L’ articolo che Nino Labate ha dedicato ieri, su “Il Domani d’ Italia” (CLICCA QUI), alla ricostruzione della “comunità cattolico-democratica”, merita grande attenzione.

Suscita, infatti, molte domande per nulla scontate ed impone talune considerazioni, che, peraltro, su queste pagine – che riflettono ciò che faticosamente matura nel confronto quotidiano tra gli amici di INSIEME – sono già state accennate in altre occasioni, ma val forse la pena riprendere in modo più argomentato. Anzitutto, dobbiamo chiederci perché la riflessione a più voci sull’impegno politico dei cattolici nel nostro Paese, che, dopo una lunga fase di assopimento, ha ripreso vigore, ormai da diversi anni a questa parte, continui a girare in tondo su di sé, senza giungere a nessun approdo.

La prima ipotesi è che l’argomento sia mal posto alla radice e ne consegua una discussione destinata a spandersi per mille rivoli nel terreno riarso delle drammatiche svolte epocali che dobbiamo affrontare, ancor prima di darsi la forma almeno di un ruscello, che poi via via incrementi la sua portata.
Infatti, per lo piu’ cadiamo in un labirinto “autoreferenziale” che comincia da noi stessi e con noi finisce.

Ci chiediamo come e qualmente si possano, appunto, rimettere insieme i cattolici-democratici, riassemblando pezzi della loro storia, recuperando le filiere ideali del loro pensiero. Il che è non solo legittimo, ma addirittura necessario e doveroso.

Senoche’riesce, pur tuttavia, del tutto inefficace se l’intenzione che muove tale ricerca e’ ispirata e circoscritta all’ambizione di riscattare la memoria e l’orgoglio del servizio reso al Paese. Come se fossimo, più o meno coscientemente, alla ricerca se non di una rivalsa, di una sorta di rilegittimazione postuma, quasi dovessimo placare una ferita interiore che non ha nessuna ragion d’essere, dal momento che l’esperienza storica del PPI prima e poi della Democrazia Cristiana, restano momenti esemplari e di straordinaria ricchezza politica e civile nella storia del nostro Paese.

Dobbiamo, piuttosto, porci un’altra domanda: che cosa i cattolici-democratici possano fare non per garantire il loro rilievo nel discorso pubblico, ma, nelle condizioni date, per assicurare all’Italia ed agli italiani il concorso della loro originalità, in un momento storico di transito epocale.

Siamo in grado di fissare e condividere almeno i punti nevralgici di una visione e di un “programma” che ci dia la misura della sintonia di cui siamo più o meno capaci , in rapporto alla nuova domanda sociale che, via via, sta crescendo anche nel nostro Paese?

Per muoverci nel labirinto di cui sopra senza finire nelle fauci del Minotauro, abbiamo bisogno del filo d’Arianna di una comprensione accorta, sensibile e preveggente di ciò che di nuovo e di differente va crescendo nel cuore della società civile, nelle sue mille articolazioni, sapendovi leggere, da credenti, anche un che di provvidenziale, almeno un “segno dei tempi” che ci interroghi e, se possibile, inquieti le nostre coscienze.

In altri termini, solo affrontando a viso aperto la seconda questione potremo trovare una risposta o un indirizzo che siano in grado di illuminare ed orientare la prima.

In quanto poi all’essere “moderati”, siamo sicuri che oggi abbia ancora senso parlarne? E’ ben vero – lo sostiene Heidegger, se non mi sbaglio – che la nostra conoscenza avviene nella cornice di un’ attitudine originaria che precede l’ impegno logico della ragione, ma è altrettanto vero che se ci affidiamo troppo a queste “precomprensioni” – vale per noi, ma allo stesso modo per conservatori e progressisti – rischiamo di guardare la realtà che vive attorno a noi con le lenti affumicate di un occhiale che compromette, più di quanto non avvertiamo, l’acutezza del visus. Come se, anziché, lasciarci provocare dall’ immediatezza con cui la realtà entra nella guardia dei nostri abiti mentali, volessimo, in ogni modo, accasarla dentro le nostre categorie preconfezionate, accedendo, in tal modo, almeno ai preliminari di una postura ideologica.

Non si tratta più di essere moderati, ma piuttosto “creativi”. E non vale solo per noi. La’ fuori cresce un mondo nuovo, che, sostanzialmente si fa da sé, senza che, almeno fin qui, se ne possa decifrare, se non una qualche finalizzazione, almeno un certo ordine, se non l’irruenza con cui la tecnica si nutre incessantemente di se e cresce senza posa.

Vincerà la partita – sia pure tra quelli che oggi chiamiamo moderati, conservatori o progressisti – chi saprà decifrare, se c’è, il bandolo dell’ accadere tumultuoso che quotidianamente attraversa le nostre vite, cosi’ da capirne il senso o attribuirglielo, ove non l’abbia.

Senza abbandonare la nostra tradizione, dobbiamo disincagliarci da noi stessi, andare oltre le case-matte di categorie interpretative ampiamente saccheggiate nel secondo scorso ed oggi francamente esauste. Insomma, “creativi” piuttosto che moderati e la cultura del personalismo cristiano ci offre grandi chance a tale proposito.

Un’altra considerazione – da sviluppare brevemente, per non dilungarci troppo – concerne l’essere o meno “partito”.
Lasciamo pur in sospeso la questione, però affermando che se “partito” dovesse essere, la forma occorre che sia tutt’ affatto diversa da quelle che abbiamo conosciuto fin qui: struttura a rete, non piu’ piramidale. Ma ciò che, al contrario, non può essere lasciato in sospeso – in qualunque forma si faccia – è l’urgenza ineluttabile, già oggi, di “prendere parte”.

E qui veniamo al punto più propriamente politico della questione, gia’ in vista della prossima consultazione politica generale. Siamo d’accordo che la “ricomposizione” della comunità cattolico-democratica debba, per forza di cose, passare attraverso le forche caudine di alcune linee di demarcazione insuperabili?

Per limitarci a due, ma ve ne sono altre.
Siamo tutti d’ accordo che la famiglia cattolico-democratica non può che essere
tutta concordemente avversa alla riforma dell”premierato”?

Sull’altro versante, siamo tutti altrettanti avversi a politiche e provvedimenti che non rispettino integralmente la dignità della vita e scivolino giù per la china radicaleggiante che il PD va sempre piu’ accentuando?

Ad ogni modo, il lungo scritto di Nino Labate è talmente ricco da esigere, a tempo debito, ben altri approfondimenti.
Cui cercheremo di non venir meno nello spirito di un impegno seriamente comune.

Domenico Galbiati 

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