Siamo al #Metoo applicato ai politicamente corretti. In Umbria la presidente della Regione si deve dimettere per una storia poco gloriosa di concorsi truccati (siamo ancora agli avvisi di garanzia quindi nessuno scriva sentenze prima del tempo, per favore).
Lei comunque ha deciso allora di lasciare l’incarico. Si direbbe: brava, come Vasco Errani. Errani guidava l’Emilia Romagna, venne indagato e si dimise. Disse: il partito (lo steso di Marini) deve essere tutelato. Poi in tribunale ha avuto piena soddisfazione, e ne è uscito da gran signore.
Katiuscia Marini però preferisce lasciare sparando i suoi razzi contro il quartiergenerale, il proprio. Non parla di un complotto, come avrebbe fatto un Berlusconi qualunque, ma della necessità di essere garantisti “proprio ora che anche i grillini scoprono il garantismo”. E qui davvero la signora diventa un Berlusconi qualunque.
Come Berlusconi, del resto, indica con nomi e cognomi (Verini e Micheli) i responsabili. E aggiunge che qualcuno se l’è presa con lei perché donna, o almeno se fosse stata un uomo sarebbe stata trattata meglio dai suoi. Ora, Verini è indubitabilmente un uomo, e la cosa chissà potrebbe anche sembrare verosimile agli inesperti. Ma Micheli è altrettanto indubitabilmente donna, e di verosimiglianza qui ce n’è poca o punta.
È verosimile, semmai, poter pensare che il Pd tutto si trovi in piena crisi: di uomini e di donne, di idee, di tenuta. Talmente tanto in crisi che mutua gli argomenti da una destra a sua volta in crisi di tutto, usando una metodologia da politicamente corretto.
Ennesima rappresentazione plastica del cortocircuito del sistema. O nasce qualcosa di nuovo, o qui la democrazia finisce come un’attricetta chiusa in un ufficio con Weinstein.

Strider

 

About Author