“….è una questione aritmetica”: afferma Renzi, chiudendo la Leopolda. E, di rimando, Del Rio: “….a livello aritmetico Matteo ha senz’altro ragione….i numeri non sono opinioni”. Infatti. Sennoché l’aritmetica è una cosa, la politica tutt’altro.

L’alternativa al governo delle destre passa necessariamente da qui, dalla politica. In caso contrario, non si tratterebbe di una vera, autentica alternativa, ma di una pura e semplice rivalsa di potere che, pur adottando contenuti programmatici differenti, avviene, tuttavia, nel perimetro blindato e pregiudizialmente conflittuale dell’ attuale sistema bipolare e maggioritario, nel quale ciascuno dei due schieramenti vive, anzitutto, in quanto antitetico all’altro, intanto che i reali problemi del Paese non vengono intercettati né dagli uni né dagli altri. Tanto vale rattrappirsi nel proprio “privato”, coltivare al meglio i propri interessi e le urne, con tutto ciò che significano, vadano al diavolo.

Ben venga, in ogni caso, la “Casa Riformista”, augurandole di recare, al di là delle sofisticate schermaglie tattiche, una nuova linfa programmatica, che, in verità, si fatica ad intravede sullo sfondo. Qui sta il primo limite dell’operazione politica messa in campo da Italia Viva. Ma ce ne sono almeno altri due, su cui chi promuove la cosa dovrebbe lavorare d’impegno. Il tutto avviene, come già accennato sopra, dentro la logica di un sistema esausto, nel quale la somma, sostanzialmente, non cambia mutando l’ordine degli addendi. Il secondo concerne la logica “riformista”, a questo punto insufficiente.

“Riformare” significa, in buona sostanza, configurare secondo una differente geometria gli elementi strutturali che stanno dentro un quadro dato e definito. Si tratta di disporre diversamente l’ordine delle priorità, aggiungere contenuti programmatici ed accantonarne altri, privilegiare gruppi di interesse rispetto ad altri interlocutori della parte avversa.

Senonché al tutto preside lo stesso lessico e la stessa grammatica. Occorre, al contrario, avviare un percorso di “trasformazione” che, a sua volta, pretende che qualcuno avanzi, al di là del bisticcio che quotidianamente ci viene somministrato, una proposta politica nuova, che sia una via di fuga dall’obbligata navigazione tra l’una e l’altra sponda, in un quadro di polarizzazione irriducibile.

Il punto di caduta della partecipazione critica e personale al destino della comunità, l’involuzione democratica che incombe e ci minaccia è tale da esigere che si torni alla fonte primaria della legittimazione, cioè al libero ed autonomo giudizio del cittadino, considerato nella sua singolarità e nella rete dei corpi intermedi, culturali, professionali e sociali in cui si forma e si impegna, in una prospettiva di bene comune e di interesse generale del Paese, la sua specifica identità.

Ad ogni modo, per quanto le prossime politiche si avvicinino, sono ancora sufficiente lontane perché si rivedano le strategie sghembe che oggi ci offrono le opposizioni.

Domenico Galbiati

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