L’ Assemblea plenaria di INSIEME, convocata in presenza ed on-line, ha mostrato, in un Congresso vivace, ricco di riflessioni e contributi di un rilievo politico oggi inusuale, di aver perfettamente compreso e di condividere uno dei tratti  distintivi  del “partito nuovo” di ispirazione cristiana.

Ha respinto infatti, a larga maggioranza, un emendamento che intendeva impegnare il partito ad una revisione dello Statuto che cancellasse, alla guida di INSIEME, l’organo plurale di “coordinamento nazionale”, per tornare al classico schema del solitario leader di turno.

L’ indirizzo che abbiamo assunto e confermato ha un valore sia simbolico che operativo e concreto. Con quella che potremmo chiamare – se volessimo rispettare la vecchia nomenclatura – “segreteria consolare”, intendiamo segnalare il netto rifiuto di quella concezione “leaderistica” e fortemente personalizzata del partito, senza la quale sorge perfino il dubbio che più di una forza tra quelle  che oggi calcano la scena, addirittura potrebbe esistere.

La personalizzazione forzata delle leadership è, di per sé, un fattore di alterazione – spesso, addirittura, di inquinamento – che compromette seriamente la  possibilità di partecipazione effettiva e non di mera facciata, del cittadino alla vita democratica del Paese.

Introduce, infatti, elementi di adesione – oppure di ripulsa, ma pur sempre simili in quanto alla modalità- fortemente connotati sul piano delle soggettività e dei profili emozionali in gioco, tali da comprimere quei versanti di criticità consapevole e di autonomia di giudizio, capaci di evocare il momento  di responsabilità personale, che rappresenta la sostanza della partecipazione democratica.

Se dalla lucidità del “pensare politicamente” in proprio, si passa al “tifo”, che con la politica non c’entra nulla, o giù di lì, si creano i presupposti della reciproca intolleranza tra le parti di un sistema politico. Ed il guaio peggiore è che ciò, da un certo punto in poi, si impone, perfino al di là della volontà dei singoli attori, per una ragione strutturale, cioè secondo uno stato di necessità a  cui non si sfugge.

Si tratta del processo in atto nel nostro sistema politico, anche se la parentesi Draghi maschera un attimo il tutto. Si scivola, cioè, pericolosamente in una situazione tale per cui gli elementi “ad contra” diventano decisivi per l’identità di un soggetto politico. Il quale, in questo modo, rischia di definirsi, appunto, incorporando nella consapevolezza di sé non solo i motivi originari della propria ragion d’essere, ma quegli aspetti di avversione pregiudiziale nei confronti non più del l’interlocutore, bensì del “nemico” che portano ad una sostanziale delegittimazione reciproca.

Da qui, a maggior ragione, il valore della propria autonomia – di elaborazione, anzitutto, e non solo di schieramento – che INSIEME intende affermare. Il coraggio di cambiar gioco, rompere schemi ossificati, proporre il valore della collegialità, sperimentarla e costruirla  sul campo, non a tavolino, ma nel cuore vivo dell’azione politica, è già un concorso o almeno un invito ad operare, in un campo delicato e controverso, una “trasformazione”.

Resta da dire come si debba correttamente intendere la “collegialità” che, almeno in ambito politico, non è data in natura, non è un’ attitudine o un abito mentale già confezionato, bensì un traguardo, un bene da costruire secondo percorsi e modalità che siano in grado di rispondere alla più scontata delle obiezioni. La quale, ne dobbiamo essere del tutto consapevoli, concerne i tempi di reazione che un partito deve saper mantenere in un contesto accelerato, nel quale è spesso richiesta la capacità di prendere posizione su argomenti delicati in tempo reale.

Ma su questo si rende necessaria una riflessione apposita, che, in ogni caso, prenda le mosse dall’ “eresia” del rifiuto o meglio, così ci auguriamo, del superamento di un “leaderismo”, che, peraltro, non di rado finisce in farsa.

Gli amici di INSIEME l’hanno capito e ciò mostra la maturità  che ci può ancora essere in una forza politica, sia pure ai suoi primi passi.

Domenico Galbiati

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