E’ tutt’altro che irrilevante la disponibilità dichiarata, da autorevoli esponenti di Forza Italia – immediatamente rimbeccati dalla Lega – ad affrontare seriamente il tema dello “ius scholae”.
Un “primo passo” importante – come è stato rilevato anche da ambienti del PD – secondo noi, per due motivi. Anzitutto, ovviamente, per la questione che, in sé, solleva, ma anche perché, pur nella stessa maggioranza di governo, sembra che FI rivendichi uno spiraglio di riflessione riconducibile alla matrice liberal-democratica della sua asserita vocazione originaria. Come poi questo si concili, anche e in particolare, pure sul tema dei migranti, con una cultura della “nazione” gretta e di vecchio stampo, come quella vantata da Fratelli d’Italia, oppure con la linea sempre pregiudiziale ed ostile, a tratti truce, della Lega nei confronti del fenomeno migratorio, resta da capire.
Ad ogni modo, è importante che il tema sia stato posto e lo si mantenga vivo in un discorso pubblico che, nel merito, per la verità, neppure la sinistra ha caldeggiato con la dovuta, necessaria costanza.
Su queste pagine si sostiene da sempre che le migrazioni non sono che l’incipit di un più vasto fenomeno che spinge il nostro tempo verso la formazione ineluttabile di società multietniche, anche nel nostro Paese e, più in generale, nello spazio europeo. Il quale, peraltro, non a caso, storicamente è stato già, di per sé, forgiato da uno straordinario mix di popolazioni. La “politica” – il complesso dei partiti e movimenti o meglio tutti gli attori attivi, a qualunque titolo, nel discorso pubblico – deve comprendere che siamo di fronte ad una di quelle linee tendenziali di sviluppo che pretendono uno sguardo a lungo termine. Insomma, una matassa di questioni, le quali, siccome alla politica competono, ben più del chiacchiericcio quotidiano, vanno intese fin dal loro primo sorgere e prese in carico, riconoscendovi, laicamente, un valore di “profezia”, cioè preannuncio di una prospettiva necessaria, per quanto ancora avvolta in una nube da dissipare un po’ per volta.
Si tratta, in ogni caso, di un processo che non si misura in quanto a “barconi” da fronteggiare e disperati da respingere, bensi’ destinato, con ogni probabilità, a tenere la scena, in forme ora più eclatanti, ora più “soft”, per decenni, se non per l’ intero XXI secolo.
Bisogna che se ne facciano una ragione anche coloro che ancora non l’ hanno compreso e non si rassegnano.
Domenico Galbiati