Leggere, scrivere e far di conto erano, sono, i pilastri dell’alfabetizzazione correntemente intesa, da estendere al tutta la popolazione, che in Italia abbiamo realizzato solo dopo la fine della II Guerra Mondiale, grazie all’obbligo scolastico e, per gli adulti, tramite la fruizione di un potente mezzo di comunicazione educativa ed istruzionale, quale la TV, con la famosa e degna di ricordo trasmissione “ Non è Mai Troppo Tardi”.
Oggi questa sfida è ormai vinta, anche se compaiono alcuni preoccupanti sintomi di “analfabetismo di ritorno”, in qualche modo indotti dallo sviluppo di potenti mezzi ausiliari delle capacità relative al leggere, scrivere e far di conto, quali i supporti tecnologi digitali, dal PC al Tablet allo SmartPhone che, relativamente al leggere ci disabituano dalla lettura “lunga”; relativamente allo scrivere ci disabituano all’attenzione ortografica, grammaticale, sintattica tramite i programmi che assolvono in nostra vece questa funzione, come quello con il quale sto scrivendo questa nota, salvo poi spesso, come accade anche a me, condire gli scritti con “strafalcioni digitali” poiché, delegando a questi programmi la correttezza dello scritto, non facciamo più la rilettura …;per quanto riguardo il far di conto quasi tutti noi abbiamo delegato questa capacità alla calcolatrice e perso le abilità di calcolo, specie di quello mentale.
Tutti noi comunque usiamo questi mezzi e, nell’uso immediato, eccellono i giovani, che definiamo “nativi digitali”, come se loro nascano con competenze innate in questo settore.
Credo fermamente che si debba però distinguere, per giovani e meno giovani, la capacità d’uso – spesso posta in atto con il metodo “meno intelligente” del tentativo ed errori – dall’ effettiva conoscenza, competenza d’uso, delle tecnologie digitali.
Usando un paradosso dico che in effetti oggi la grande massa della popolazione, non solo italiana ma mondiale, si trova in una situazione di “analfabetismo digitale e tecnologico” poiché usa strumenti che non sa come sono fatti, come funzionano, anche data la loro intrinseca complessità …infatti difronte a qualche problema dobbiamo ricorrere ai tecnici o, in una economia di usa e getta (voluta anche dai costruttori che delimitano i tempi di vita di questi supporti) comperarne uno nuovo, sempre più potente, multifunzionale e per questo usato e non “posseduto”.
Senza pensare che l’azione educativa di base debba produrre “tecnici”, digitali elettronici (questo è compito di specifiche azioni formative) ritengo che occorra una azione di alfabetizzazione digitale tecnologica, di base, nella formazione di tutti i giovani, a partire dalla scuola dell’obbligo.
In questo periodo di pandemia l’uso del PC e dei suoi succedanei Tablet e SmartPhone è stato massivo, con la DAD, ma quanti, docenti compresi, conoscono i principi operativi di questi supporti?
Un automobilista deve conoscere i principi di funzionamento, oltre che di guida ovviamente, dell’automobile e così pure ciascuno di noi, in primis i giovani debbono esser alfabetizzati digitalmente e tecnologicamente: CPU e CPA, Processore, sistema di base … possono esser sigle misteriose per me, utente anziano, ma non per i giovani.
Oggi viviamo in un mondo elettrico, elettronico, digitale, del quale fruiamo ma non sappiamo nulla o quasi, pensiamo sia stato sempre così e che tali “comodità” non possano venire a mancare …purtroppo non è così.
Ecco allora che bisogna effettuare una importante “rivoluzione copernicana” nei contenuti programmatici e nelle attività educative laboratoriali.
Smettiamo di presentare la storia della civiltà come una storia di guerre, di re, e imperatori, ma passiamo ad una storia dello sviluppo scientifico, tecnologico, dei mezzi di comunicazione, trasporto, illuminazione … della medicina
Ad esempio di Napoleone si facciano conoscere meno le guerre e più l’istituzione del Liceo, della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, la Riforma dello Stato
Storicizzare, ad esempio, la digitalizzazione, dalla “Pascalina” alla “Macchina di Turing”, dai primi computer al Commodore64, ai portatili Olivetti, sino a quelli di oggi … insomma occorre sapere da dove si viene per pensare a come e dove andare.
Nella Scuola si conosca l’evoluzione dei supporti didattici, da Pestalozzi a Froebel ai materiali montessoriani; dalla lavagna agli audiovisi, lavagna luminosa, proiettori dia e S8…alle teaching machine. Bisogna istituire un “ Museo della Didattica”.
Se non approdiamo velocemente alla storicizzazione dello sviluppo della civiltà, della scienza e della tecnologia, come patrimonio culturale di base per tutti il rischio che si correrà, che già si corre, è quello di pochi super specializzati, alcuni dei quali anche super ricchi, detentori del vero potere: la conoscenza!
Gli altri: solo masse, magari ben nutrite e dalla vita abbastanza comoda (finché non arriva una pandemia), meglio che non nel passato, che è mutato ma in realtà non è passato …
Roberto Leoni