Qualche settimana fa, leggendo LinkedIn, il social che tratta tematiche ed esperienze lavorative, il Prof. Leonardo Becchetti condivideva positivamente il post sulla realtà bresciana sita in Comune di Castegnato, dove risiedo, dove sul sedime di una discarica è stato realizzato un impianto fotovoltaico. Dieci ettari, una capacità di 8MW, una produzione annuale stimata di 9,1 GWh evitando l’immissione di 4.500 tonnellate di CO2.
Questa operazione, condotta da un’azienda bresciana, ha consentito di trasformare un terreno non più utilizzato (e sicuramente non più utilizzabile per altro), in un area interamente sostenibile in grado di produrre energia elettrica da fonte rinnovabile.
Il progetto include al suo interno anche una componente di rigenerazione ambientale, che ha portato alla piantagione di nuovi filari di alberi destinati al miglioramento della mitigazione ambientale del comune dove sorge l’impianto. Tale area, negli ultimi anni, ha visto ritornare alcune specie faunistiche.
Il territorio bresciano è molto energivoro, ed è la prima provincia italiana per potenza italiana installata di fotovoltaico (CLICCA QUI).
Sempre, nel bresciano in territorio del Comune di Calcinato, una ex cava sta per essere riconvertita in bacino per contrastare la siccità e il rischio delle piene alluvionali (CLICCA QUI).
Ottime iniziative, leggo di alcune difficoltà procedurali, ma l’obiettivo finale è ammirevole.
Sempre nel territorio comunale di Castegnato (Bs) sede della conversione da discarica a impianto fotovoltaico sopra descritto, vi è a poca distanza, una cava ormai a fine estrazione, di cui l’amministrazione comunale ha in progetto di autorizzare l’immissione di rifiuti inerti e, successivamente al completo riempimento, realizzarvi sopra una zona produttiva e commerciale (CLICCA QUI).
L’area nel passato è stata oggetto di controversie, proteste e interesse per impiantare una nuova discarica.
Il territorio bresciano, come tanti altri territori comunali italiani, hanno aree dismesse o ancora attive di estrazione e di discariche attive o terminate. Poco importa il contenuto di rifiuto, perché trattato o meno, pericoloso o non pericoloso, sempre di rifiuto si tratta e su questo argomento scienza e tecnologia devono presto dire la propria sul riuso del rifiuto e sull’abbattimento della produzione dello stesso.
L’area in questione è in un territorio ancora abbastanza insediato da terreni agricoli e l’applicazione dell’esempio attuato nel comune ove sorgerà il bacino idrico con doppia finalità preventiva, potrebbe essere un’opportunità di valore. Sicuramente la scienza ingegneristica dispone di conoscenze che possono permettere la realizzazione di realtà produttive su ex discariche, però le priorità e le finalità oggi sono ben diverse, altrimenti si entra nella contraddizione di finalità politica tra l’argomento ambiente e rischio, tra salute e patologia, tra lavoro e riconversione.
Nel tempo in cui siamo, dove si sta discutendo sull’opportunità di dedicare circa lo 0,13% dei terreni agricoli per il fotovoltaico, in un paese che detiene il primato nell’UE, di produttore di energia da gas, varrebbe la pena convertire tutti i siti ex di ex discariche ed ex cave a impianti di fonti rinnovabili, di diminuzione del rischio siccità e di conseguenza dei rischi idro-meteorologici quali idraulico, idrogeologico e temporali.
Per le necessità produttive e commerciali sicuramente esistono altre possibilità di edificazione (come per le strutture abitative e dei servizi pubblici), o meglio di ristrutturazione e riedificazione sul medesimo sedime senza impegnare ulteriore suolo agricolo, con il vantaggio di mettere in sicurezza le aree urbanizzate e dismesse.
L’implementazione del fotovoltaico e di altre fonti rinnovabili deve convincere anche la parte legislativa ad aprire verso una revisione di alcuni vincoli, penso ad esempio le Soprintendenze ai beni storico-artistici-culturali, alle regioni, provincie e comuni, per identificare e permettere soluzioni compatibili a un possibile impianto rinnovabile anche in questi luoghi.
Dalla parte delle reti nazionali di distribuzione di energia elettrica e di altre fonti fossili, è importante che, dato l’aumentare di fonti rinnovabili, la rete si conformi a una buona capacità di “dosare” l’immissione di energia a seconda della necessità, al fine di ridurre l’impiego di fonti fossili.
Tutto dipenderà se si vuol proteggere l’agricoltura, l’ambiente o qualcosa d’altro.
Marco Torriani