Il 9 ottobre Papa Leone XIV firma Dilexi te, la sua prima Esortazione Apostolica, dedicata all’amore verso i poveri. Tre giorni dopo, migliaia di donne e uomini camminano da Perugia ad Assisi per la pace e la fraternità.
Due eventi diversi, ma che parlano la stessa lingua: quella di una conversione sociale del cristianesimo, in cui la fede diventa cammino, e la pace non è più una parola ma un gesto. Nel tempo della guerra diffusa, dell’indifferenza e delle disuguaglianze crescenti, Dilexi te e la Marcia della pace ci ricordano che non si ama né si costruisce la pace da fermi.
“Dilexi te”: amare fino a scendere
Il Papa agostiniano parte da un verbo essenziale — amare — e lo declina come discernimento: Dio non resta in alto, ma scende verso il povero, verso chi è lasciato ai margini. “L’amore cristiano non è un’emozione, è un movimento. Ci spinge in basso, verso chi non conta, perché lì Cristo ci attende.” In questa prospettiva, la povertà non è un oggetto di compassione, ma un luogo teologico e politico, dove si decide la verità della Chiesa e della società. L’amore dei poveri, come scrive Leone XIV, non è un’aggiunta alla fede: è la sua misura.
Perugia–Assisi: il cammino come profezia
La Marcia della Pace nasce nel 1961 da un’intuizione di Aldo Capitini, che aveva capito come camminare insieme è già fare politica. Ogni passo è un atto di nonviolenza, un modo per “disarmare la storia” mettendo in movimento i corpi prima delle ideologie. Oggi, in un tempo segnato da conflitti e paura, la Marcia torna a dire che la fraternità è un esercizio pubblico, non un sentimento privato. È lo stesso invito che arriva da Dilexi te: la pace nasce dal basso, dall’incontro tra chi soffre e chi decide di non voltarsi.
Povertà e pace sono la stessa ferita
La povertà e la guerra condividono la stessa radice: la disuguaglianza. Leone XIV denuncia “le economie che generano scarti e gli scarti che generano conflitti”. E lo ricordano i giovani, le associazioni, le scuole e i movimenti che oggi percorrono i chilometri tra Perugia e Assisi: non c’è pace senza giustizia sociale.
La Marcia e l’Esortazione convergono nella stessa diagnosi: la pace non si firma, si costruisce; la carità non si predica, si pratica.
L’ora dei poveri
C’è una consonanza profonda con il nostro tempo: mentre il mondo si polarizza e le disuguaglianze crescono, Dilexi te restituisce centralità ai poveri come soggetti di trasformazione, non destinatari di assistenza. È un messaggio che parla anche alla politica: la povertà non è un tema settoriale, ma la misura della civiltà di un Paese. Negli anni in cui ho avuto la responsabilità delle ACLI, ho imparato che la lotta alla povertà non è solo un’urgenza sociale, ma un modo di guardare il mondo. Fu in quella stagione che nacque l’Alleanza contro la povertà: un laboratorio di convergenze civili e istituzionali, capace di tradurre il Vangelo della giustizia in politiche concrete. Oggi quell’intuizione torna attuale: non c’è pace senza un progetto politico per i poveri, non c’è fraternità senza la volontà di redistribuire potere, opportunità e speranza. Camminare per la pace significa anche riconoscere che la vera sicurezza nasce dall’inclusione, non dalla paura.
Un cammino che continua
Ad Assisi, la voce di Francesco e quella di Leone XIV si incontrano simbolicamente: l’uno ha scelto la povertà per parlare a tutti, l’altro sceglie i poveri per ricordare alla Chiesa chi deve ascoltare per prima. Tra Perugia e Assisi non si percorre solo una strada, ma un tratto di Vangelo civile, un frammento di quella fraternità che può ancora salvare la democrazia. Camminare per la pace, oggi, significa scegliere di stare dalla parte dei poveri, delle vittime, degli ultimi, senza paura di perdere potere o consenso.
“La pace è un cammino con i poveri. Chi li dimentica, smarrisce la direzione.”
La Marcia e Dilexi te ci chiedono la stessa cosa: non restare fermi, non separare la fede dalla storia, l’amore dalla giustizia, la parola dal passo. Solo camminando insieme — credenti e non credenti, cittadini e popoli — potremo forse dire di aver imparato davvero cosa significa Dilexi te.
Gianni Bottalico