerra in Ucraina ha dimostrato che l’Europa può reagire con decisione quando è chiamata a farlo: il sostegno militare, economico e diplomatico a Kiev ha sorpreso chi si aspettava un’Unione disunita e indecisa. Tuttavia, le pressioni interne ed esterne minacciano di spezzare questo fronte comune.
Un’Europa sotto attacco su più fronti
La stabilità europea non è minacciata solo da Mosca. Anche gli Stati Uniti di Donald Trump e di esponenti come J.D. Vance stanno mostrando un atteggiamento ostile verso l’Unione Europea, dipingendola come un progetto nato per “fregare” l’America piuttosto che per garantire pace e prosperità. Se da un lato la Russia cerca di piegare l’Europa con la forza militare, dall’altro un’America isolazionista e protezionista minaccia di minarne la solidità economica e strategica. L’idea di un disimpegno statunitense dalla NATO, accompagnata da un possibile avvicinamento a Mosca, potrebbe cambiare gli equilibri geopolitici in modo drammatico. In mezzo, ci sono forze euroscettiche interne che continuano a seminare dubbi sulla necessità di un’Europa forte e compatta. Il populismo anti-europeo, diffuso in molti paesi dell’Unione, gioca un ruolo pericoloso: l’illusione di poter affrontare le sfide globali con il ritorno alle sovranità nazionali è una falsa promessa che, nella realtà, ci esporrebbe a un futuro di maggiore vulnerabilità e isolamento.
La forza dell’Europa nelle svolte della storia
Nei momenti decisivi della sua storia, l’Europa ha saputo rispondere con determinazione alle minacce esterne. La riconquista della Spagna e della Sicilia dagli Arabi, la battaglia di Lepanto nel 1571 contro l’Impero Ottomano, la resistenza al nazifascismo durante la Seconda guerra mondiale sono solo alcuni esempi in cui la coesione è stata la chiave per la sopravvivenza della civiltà europea. Oggi, la minaccia arriva da una Russia che sogna di ricostruire le proprie sfere d’influenza, proprio come fece nel secondo dopoguerra con l’Unione Sovietica. L’Ucraina è solo il primo tassello di un disegno che punta a riscrivere i confini europei secondo la logica della forza. Per questo, sostenere Kiev non è solo una questione di solidarietà, ma un investimento strategico per la sicurezza dell’intero continente. Ma non si tratta solo di un confronto militare: la disinformazione, la propaganda e la guerra ibrida sono strumenti che Mosca utilizza per seminare il dubbio e l’incertezza tra i cittadini europei. Alimentare il malcontento, infiltrare la politica con movimenti filorussi e sfruttare le fragilità economiche di alcuni paesi sono strategie mirate a dividere l’Europa dall’interno. Per questo, la resistenza deve essere non solo militare, ma anche culturale e politica.
L’ora più buia: una nuova resistenza europea
Winston Churchill, riferendosi alla primavera-estate 1940, definì quel periodo come “l’ora più buia” per la Gran Bretagna, quando il Regno Unito rimase solo contro l’avanzata nazista. Oggi, l’Europa si trova in una situazione simile: se non dimostrerà unità e determinazione, il rischio è quello di una regressione storica in cui la sua voce sarà sempre più debole sulla scena mondiale. Dobbiamo far sentire il nostro sostegno al popolo ucraino, ma anche lanciare un messaggio chiaro a tutti: alla Russia di Putin, agli Stati Uniti di Trump, agli euroscettici di casa nostra. L’Europa non si piega di fronte alle minacce, né a quelle militari, né a quelle economiche. La nostra sicurezza non può dipendere dall’eventuale benevolenza di Washington o dai calcoli geopolitici del Cremlino. Serve una politica estera comune più incisiva, una difesa europea autonoma e un rinnovato senso di identità condivisa.
Un chiaro messaggio al mondo
Scendere in piazza per l’Europa significa affermare che il nostro progetto di unità non è un accidente della storia, ma la risposta più efficace alle sfide del nostro tempo. È un messaggio di resistenza e di speranza, perché senza un’Europa unita, libera e forte il nostro futuro sarà scritto da altri. Oggi, difendere l’Europa significa difendere la democrazia, la libertà e la dignità dei popoli. È un impegno che dobbiamo assumere senza esitazioni. Per questo, “Una piazza per l’Europa” del prossimo 15 marzo non è solo uno slogan, ma una chiamata all’azione: la battaglia per l’unità e la sicurezza europea si combatte non solo nei palazzi della politica, ma anche nelle piazze, nelle università, nei media e soprattutto nelle coscienze di ognuno di noi.
Michele Rutigliano