Per noi il 18 aprile e il 25 aprile sono parti della stessa cosa, tanto forte richiamano la coincidente scelta per la libertà.

E’ chiaro che quella che andremo a celebrare tra una settimana è una festa nazionale, tra le più importanti. Essa segna, infatti, il riscatto dalla pavidità, dall’opportunismo, dal ripudio di una ideologia disumana che ha contribuito a creare i presupposti di una guerra sanguinosa, stragi sistematiche, annientamenti di etnie intere.

Il popolo italiano dopo quel giorno è uscito da una retorica inconsistente, si è liberato dal controllo ferreo della polizia politica fascista, da un’impalcatura culturale pasticciata, ha cacciato il nemico invasore che aveva disseminato l’Italia di vittime, spesso innocenti.

Il 25 aprile deve molto anche a tanti appartenenti al mondo cattolico democratico. Quel giorno venne preparato e reso possibile, infatti, pure dalla scelta di  tanti preti e giovani che preferirono frequentare l’Azione cattolica e la Fuci invece che le ridicole adunate del sabato fascista; dalla generosità dei primi militari d’estrazione cattolica, su tutti spiccano le immagini dei fratelli Di Dio, che immediatamente dopo l’8 settembre salirono sulle montagne; dalle successive Brigate Fiamma verde in cui si riunirono quelli destinati a diventare i democratici cristiani; dal lavoro dei vecchi popolari che, a rischio della vita, nel corso del cupo periodo settembre ’43 aprile’ 45, si rimisero a tessere  rapporti e relazioni, prima controllati e frustrati da vent’anni di regime.

Il prezzo fu alto. Tanti preti finirono nei campi di sterminio, così come alcuni giovani da loro preparati alla libertà, al rispetto della dignità umana, alla scelta democratica. Tanti ispirati cristianamente finirono torturati dalle SS e dalle bande fiancheggiatrici fasciste. Numerosi giovani cattolici lasciarono la loro vita tra i boschi o le pietraie delle montagne.

Il 25 aprile, dunque, è anche nostro. Non è stato solo comunista, socialista, monarchico o azionista. Il “ vento del nord” non soffiava solo spinto dal fronte della sinistra.

Mattei, Taviani, Cefis, Marcora, con loro De Gasperi, Gonella, Spadaro, confermarono come questo vento di libertà e di scelte democratiche fosse abbondantemente in grado di contenere il riflusso conservatore e filo monarchico che,  pure, condizionava una buona parte del mondo cattolico.

La scelta per la libertà venne ripetuta tre anni dopo, quando l’Italia optò per una prospettiva democratica, a dispetto di  una scelta ideologica totalitaria. Questo fu il 18 aprile, il cui risultato venne tanto denigrato dagli avversari, sconfitti perché avevano perso un confronto decisivo a causa di un loro oggettivo distacco dal sentire della maggioranza del popolo italiano.

De Gasperi e la Democrazia cristiana vinsero, perché ebbero la forza ed il coraggio di indirizzare con decisione il Paese lungo un percorso democratico più moderno rispetto alla proposta social comunista dei fronti nazionali la quale limitava  le possibilità di uno sviluppo giocato preminentemente sulla base della scelta per le libertà, di tutte le libertà.

Il 25 aprile e il 18 aprile, dunque, non costituiscono due date senza significato o ricoperte da una patina di sbiadito ricordo.

A quei giorni sono legate le vicende dell’oggi di un popolo libero che gode di istituzioni e di una società democratica, anche se di esse sono noti limiti e contraddizioni.

Eppure, questi limiti e queste contraddizioni non potranno mai farci optare per una scelta diversa da quella della difesa e del rafforzamento dei principi costituzionali che presidiano e garantiscono la nostra vita di esseri umani e cittadini pienamente consapevoli, grazie al 25 aprile ’45 e al 18 aprile del ’48. Non saranno certo i ricorrenti tentativi di negare l’importanza di quei giorni a farci cambiare idea.

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