Ci auguriamo – o meglio chiediamo con forza, anche da questo giornale – che il governo confermi senza titubanza, una linea di netta chiusura nei confronti di ogni eventuale proposta, da qualunque dove provenga, di liberalizzazione della cannabis.
Un conto è l’uso terapeutico, già normato dalla legge, di preparazioni farmacologiche del principio attivo, opportunamente trattato, da somministrare in ben definiti quadri clinici, secondo la prescrizione ed il monitoraggio del medico, altro è il consumo ludico dello “spinello”.
Che non è cosa da nulla, come si vorrebbe far credere, dato che anche la cannabis induce dipendenza e, soprattutto, può favorire, nei più giovani, la comparsa di seri disturbi psichici.
La delega che il Presidente del Consiglio ha attribuito alla Ministro Dadone in ordine alla lotta alle tossicodipendenze ha avuto, perlomeno, il merito di riportare all’attenzione della pubblica opinione e del mondo politico il tema delle droghe, degli stupefacenti, quelli cosiddetti leggeri e quelli pesanti.
Argomento che in altre stagioni era costantemente all’attenzione sia delle istituzioni, anche regionali e locali, che dei mass-media e successivamente e’ stato – se così si può dire – “normalizzato”, cioe’, assorbito nelle maglie di una comunicazione che guarda altrove e, secondo l’aurea legge dell’ “audience”, lo ha sostanzialmente abbandonato.
E’ uno dei casi in cui, con maggiore evidenza, si osserva come la comunicazione finisca se non per asservire la politica, per dettarle, in un certo senso, l’agenda. Se le morti per over-dose non fanno più notizia, se altri sono i fenomeni che accendono l’interesse della pubblica opinione, se altre sono le vicende che fanno “mercato” ed anche i mass-media stanno nel mercato, del dramma dei ragazzi che si danno questa pena infinita del sacrificio della loro libertà, ci si può scordare, salvo il caso clamoroso che colpisce l’immaginario collettivo.
A maggior ragione, se la droga non è più o non è più solo la piaga sociale che denuncia lo smarrimento ed il disagio di tanti giovani, bensì dilaga anche in ambienti sociali “rispettabili” che ne fanno un largo consumo di carattere “ludico”.
Lasciando intendere, del resto, che non è forse vero come la vita stessa non sia altro che un gioco, in definitiva a somma zero? Ha suscitato l’allarme e la protesta della destra il fatto che la titolare della delega di cui sopra sia un Ministro che, sul piano personale, ha espresso opinioni anti-proibizioniste.
Effettivamente la cosa può apparire curiosa e prestare il fianco alla polemica, ma non al punto di essere strumentalizzata al fine di avviare anche un tema così delicato nel tritacarne della “ideologizzazione”, per trasformarlo in una bandierina elettorale. Chiunque assuma come linea di indirizzo della propria azione politica, anzitutto, il riferimento alla dignità della persona non può che contemplare nel proprio programma di lavoro una lotta senza quartiere ad ogni forma di dipendenza.
Gli stupefacenti, l’alcool, altri comportamenti compulsivi che vanno sotto il nome di “ludopatia”, anche a prescindere dai gravi danni che recano alla salute, sono devastanti nella misura in cui minano, corrompono e infine cancellano la libertà della persona, ne avviliscono ogni capacità critica, la catturano in un mondo sospeso nel nulla, da cui troppi ragazzi, per quanto sopravvivano, rischiano di non tornare mai più.
Ci si potrebbe chiedere se ha senso allargare il discorso alla “droga”, in ordine ad un dibattito, che, almeno fin qui, ha chiamato in causa solo la cannabis ? In effetti sì, dato che troppo spesso la cannabis, già di per sé pericolosa, si è rivelata la strada maestra che ha condotto al consumo di droghe pesanti.
Quando ci si pone su un piano inclinato e si muovono passi incauti, il rischio di scivolare giù per una china sdrucciolevole e rovinosa è troppo grande.