E’ cominciato il conto alla rovescia verso il 24 settembre. Entro quella data la Corte Costituzionale ha chiesto un intervento del Parlamento sulla legge sul fine vita per il punto, emerso dopo il cosiddetto caso Cappato, che riguarda quanti aiutano o partecipano a porre fine anticipatamente l’esistenza di malati terminali o completamente irrecuperabili.

Questione molto delicata e complessa. Da non lasciare certamente agli sbrigativi metodi della nostra politica, sempre pronta a schierarsi,  e a dividersi, aprioristicamente su tutto.

Eppure, i partiti presenti in Parlamento  se ne devono occupare. A meno che non si continui con la pratica di far togliere le castagne dal fuoco da altri. In questo caso dalla Corte Costituzionale la quale, mancando un intervento del Potere legislativo,  potrebbe o limitarsi a giudicare anticostituzionali le norme vigenti, le quali prevedono comunque l’illiceità dell’eutanasia, o a intervenire attraverso un proprio pronunciamento, al momento dai contenuti imperscrutabili.

In ogni caso, esiste il rischio concreto che un’abdicazione del Parlamento al proprio ruolo crei il pericoloso precedente di lasciare che altri subentrino e surroghino responsabilità  proprie di Camera e Senato.

In questa vicenda specifica, il problema del rapporto tra Parlamento e Consulta si presenta complesso come non mai.

E’ evidente che i massimi giudici ritengono di aver fornito ai legislatori ampio tempo per integrare, correggere ed emendare. I parlamentari, di converso, vivono la situazione come se si ritrovassero  irritualmente “ forzati”, a seguito della perentoria indicazione di una data limite e, in qualche modo, subornati da un altro organo dello Stato.

Ma tant’é. La complessità della questione invita a lavorare attorno al punto che conta: intervenire efficacemente in modo che, mentre si risponde alla richiesta della Consulta, si impedisca  l’introduzione in modo surrettizio, e purtroppo senza regole certe, di una liberalizzata eutanasia.

Su questo punto sembrerebbe esserci la possibilità di veder formata un’ampia maggioranza. Anche se non sfugge il lavorio di posizioni minoritarie di tenore opposto e, soprattutto, di un potente insieme di interessi intenzionato a trasformare anche quello del fine vita in un nuovo e lucroso “ business”.

Di questo si è parlato, con modi ed accenti nuovi, nel corso della conferenza stampa organizzata presso la Camera dei Deputati,  coordinata da Domenico Menorello,  dalle 32 associazioni d’espressione cattolica intenzionate a dialogare, e far dialogare tra di loro, con tutte le forze politiche presenti in Parlamento.

Si tratta di una prima volta importante: quella in cui si affronta con spirito costruttivo questioni delicate, che coinvolgono la vita e la morte, la dignità dell’essere umano, soprattutto quello più indifeso ed in difficoltà, ma anche dei suoi familiari o conviventi, assieme travolti da un evento che debilita nel fisico e nello spirito, oltre che nelle risorse finanziarie.

Molti  i rappresentanti dei partiti che hanno partecipato all’incontro della Camera, così come al precedente evento pubblico della scorsa settimana ( CLICCA QUI ). Hanno ribadito il comune intento di raggiungere una soluzione possibile e ragionevole. Hanno ricordato la centralità del Parlamento e convenuto sul rischio che il giudizio sulla vita e sul suo valore possa finire per essere valutato esclusivamente nelle aule dei tribunali.

La prospettiva è quella di mettere l’uno contro altro i componenti della stessa famiglia, familiari o i conviventi contro i medici e, sostanzialmente, veder espropriata la comunità umana più immediata,  in cui ciascuno di noi coltiva le proprie relazioni fondamentali, di ogni intervento e possibilità di partecipazione e di sostegno in un passaggio tanto decisivo e definitivo.

Si tratta adesso di riuscire a far mettere nel calendario dei lavori parlamentari un testo che consenta di verificare la possibilità concreta di superare ogni divisione ideologica e riscoprire tutti assieme la necessità di dare corso all’ascolto, alla sensibilità umana, alla compassione e riuscire così a realizzare una convergenza legislativa, motivata dal comune riconoscimento della criticità della questione.

Un passaggio parlamentare intelligente potrebbe evitare ogni lacerazione e costringere chi pensa di portare nelle piazze un tema come quello dell’eutanasia,  tanto carico di complessità, a rendersi conto quanto ciò non serva  a molto,  se non ad allontanare una soluzione basata su ragionevolezza, condivisione e concretezza.

Il lavoro in corso è diretto a definire una essenziale proposta che, mentre ribadisce  il concetto della illiceità dell’eutanasia, provi a differenziare le responsabilità per i familiari o conviventi sopraffatti da una situazione estrema.

Al tempo stesso, è indispensabile delineare l’inizio di un nuovo impegno, destinato a far assumere al Servizio nazionale sanitario un ulteriore deciso coinvolgimento nella difesa della vita, per creare più strutture di sostegno, più formazione del personale medico e paramedico, più ampia utilizzazione di quelle cure palliative in grado di accompagnare verso l’ultimo passaggio dell’esistenza nel rispetto della dignità umana. Difesa  delle più ampie dignità della vita significa anche occuparsi di quella specifica che riguarda il momento della morte.

Un’ultima riflessione non può che riguardare il mondo cattolico.

Il lavoro sulla legge sul fine vita sta concretamente a dimostrare che le divisioni vecchie e nuove, le prevenzioni reciproche, le diversità di sensibilità e di accenti possono essere superate se si accetta di misurarsi attorno alle questioni concrete. Persino le differenti collocazioni politiche riescono a trovare il giusto peso ed equilibrio all’interno di una presenza che, poiché lontana da ogni spirito di integralismo o di fazione, evolve verso una costruttiva attenzione per ciò che riguarda tutti gli italiani, cattolici o meno che siano.

Giancarlo Infante

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