Va bene la discrezione, per non dire l’educazione, ma quando è troppo è troppo. Nicola Zingaretti parla a voce bassa, sembra il bravo ragazzo arrivato all’età adulta, porta gli occhiali e ha sempre la camicia pulita. Tutto perfetto per rassicurare il ceto medio, produttivo e moderato.

Peccato che tutto si fermi lì, e che tanta posatezza alla fine sappia di inazione. Perché è innegabile: in questa campagna elettorale fatta di calci e sputi (tra sedicenti amici) il Pd non è riuscito una volta che sia una a imporsi nel dibattito.

Si dirà: buon segno, perché se gli altri si prendono per i capelli e tu non sei nel centro della mischia vuol dire che sei un a persona civile. Giusto, ma anche sbagliato. Perché se il Paese ha bisogno (e siamo tutti d’accordo) di una politica moderata se non altro nei toni, è anche vero che la suddetta buona politica la si fa con le proposte programmatiche. E qui il vuoto è ovunque: grillismo, leghismi e sinistrismo.

Persino quando ci ha provato (perché ci ha provato), Zingaretti non è riuscito a farsi sentire. Ha proposto un “Piano per l’Italia” fatto di due elementi: meno tasse e uno stipendio in più per chi sta peggio. Wow. Metà Salvini (e Berlusconi), metà Grillo.

Insomma: esattamente quello che è stato il Pd fin dalla sua nascita: sinistra che si sposta sulla destra per prendere (il Machiavelli) prima la sinistra e poi la destra. Risultato pratico: partito ad encefalogramma piatto.

Una camicia bianca non basta: siamo al silenzio delle idee. E così i due litiganti godono: il terzo è non pervenuto.

Strider

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