“Ora sentiamo di fare parte di uno Stato in cui siamo legittimati a sparare a un ladro che ci entra in casa, siamo legittimati a fare nulla perche’ abbiamo il reddito di cittadinanza e ci chiediamo perché pagare le tasse comunali, tanto il Governo farà un decreto “Salva Roma” e coprirà tutti  debiti accumulati”. E’ un passaggio di colorita sintesi di alcuni provvedimenti dell’attuale Governo ripreso da un recente articolo di “Nuove Radici” il periodico on-line del laboratorio politico aperto da “la Fabbrichetta” e fondato a suo tempo da Sandro Antoniazzi, personaggio ben noto nel mondo cattolico milanese.

Si potrebbe continuare con immagini ancora più eloquenti: dovremmo fare parte di uno Stato che “ha abolito la povertà”, che ha ridotto il debito pubblico e il peso fiscale, ha ridotto la disoccupazione, ha consolidato la ripresa economica e ha sbloccato i cantieri, il tutto nel corso di “un anno bellissimo” preconizzato a gennaio dal presidente Conte. Peccato che la realtà sia ben diversa.

Il debito pubblico, da quando opera questo Governo, è tornato a crescere dopo due anni nel corso dei quali cominciava a ridursi e crescerà ancora con il reddito di cittadinanza e la “quota cento” finanziate in rosso. Una palla al piede che mette a rischio anche la ordinaria amministrazione.

La pressione fiscale, già ridotta con i governi Renzi e Gentiloni, è in aumento e la conferma si legge nel recente Documento di economia e finanza licenziato dallo stesso Governo che prevede un aumento del prodotto interno lordo di pochi punti in quattro anni e del dieci per cento per le entrate tributarie.

La disoccupazione resta alta a differenza di ciò che accade in larga parte della Unione Europea. L’avere penalizzato il lavoro a tempo determinato, che altrove è ormai un elemento decisivo per creare posti di lavoro, non ha certo contribuito a ridurre il tasso di disoccupazione che ci vede tra i più svantaggiati con Grecia e Portogallo. Per non parlare di “quota cento”: ci avevano detto che si sarebbero creati posti di lavoro per i giovani pari a quelli che venivano meno per effetto dei pensionamenti. Lo stesso Documento di economia e finanza del Governo oggi lo smentisce: ogni dieci uscite creano tre nuovi posti di lavoro, nessun moltiplicatore quest’anno e lo zero virgola uno il prossimo, vale a dire un tasso insignificante.

La crescita del Paese si è fermata e il sistema, se non in recessione, è certamente in stagnazione come confermato dallo stesso ministro Tria. Dopo quattordici trimestri consecutivi il tasso di crescita è finito a zero e quest’anno se tutto andrà bene sarà dello zero virgola qualcosa. Chi non ricorda le previsioni largamente positive nella prima versione della legge di bilancio che hanno fatto ridere analisti e agenzie di rating di tutto il mondo e irritato la Commissione Europea?

I lavori pubblici sono fermi nonostante il tanto declamato decreto “Sblocca cantieri” annunciato a gennaio dall’impareggiabile ministro Toninelli che ne garantiva la conversione in legge “al più presto”per sbloccare miliardi di investimenti. Approvato dal governo per ben due volte, dopo scontri violenti nella stessa maggioranza, è ancora fermo e per la sua conversione gli stessi ministri hanno presentato ben cinquanta emendamenti al testo da loro stessi approvato.

Tutto ciò mentre assistiamo a una campagna elettorale dove si discute  poco e ci si accapiglia molto, e non tra maggioranza e opposizione bensì dentro la stessa maggioranza dove i due capi politici o presunti tali non perdono occasione di scontrarsi tutti i giorni.  Ecco la conferma, ancora una volta, che la linea di uno o dell’altro dei due partiti diventa volta a volta la linea del Governo.  Non era mai accaduto. Ed è bene ricordarlo dal momento nel quale cominciano ad insinuarsi ipotesi di maggioranza diversa con la partecipazione del PD:  se c’è un ruolo che oggi compete ai cattolici democratici nel proporsi come soggetto politico è quello di evitare, da un lato, l’illusione che esista un populismo più presentabile di un altro, come pure il rischio che si finisca in un bipolarismo dove esisterebbero solo Lega e M5S.

Guido Puccio

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