Se fossimo un Paese normale in questi giorni  si discuterebbe della formazione degli organismi europei: le responsabilità nella Commissione, nel Parlamento, nella Banca Centrale. Roba grossa, in grado di influenzare non poco il futuro delle istituzioni, dell’economia, della politica internazionale. Invece no, non se ne parla e le carte le distribuiscono gli altri, tedeschi e francesi in testa.

Il perché è semplice. Perché non siamo un Paese normale e l’attività di governo non pare proprio rivolta ad affrontare i problemi reali, come prevede la Costituzione, ma piuttosto ad insolentire ad ogni occasione Bruxelles e minacciare di non rispettare direttive e limiti a suo tempo condivisi e votati. Eppure ci sarebbe l’occasione per essere all’altezza di un Paese fondatore dell’Unione come siamo: proporre seriamente di cambiare alcune regole, partendo dal “fiscal compact” del quale ormai si discute anche seriamente  una revisione oppure dalla incompiuta disciplina bancaria.

Se poi, oltre che un Paese normale, fossimo governati da chi sa leggere l’intelligenza degli eventi, potremmo distinguerci nel proporre obiettivi ancora più ambiziosi come quelli che Tremonti indica nel suo ultimo libro per fare passi concreti verso l’unità futura: una struttura di difesa comune, attività di intelligence e sicurezza condivise e norme per affrontare insieme l’emergenza delle migrazioni.

Un esempio inquietante del disinteresse su questo ultimo particolare obiettivo, che la dice lunga sullo stile e sulla credibilità del ministro Salvini, lo ha riportato ieri Mattia Feltri su “La Stampa”: le ultime quattro riunioni del ministri dell’Interno da dicembre ad oggi tenutesi a Bruxelles, Bucarest e Lussemburgo sull’argomento migrazioni hanno visto clamorosamente assente proprio il ministro che più si agitava con minacce e dichiarazioni: quello della Repubblica Italiana. Naturalmente l’assenza era dovuta non a gravi motivi  istituzionali ma semplicemente ad impegni elettorali.

Per il nostro ministro evidentemente conta di più un comizio a Paderno d’Ugnano, per dire agli elettori quello che vogliono sentirsi dire, piuttosto che partecipare  a un consesso con gli altri ministri europei e cercare soluzioni per le migrazioni. Salvo smentire puntalmente sé stesso visto che nei comizi declamava ( per ottenere voti) quanto “ mi piacerebbe andare in Europa a parlare di migranti e rimpatri”.

In questi giorni, mentre a Bruxelles, Strasburgo e Francoforte si tratta sui futuri assetti dell’Unione,  da noi si discute sui “mini Bot” cioè su titoli pubblici di piccolo taglio da emettere da parte dello Stato, per pagare i propri fornitori. In sostanza, viste le innegabili ristrettezze, si vuole affrontare il problema creando una moneta parallela, farlocca, illegale e che moltiplica il debito.

E’ già intervenuto con durezza, anche se non è il suo solito, il Presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi definendo senza esitazione la proposta come una violazione palese degli accordi sulla moneta, come è intervenuto il ministro dell’Economia Giovanni Tria esprimendo la sua contrarietà. E il signor Presidente del Consiglio dei Ministri che dice? Ha dichiarato solo che “il problema presenta criticità”. Nemmeno don Abbondio di manzoniana memoria sarebbe stato più generico.

Ecco perché non siamo più un Paese normale, e facciamo ormai di tutto per essere compatiti anche a rischio di restare  isolati dagli altri Paesi membri. A meno che non vi sia una logica dietro a tutto, in grado di spiegare tanti spropositi: questi vogliono andarsene dall’Europa nella illusione che potremo farcela da soli. Tanto saranno pronti sin da ora a sostenere che il disastro che inevitabilmente seguirebbe “sarà colpa dei mercati”.

Guido Puccio

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