La Segreteria di INSIEME è intervenuta sul problema delle carceri chiedendo la creazione di una Commissione parlamentare d’inchiesta al riguardo (CLICCA QUI) perché la situazione è diventata intollerabile ed inaccettabile per un paese che si ritiene civile.
Più di un terzo dei detenuti non hanno acqua calda in cella. Più della metà hanno la doccia disponibile solo negli spazi comuni. Il tasso di sovraffollamento sfiora il 120%, il che significa abitare in uno spazio inferiore a tre metri quadrati.
Abbiamo leggi che pensano di attuare la difesa di diritti solo, o preferibilmente, mediante pene detentive più o meno severe; taluno ritiene anche di dire cose intelligenti auspicando di sbattere in carcere il condannato, come se si trattasse di una cosa piuttosto che una persona, e di “buttar via la chiave “.
Ci sono bambini innocenti condannati insieme con le loro mamme. I detenuti cosiddetti comuni (circa il 75%) non hanno alcun servizio a supporto. Non sanno dove andare e cosa fare una volta usciti dal carcere; non possono neppure usufruire dei benefici di legge che consentano loro di uscire dal carcere per mancanza di un domicilio e di un lavoro. Ci sono, infine, circa 1784 persone che scontano la pena dell’ergastolo e 1300 l’ergastolo ostativo.
Il disagio psichiatrico , i suicidi in carcere, la recidiva, l’85% dei costi che servono per la polizia penitenziaria, meno di un euro al giorno destinati all’educazione, ed abbiamo un educatore in media per ogni 82 detenuti, sono la prova più convincente del fallimento di un’intera classe politica, variamente colorata degli ultimi 30 anni che ha colpevolmente disatteso, non solo il dettato costituzionale secondo cui le pene “…devono tendere alla rieducazione del condannato”( art.27 Cost.), ma anche quello morale.
Caino non viene abbandonato a se stesso. Il giudizio di Dio si manifesta non solo nella esigenza di fare giustizia, ma anche di offrire la salvezza facendo leva sul processo di interiorizzazione del proprio male mentre si sconta la pena capace di dare luogo a un senso di responsabilità verso se stessi e gli altri. Certo, che il colpevole deve assumere la propria responsabilità risarcendo del danno alla vittima, o i suoi familiari, ma la comunità non può ritenersi estranea a qualsiasi forma di risarcimento.
Per vero, con la cosiddetta riforma Cartabia del 2022, il legislatore aveva intrapreso la strada in questa direzione e dettato per la prima volta una disciplina organica della giustizia riparativa. Una forma, cioè, di risoluzione del conflitto “basata sull’ascolto e sul riconoscimento dell’altro con l’aiuto di un terzo imparziale chiamato ‘mediatore’ “ dove l’autore del reato deve essere accompagnato in un percorso di auto-responsabilizzazione, mentre la vittima, o i suoi familiari, devono godere di una riparazione del danno anche sul “piano emozionale”.
Ma le riforme, soprattutto di queste dimensioni e profondità, come le tante altre necessarie, camminano sulle gambe delle persone adeguatamente formate che operano in un contesto sociale e culturale accogliente che, però, non si intravvede all’orizzonte perché la funzione afflittiva della pena è considerata ancora prevalente.
La Costituzione non si attua senza finanziare le strutture materiali e le risorse umane. Soprattutto, non si attua se il detenuto non viene valorizzato come persona, con i suoi diritti e doveri, perché la pena non può cancellarne la dignità.
Di fronte all’inerzia del Governo e del Parlamento, e nonostante l’enorme numero di suicidi, contestazioni, violenze subite dai detenuti, occorre mettere in agenda, segnalato con un post-it urgente, la necessità di accertare con la massima trasparenza le responsabilità politiche e amministrative degli ultimi 20/30 anni attraverso la creazione di una Commissione parlamentare d’inchiesta, così come richiede art.82 Costituzione.
Si tratta di accertare, con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria, e, quindi, con la stessa forza e trasparenza, quali scelte o non scelte sono state fatte, come e perché si è giunti all’attuale situazione, con la determinata volontà di individuare soluzioni da proporre al Parlamento: l’unica ragionevole iniziativa da intraprendere per mettere in moto un processo riformatore del sistema carcerario per restituire alla società persone migliori.
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