Pubblichiamo una sintesi della recensione critica, realizzata da Giuseppe Davicino, dell’ultimo Rapporto sull’Italia dell’Istituto d’Europa (IE) dell’Accademia Russa delle Scienze. Il direttore dell’IE, Alexey Gromyko, è stato estromesso dal Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa per aver criticato l’opzione militare di Putin sull’Ucraina.
Lo scorso 13 maggio il “Corriere della Sera” ha pubblicato un’intervista al direttore dell’Istituto d’Europa (IE) dell’Accademia Russa delle Scienze (RAS), Aleksei Gromyko, nipote del noto ministro degli esteri dell’Unione Sovietica. L’analista internazionale russo, che nel 2022 non fu confermato nel comitato scientifico del Consiglio di Sicurezza russo per aver criticato le decisioni del Cremlino sull’Ucraina, auspicava un reciproco ritorno al dialogo fra i maggiori stati dell’UE e la Russia. L’Istituto di ricerca diretto da Gromyko redige analisi e rapporti sui Paesi comunitari, fra cui l’Italia. Studi che concorrono a formare l’opinione della diplomazia e della classe dirigente russa sugli Stati europei.
Avendo curato la presentazione per l’Italia dell’ultimo Rapporto intitolato L’Italia in un mondo turbolento: politica, economia e società, dell’Istituto d’Europa (IE) dell’Accademia Russa delle Scienze (RAS), credo possa essere utile indicarne i punti salienti, in una fase in cui sembra aumentare la consapevolezza fra le parti che non esiste alternativa al dialogo e alla riconciliazione per sanare la piaga delle nuova guerra civile europea che ha colpito l’Ucraina.
Questo documento compie un’analisi rigorosa e approfondita del nostro Paese, sul piano politico, istituzionale, socio-economico, storico e geopolitico che a tratti appare addirittura sorprendente e che smonta consolidati luoghi comuni. Come quelli che vorrebbero la Russia coccolare i movimenti populisti dell’Europa Occidentale. Il Rapporto dell’Accademia Russa delle Scienze non fa sconti neanche a Giorgia Meloni, ricostruendo nel dettaglio l’evoluzione in direzione del trasformismo, compiuta da FdI, Lega, M5S. A proposito di questi due ultimi partiti, il Rapporto rileva che “sono passati dall’opposizione al governo, diventando vittime della spirale di protesta che loro stessi avevano contribuito a creare”. Ciò rischia di renderli “populisti senza popolo”. In generale, sempre secondo il Rapporto russo, “il panorama politico [italiano, ndr] non sembra avviato verso la stabilizzazione. Al contrario, le tendenze chiave sono: crescente volatilità elettorale, trasformismo ideologico e de-istituzionalizzazione”.
Gli studiosi russi mettono, quindi, in risalto il fatto che “intorno alla figura di Sergio Mattarella si è consolidato un solido consenso nella società”, che rende “la Presidenza della Repubblica l’istituzione che gode della maggiore fiducia dei cittadini”.
Appaiono molto interessanti anche le pagine dedicate alla fondazione della nostra Repubblica, basata su un compromesso fra cattolici e comunisti che rifletteva e traeva forza dagli accordi di Yalta, scrupolosamente rispettati, ricordano gli studiosi russi, dall’Unione Sovietica di Stalin e di Molotov.
Nel complesso traspare un riconoscimento dell’importanza dell’Italia nel mondo, definita “una media potenza con interessi globali”, anche in virtù del sostegno attivo che il nostro Paese ha sempre dato al multilateralismo (con De Gasperi, Fanfani, Moro, Mattei).
Sebbene il termine “multilateralismo” sia apparso in politologia solo negli anni ’90 dello scorso secolo, l’Istituto di ricerca moscovita svela una cosa poco nota anche agli “addetti ai lavori” della politica italiana. Fu Giulio Andreotti a introdurre per primo il concetto di multilateralismo nel dibattito politico internazionale, nel 1988 durante un intervento all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Il testo integrale dello studio è pubblicato su www.agendadomani.it a QUESTO LINK.
Giuseppe Davicino
Pubblicato su www.associazionepopolari.it