Ma D’Alema non è lo stesso che, a suo tempo, ci aveva spiegato che la Lega era, a suo avviso, una “costola della sinistra”?
“….le risposte alle esigenze di giustizia sociale, di lotta alle diseguaglianze e ai privilegi” che, a suo parere, come da intervista al Corriere, gli elettori avrebbero cercato votando M5S sono, per intanto, finite alle ortiche.
Gli alfieri pentastellari della giustizia, senza macchia e senza paura, non hanno detto verbo, non hanno accennato ad una smorfia di dissenso a fronte di Salvini.
Piu’ che “Cavalieri della Tavola Rotonda” hanno mostrato di essere cavalieri della “tavola imbandita”.
Finche’ c’ è vita, c’è speranza e, se quella era la loro vocazione originaria, è bene che la ritrovino e, se dovesse succedere, andrebbe loro riconosciuto.
In quanto a Conte, vale la stessa considerazione. Restano i suoi silenzi tombali, neppure mitigati dall’opera di persuasione riservatamente condotta nei confronti delle strumentalizzazioni del Capitano, come ha rivendicato in Parlamento lo scorso 20 agosto.
Ora si gioca una seconda chance e va seguito con attenzione ed anche con rispetto. Al di là di tutte le ironie con cui è stato bersagliato, certo non è stato facile per uno pescato fuori dal mondo accademico – che, per molti aspetti, in rapporto alla politica, e’ un po’ come dire “preso dalla strada”, dal momento che la competenza accademica non è di per sé garanzia di particolare attitudine politica – essere proiettato dalla sera alla mattina a Palazzo Chigi ed a Bruxelles.
Fanfani sosteneva che “bischeri si nasce, non si diventa”. Forse anche “statisti si nasce e non si diventa”.
Da Conte – in un Paese che, dacché è scomparso Aldo Moro, “statisti” non ne ha più visti – non possiamo pretendere che ci sia nato, ma che mantenga quella linea di, sia pure tardiva, franchezza, perfino ruvida, che ha, alla fin fine, riservato a Salvini, questo è sicuramente giusto aspettarselo.
Anche nei confronti sia dei suoi sodali pentastellati che del nuovo alleato. In quanto al PD, va riconosciuto che – sia pure a fianco di qualche vecchia cariatide buona per tutte le stagioni – ha messo in campo alcune nuove figure di ministri che meritano, salvo smentite in corso d’opera che ci auguriamo non intervengano, fiducia ed attenzione.
Noi dobbiamo mantenere un atteggiamento vigile, ma non pregiudiziale. Il nostro metro di giudizio non può essere altro che l’interesse del Paese; la capacità del nuovo governo di comporre gli interessi particolari nell’ interesse del Paese, il che vuol dire una strategia per il “bene comune” ricerchi una tregua di ricomposizione morale e civile.
Domenico Galbiati

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