I soci della Cattolica hanno deciso di difendere l’esistenza di uno dei più importanti gruppi assicurativi italiani, emanazione del mondo cattolico, e così si sono espressi con una netta maggioranza a favore dell’aumento di capitale richiesto da chi provava a cancellare un’esperienza ultra centenaria, nata sulla base di una visione solidale, punto centrale della Dottrina sociale della Chiesa. Adesso devono essere raccolti i soldi necessari a fare fronte ad un aumento di capitale che qualcuno ha voluto imporre nel pieno della crisi scatenata dal Coronavirus.
Dopo aver preso atto di trovarsi di fronte ad un vero e proprio stato di necessità, i soci di Cattolica hanno lanciato un messaggio forte, dunque, in difesa di un patrimonio che non è solo loro. Abbiamo già ricordato cosa significhi un’importante attività economica che da sempre mette al centro gli esseri umani perché  il profitto non costituisce il suo unico obiettivo( CLICCA QUI ) o, almeno, si pensa debba essere conciliato con altre esigenze e necessità. Abbiamo già sottolineato come questa vicenda confermi l’urgenza che il mondo cattolico esca dall’astrattezza e dall’irrilevanza per difendere ciò che implica la scelta per la solidarietà e il voler mettere effettivamente la Persona al centro di ogni valutazione anche d’ordine economico e finanziario( CLICCA QUI ). Non ci si può più limitare a dichiarazioni di principio.
La vera politica è questa per chi è ispirato cristianamente. Non la discettazione su principi generali o il farsi attrarre solamente da una logica di collocazione e di schieramento alla vigilia di qualche appuntamento elettorale. C’è la necessità di aiutare i soci di Cattolica a fare fronte alle esigenze pratiche richieste da un aumento di capitale.
I fondamentali di Cattolica sono sani. Sono state fatte scelte che avrebbero potuto essere fatte altrimenti? Tra i soci e nella struttura del gruppo non mancano la buona volontà e le capacità tecniche per rimediarvi. Il gruppo Cattolica ha tutti i presupposti perché continui ad esistere e ad assicurare un modo diverso di operare nel settore assicurativo secondo lo spirito solidaristico che ha trovato, per più di cento anni, nel modello cooperativistico una formula capace di sostenerne lo sviluppo.
L’impegno concreto a favore di Cattolica deve segnare l’inversione di quella tendenza che ha visto finire anche le parti migliori del nostro mondo nell’irrilevanza e in fumo tante importanti esperienze bancarie ed economiche.
Nel mondo cattolico, ma non solo in esso, non mancano le risorse da investire, perché d’investimento si tratta, per far fronte all’aumento di capitale ed è possibile pensare, persino, al rafforzamento del ruolo dei soci i quali, per primi, hanno deciso di far fronte alle attuali stringenti necessità con i loro risparmi e le loro pensioni perché intenzionati a difendere un patrimonio che non è solo veronese e veneto. Vogliamo lasciarli soli e poi continuare a versare lacrime sulla nostra inconsistenza?

Chi è impegnato in qualità di socio, chi s’impegna a porre in pratica l’insegnamento cristiano, chi crede nell’efficacia dei frutti del pensiero cristiano, colgano presto l’importanza di raccordarsi affinché il nuovo capitale sociale di Cattolica continui ad essere partecipato e sostenuto da quanti pongono al centro e fine della finanza la persona umana, l’ambiente, il territorio ed essere previdenti in vista delle avversità del futuro. Gli investitori non cattolici perseguono, nel rispetto della legge, i loro obiettivi. Non devono essere considerati antagonisti.  Nello specifico di questi giorni un gruppo italiano prestigioso come le Generali si è impegnato a versare 300 milioni per l’aumento di capitale di Cattolica evitandone il commissariamento o la svendita.

Chi crede nei valori che stanno alla base di Cattolica dovrebbe non limitarsi alla contemplazione degli avvenimenti e partecipare, possibilmente, al tavolo delle trattative per salvaguardare il vero, grande patrimonio del gruppo assicurativo veronese la cui forza principalmente nella qualità di chi vi ci lavora, nel radicamento nel territorio,  nel tessuto culturale e in quei valori profondi che per primi i cattolici dovrebbe continuare a coltivare e a difendere in sinergia con i possibili investitori.

La questione non è solo finanziaria ed economica perché nel concreto ripropone il problema di come i cattolici, e ciò che è di loro espressione, sanno porsi in relazione con tutti gli altri e sono capaci di collaborare anche con il mondo laico, come a lungo accaduto in passato. Il riferimento immediato va a quel costruttivo rapporto che Alcide De Gasperi realizzò con Raffaele Mattioli e, tramite lui, con il capitale internazionale.

Nulla di nuovo, quindi, purché il cattolicesimo impegnato non stia solo a guardare e a criticare, ma sappia agire saggiamente e lo faccia subito.

Giancarlo Infante

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