L’Italia e l’Ungheria sono gli unici paesi che premiano davvero i cosiddetti sovranisti ed i populisti. E’ chiaro, invece, che si sta delineando una Eu  non intenzionata a dissolversi, nonostante la stretta congiunta di Trump e di Putin.

Il candidato alla Presidenza del Consiglio europeo dei dc tedeschi, il bavarese Weber, è stato chiaro al riguardo e il magiaro Orban ne dovrà tenere conto. Così come dovranno tenerne conto tutti i votati  negli altri paesi ex comunisti, se vorranno ancora contare sul fiume di soldi che Buxelles ha assicurato loro finora.

Il fronte esplicitamente sovranista di Salvini potrà sbraitare contro le future politiche dell’Unione, ma resterebbe nettamente minoranza a Strasburgo. A meno che, con la conversione ad un sano realismo non vi parteciperà costruttivamente, per il bene anche dell’Italia intera.

E’ chiaro che ricomporre una maggioranza europea non sarà facile, a seguito del calo complessivo delle due forze principali a Strasburgo, il Ppe e il Partito socialista.

E’evidente che dovrà mutare la politica  del Vecchio continente costretto a misurarsi con l’avanzata del cosiddetto “ sovranismo” e dei tanti sparsi populismi a causa di una politica dell’austerità che ha minato l’economia reale, aumentato la disoccupazione, allargato gli squilibri tra nazioni ed aree geografiche.

Il Salvini collocato in posizione di forte minoranza in Europa può, invece, far correre dei grossi rischi all’Italia e favorire Germania e Francia nella emarginazione di Roma, già accentuata in maniera ostentata negli ultimi mesi.

Salvini sa che a breve si apre la complessa partita sui futuri assetti degli organismi europei e all’Italia toccherà la nomina di un commissario. Nomina di cui si occuperà eccome! Vedremo su chi cadrà la scelta.

Intanto, si intensificano le pressioni italiane per avere una delle posizioni che contano in materia economica. Quelle da cui dipenderanno anche le decisioni che stanno a cuore alla struttura produttiva del Nord d’Italia.

Potrebbe essere possibile una breve prorogatio dell’attuale Commissione a guida Junker. Quello stesso Junker che recentemente ha indirizzato un canto da sirena verso i Cinque Stelle ricordando loro che potrebbero essere determinanti  per la formazione di una nuova maggioranza europea.

Canto da sirena, è vero! Ma l’ha ascoltato e memorizzato anche Salvini. Egli non potrebbe certo lamentarsi del possibile gioco delle maggioranze a geometria variabile dopo aver continuato alle amministrative a restare alleato degli altri spezzoni della destra e del centro destra italiani.

Le prossime decisioni della Ue riguarderanno anche i vertici della Bce, i nuovi meccanismi da fissare per il Quantitative easing, le decisioni sul debito pubblico. Determinazioni da cui dipenderà molto del futuro europeo e vedremo la posizione e la capacità dell’Italia di partecipare a processi importanti o se ne rimarrà tagliata fuori con conseguenze nefaste.

La Lega in queste ore sostiene di non voler mettere in crisi il Governo a guida Conte e a maggioranza grillina.

Nel Parlamento italiano la Lega è notevolmente più debole dei 5 Stelle e i conti veri, salvo lanciarsi in una avventurosa crisi di governo dagli sbocchi imprevedibili, si farebbero sulla base dei risultati del 4 marzo 2018 e la cosa potrebbe mettere in circolo altre forze politiche che Salvini intende mantenere a metà del guado.

Non gli si sarà, inoltre, sfuggito che Matteo Renzi prese il 40 % alle europee del 2014 e, poi, abbiamo visto la fine che ha fatto fare al suo Pd in ambito nazionale nel giro di pochi mesi.

Sempre sul fronte interno, vi è pure la partita delle nomine e della sistemazioni di posizioni importanti su cui Lega e 5 Stelle hanno voglia di dire la loro. Lo hanno già fatto nei casi dell’Inps, della Cassa depositi e prestiti, di Consob, di Banca d’Italia, dei vertici di Guardia di Finanza e della Rai.

Altre, però, ne restano. A partire da Invitalia, dalla controllata di Cassa depositi e prestiti, la Cdp equity  da cui dipende una serie di vertici societari importanti, dalla Sace, dalla nomina del rappresentante italiano nella StMicrolettronics, il colosso dei semiconduttori di una joint venture franco italiana, dall’Alitalia.

Insomma, molta sostanza che non è pensabile i due partiti oggi al governo intendano far gestire ad un altro esecutivo, per quanto transitorio.

Non è, dunque, solo una storia di rosari e baci inviati a destra e a manca quella che ci viene raccontata. E’ infarcita di ben altro, troppo poco disvelata all’Italia e agli italiani.

E’ chiaro che le sorti del Governo dipendono in primo luogo dalle decisioni dei vertici 5 Stelle, destinati ad andare ad un chiarimento interno visto l’odierno fallimento di Di Maio.

A loro è rimasto in mano il cerino dopo essere finiti inguaiati dall’inatteso, ampio crollo dei votanti nel Mezzogiorno che sembra costituire il vero motivo della smentita dei sondaggi d’opinione dei giorni scorsi e del successo di Salvini nelle proporzioni in cui si è registrato.

Il reddito di cittadinanza, o almeno quello fatto da Di Maio, non ha avuto lo stesso effetto che ebbero gli 80 euro di Matteo Renzi e la scivolata dei grillini potrebbe esserne una prima palmare dimostrazione.

Giancarlo Infante

About Author