Ricorrente nei nostri dibattiti – ricordo in materia una recentissima riflessione congressuale di Stefano Zamagni – è il desiderio di tutti noi di precisare il concetto di “centro” riferito a uno dei caratteri qualificanti la linea politica del nostro partito. Personalmente amo ricorrere in materia al pensiero di taluni dei nostri Maggiori. È nota, per esempio la visione sempre dinamica della società che fin dalle origini caratterizzò il pensiero di don Sturzo, al quale non fece velo sotto questo riguardo apprezzare, rifuggendo da ogni lettura ideologica totalizzante, l’apporto recato in materia sia dal pensiero liberista, sia da quello marxista. Nella sua concezione dinamica della società egli sottolineava, com’è noto, la costante tendenza alla polarizzazione delle comunità umane verso due posizioni estreme. E poneva quindi come obiettivo di una sana e fruttifera politica quello di tendere a occupare una posizione di centro.

Ma cosa intendeva don Luigino per “centro”? Occorre in primo luogo riflettere che nella sua visione le stesse tendenze bipolarizzanti della società erano anch’esse entrambe portatrici di taluni contributi positivi al fine della determinazione delle scelte utili per la società e che, quindi, l’obiettivo da raggiungere era sempre quello di giungere a una composizione unitaria per la soluzione dei sempre complessi nodi della vita comunitaria. Una composizione al tempo stesso tecnico-scientifica e politica, che aiutasse il governo della società a raggiungere possibilmente l’obiettivo tendenzialmente migliore sia sul piano scientifico, sia su quello politico, cercando in tal modo di attenuare le tensioni sociali polarizzanti e di consentire al governo di conseguire concreti obiettivi programmatici progressivi di carattere socio-economico.

Questa era dunque la politica di “centro” secondo don Sturzo: una concezione dunque coincidente con quella che qualche anno prima già teorizzava nelle sue lezioni accademiche il grande filosofo e teologo Romano Guardini. Anche questi considerava la società caratterizzata da tensioni bipolarizzanti, da comporre con azione politica di carattere moderato al fine di soddisfare nei due poli le finalità utili all’insieme della convivenza sociale. Recentemente poi ricordava a tutti noi il pensiero di tale grande teologo italo-tedesco anche il nostro Papa Francesco, che da giovane studente si era appassionato a quel pensiero, invitandoci a rinnovarne la riflessione teologica e morale.

Dobbiamo sempre riflettere sulle radici culturali del nostro partito “Insieme”, radici che sono solide e affondano nel terreno dissodato da più di due secoli con continuità e innovazioni costanti. Il nostro partito è nuovo ed originale, risponde cioè alle tante domande della società d’oggi, ma può farlo perché ha solide radici nel passato e ci consente quindi di proiettarci prudentemente ma con coraggio nell’immediato futuro, senza alcuna astratta utopia, e con un granello di sano spirito profetico.

Giuseppe Ignesti

About Author