Lo scorso anno 2024  la Settimana sociale dei cattolici di Trieste, tenutasi in luglio, ha portato qualche seme di novità nei rapporti tra cattolici e politica. In quel contesto si è tenuto nella sede laica del consiglio regionale un incontro tra un centinaio di amministratori locali, che  non era nel programma ufficiale ma è stato conseguente ad iniziative di dibattito che nei mesi precedenti si erano sviluppate fra alcuni movimenti ecclesiali, tra cui il Movimento Politico per l’Unità espressione del Movimento dei Focolari, e  politici impegnati nelle Istituzioni locali.

Da questo primo incontro la rete si è allargata a centinaia di amministratori di diversi schieramenti interessati a farne parte, sono seguiti incontri in novembre e dicembre a Napoli, Roma e Milano, e c’è in previsione un importante convegno a metà febbraio. Si comincia a parlare di “Rete di Trieste” che, al momento, ci tiene a mantenere una pluralità di presenze e a non identificarsi come corrente di nessun partito. Se son rose fioriranno, ma a che punto sono i rapporti tra cattolici e politica in Italia?

Diciamoci la verità, sono molti anni che la presenza dei cattolici in politica è numerosa ma, in termini programmatici e di proposta, piuttosto silenziosa ad essere gentili. Intendo che molti dei principali leader, ma anche tanti amministratori regionali e locali, vengono da una esperienza cattolica in parrocchia o in movimenti ecclesiali, e si dichiarano cattolici, qualcuno addirittura sventola il rosario, ma questa provenienza, simpatia o vicinanza non caratterizza la loro azione politica. Non la caratterizza in termini visibili e in qualche modo organizzati, non si parla qua di testimonianza personale che è un’altra cosa.

Per contro, proprio queste persone che vengono da un’esperienza non superficiale di cattolicesimo, spesso lamentano una distanza ed una indifferenza al loro impegno proprio negli ambienti cattolici di provenienza, che per paura di strumentalizzazioni finiscono quasi per “schivare” i loro amici impegnati in politica, lasciandoli soli. Anche in molte comunità e fraternità religiose l’argomento politica viene evitato per non litigare, o è fonte di divisioni e atteggiamenti poco fraterni.

I tentativi di rifondare una presenza organizzata in un partito sin qui non hanno avuto consensi elettorali significativi; si segnala il partito “Insieme” a cui diversi esponenti di spessore culturale e religioso importante hanno contribuito, assieme a qualche esponente del clero come il compianto vescovo Simoni di Prato. Per ora, non sfonda.

Dobbiamo quindi rassegnarci, noi cattolici o laici affascinati dal Vangelo, alla insignificanza? A correre dietro a qualche leader che ammicca ai poveri da un lato, ai valori etici dall’altro per “rassicurare” l’elettorato cattolico ed ottenerne un consenso quasi passivo, una scelta del male minore?

O dobbiamo rimanere alla finestra e “fare i maestrini” o dare le pagelle alla politica sottoponendo appelli, documenti e messaggi vari, a cui spesso si dà ascolto per pura cortesia, senza però sporcarci le mani e candidarci a un consiglio comunale?

La storia lo dirà, io penso che la vera novità che possiamo portare alla politica sta nel dialogo e nella fraternità tra persone di appartenenze politiche diverse. Direi nel coraggio del dialogo e della ricerca della fraternità senza voler convertire il fratello alla nostra posizione politica.

Prima l’unità fra diversi, resistendo agli inevitabili tentativi politici di mettere il cappello sulla iniziativa, poi le proposte. Questo spero potrà essere il cammino nuovo che è partito da Trieste.

Matteo Gianni

Pubblicato su www.cittanuova.it

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