“Il nuovo coronavirus in Cina crea incertezza per le prospettive di crescita dell’economia globale, anche se parte dei rischi collegati alle tensioni commerciali sono diminuiti”: è quanto dichiarato dal presidente della FED, Jerome Powell, a margine dell’ultima riunione della Federal Reserve, durante la quale non si poteva non toccare un tasto così dolente e dal peso così rilevante per i mercati finanziari.

Le principali, e più immediate, ripercussioni dell’epidemia si registrano nei comparti Moda e Turismo, anche per l’Italia. In parallelo alle attività di import/export fa temere l’impatto sui consumi.

La Cina occupa il quarto posto in classifica per quanto concerne le presenze straniere in Italia e contribuisce per un sostanzioso 36% del mercato tax free shopping.

Parliamo di un interscambi per un valore complessivo di circa 13 miliardi di esportazioni italiane in Cina e 30 miliardi di importazioni potenzialmente a rischio. Senza contare gli accordi commerciali, le operazioni di M&A e le joint venture Italia-Cina al momento bloccate. Le imprese italiane hanno di fatto sospeso anche tutte le missioni in Cina.

Quali, dunque, le ripercussioni di breve e lungo periodo per le circa 2000 aziende italiane che operano in Cina e su quelle che vi esportano?

Nell’immediato è presto detto: lo stop della produzione interna porterà non pochi problemi, anche in vista dei dazi statunitensi. Nel medio-lungo periodo (6 mesi, un anno) si può invece pensare ad un effetto boomerang della stasi attuale, con nuove opportunità sia lato consumi sia lato investimenti.

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