Cosa dice a un elettore medio italiano la guerra commerciale dichiarata da Donald Trump al mondo intero? Innanzitutto tre cose: ascoltare attentamente cosa dice il candidato prima del voto, soppesare le conseguenze della sua eventuale elezione e, infine, valutare la compagnia di cui si circonda.

Ovviamente, col senno di poi, sembra che nessuna delle tre azioni positive succitate siano state messe in campo dall’elettore americano. Ma neppure dall’opinione pubblica internazionale più avvertita, che non solo si è illusa sulla tenuta elettorale del fronte democratico americano, ma soprattutto non ha voluto vedere la sfida che Trump stava per lanciare al vecchio mondo. Dunque, sembra che sia andato davvero tutto storto. Il che vale anche per noi tutti, spettatori e lettori disattenti,di ieri come di oggi.

Ma procediamo con ordine. Trump è stato ascoltato attentamente? Certamente la sua gente e il suo elettorato hanno creduto al suo vasto programma: Make America Great Again  (rendere l’America di nuovo grande). Ma tutti hanno capito bene quali fossero i mezzi che avrebbe utilizzato? Forse anche gli americani sono stati distratti quando ha parlato di dazi. Ma pure noi non abbiamo brillato per prontezza e finezza intellettuale. Di sicuro, non ci siamo preparati. E forse nelle stanze delle Cancellerie europee si è coltivata la pia illusione che l’amicizia transatlantica fosse irreversibile. Previsione naufragata sotto lo tsunami dei dazi e l’occhiolino a Putin contro l’Ucraina. Quindi, d’ora in poi, bisogna aprire bene le orecchie quando i candidati parlano di programmi. E soprattutto non fermarsi agli slogan. Tanto più in tempi di fake news e di memorie cortissime.

In secondo luogo, interrogarsi severamente sulle conseguenze dell’elezione del tale candidato. Naturalmente si dirà che nessuno poteva immaginare una tale evoluzione autoritaria e imperialistica della più grande potenza al mondo. Forse sì, forse no. Di sicuro, abbiamo sottovalutato la cialtronaggine e l’assoluta irrealtà di affermazioni del tipo “farò terminare la guerra in Ucraina in 24 ore”. Declassarla a iperbole o a semplice mania di grandezza è imperdonabile. La verità è che denuncia una sopravvalutazione delle proprie capacità di persuasione, una colpevole sottovalutazione della feroce determinazione dell’aggressore russo, una imperdonabile mancanza di comprensione della reale posta in gioco, che non si addicono allo standard di un capo di Stato. Uno semplicemente con la testa sul collo. Di sicuro, Trump non ha mai parlato della strategia del caos che ha perseguito dal primo istante della sua elezione, né del feroce istinto vendicativo che avrebbe dispiegato contro tutti i suoi presunti nemici, ma forse tutti noi abbiamo colpevolmente sottovalutato gli indizi.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: il mondo oggi è più insicuro di ieri, la parola guerra è tornata a dominare il dibattito pubblico, le economie sono tutte in subbuglio, i popoli cominciano a chiedersi cosa il futuro riservi loro.

Terza questione: la compagnia che circonda Trump. La sensazione è che non abbia veri consiglieri, ma solo yesman incapaci di contraddirlo quando è assolutamente necessario. Banalmente potremmo dire che non ha nessun amico in grado di aprirgli gli occhi sulle conseguenze delle proprie azioni. Ciascuno di noi dovrebbe averne almeno uno, in grado di metterci in allarme quando la misura è colma o diamo i numeri. Nell’universo degli egoriferiti Donald Trump occupa oggi il primo posto a pari merito con tale Vladimir Putin. Da qui tanto amore e tanto odio. E tanta paura per tutti noi.

Nel nostro piccolo, dobbiamo imparare la lezione e farne tesoro per le prossime elezioni italiane, soprattutto se si andrà a votare con un sistema bipolaretendente al premierato e se il contesto mondiale sarà ancora dominato dagli attuali attori imperiali (Stati Uniti, Russia e Cina).

Dunque, dovremo ascoltare molto attentamente cosa diranno i candidati, soppesare le conseguenze della loro eventuale elezione e infine valutare la compagnia di cui intendono circondarsi. Potrebbe persino essere troppo poco per evitare avventure pericolose come quella americana. Cioè della più grande democrazia occidentale che ha imboccato irresponsabilmente il vicolo buio della democratura.

Domenico Delle Foglie

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