Pongo all’attenzione dei lettori alcune pagine di un mio lavoro in corso di pubblicazione: “Un cristiano per il bene della Comunità. Luigi Sturzo”

Dentro la finzione letteraria di un diarioho immaginato don Luigi Sturzo mentre, seduto alla sua scrivania, rivolgendosi in particolare ai giovani, seleziona gli avvenimenti principali della sua vita e i contenuti più importanti dei suoi scritti e dei suoi discorsi: sarebbe stato impossibile anche per lui raccogliere tutti gli interventi di un impegno intellettuale così intenso e durato l’arco di circa 80 anni.

In relazione all’attuale situazione internazionale ritengo un valore inestimabile da cui ripartire le sue riflessioni sul tema della pace (ed espresse da don Luigi Sturzo in molti articoli) con le sue stesse parole: «Durante gli anni dell’esilio –in particolare nel periodo 1930-1941- mi fermai più volte ad osservare quanto fosse difficile portare un messaggio di pace nel contesto di avvenimenti, che avrebbero poi portato in modo inesorabile alla Seconda guerra mondiale.

A distanza di anni, ritengo utile per voi giovani- a cui questo mio diario è indirizzato- coglierne amare verità illuminate sempre dalla speranza e dalla fede cristiana ed evitarne il ripetersi. Sogno o utopia?

La Pace non si impone, si conquista. E’ una conquista difficile ma si può e si deve pervenire. Il cammino è lungo, malagevole, pieno di intralci, ma è sicuro; si arriverà a una Pace fra i popoli. Coloro che la negano, installati sul piano della politica realistica sono il piccolo numero che bisogna ridurre al silenzio.

Coloro che la negano perché la natura umana è trascinata verso la guerra dalle sue passioni, non accordano il giusto valore all’azione meravigliosa del cristianesimo nel mondo.

Il nostro dovere è di creare presso i cattolici, presso gli altri, un’opinione generale che consideri la guerra, ogni guerra, come possibile da eliminare.

Il nostro dovere è di contribuire a che un sistema di Diritto internazionale, organizzato praticamente e che soppianti la decisione arbitraria do ogni stato di ricorrere alla forza armata per risolvere le controversie che possono sorgere tra le nazioni.

Nostro dovere è di far valere il principio morale della giustizia e dell’amore del prossimo come base del diritto internazionale e di prendere posizione contro ogni violazione della giustizia e contro ogni offesa alla legge d’amore verso tutti gli uomini, senza differenza di razza, di religione e di civiltà.

Nostro dovere è di formare l’opinione pubblica contro la fabbricazione privata delle armi, contro il riarmo, contro la militarizzazione della società, contro le dittature.

La fede nell’avvenire ci sostiene. (L’Aube, Parigi, 18 agosto 1935).

Ai giovani cattolici dei paesi liberi (oggi come allora) rivolgo una sola parola: guardatevi dalla propaganda filo-fascista, franchista e quante altre esistono in tutti i paesi… Se i vostri paesi cadessero, per loro grande sventura, in mano a partiti di forza e a regimi autoritari e di tirannia, allora le gioventù cattoliche, nell’ipotesi più favorevole, sarebbero ridotte a operare in campo limitatissimo. (Popolo e Libertà, Bellinzona, 27 maggio 1936).

Sempre vi sono state lotte e guerre fra gli uomini, ma non sempre vi sono stati banditori della pace in nome di Gesù Cristo. Negli stati totalitari non c’è spazio per coloro, anche cattolici, che esaltano la guerra. Purtroppo, ai predicatori della pace manca lo slancio, la fiducia e la perseveranza. D’altro lato lo stato moderno ha talmente assoggettato l’individuo, che l’idea della resistenza ai valori di un solo o di pochi, che vogliono la guerra e la preparano apertamente passa per mancanza di amore della patria e della nazione, che son divenute per molti delle vere divinità.

Occorre saper affermare la teoria cristiana della pace e guardare in faccia alle guerre moderne, distruggitrici di ogni ordine e di ogni benemorale e materiale, i cui effetti pesano per più generazioni, in cui mostruosità è centuplicata dai mezzi scientifici che si impiegano a danno non solo dei nemici, ma anche del proprio popolo. perché ormai vincitori e vinti sono sotto la stessa legge di distruzione. (Popolo e Libertà, Bellinzona, 30 luglio 1936)

Se ci fosse una fede viva, quella che trasporta le montagne, noi avremmo la pace di Dio nelle nostre anime, sia nella società, sia fra i popoli.ma la fede manca: quanti pensano che basti la preghiera per avere la pace? Pochi, pochi. Perché non comprendono che la preghieranon è solo quella di presentarsi in chiesa e stendere le mani a Dio implorando soccorso ma quella di attuare praticamente quell’amore di Dio e al prossimo, che la preghiera esprime.         (Popolo e libertà, Bellinzona 6 novembre 1937)

Per noi, la prima, vera, unica rivoluzione fu quella del Cristianesimo. Le altre, se sono vere rivoluzioni, hanno un orientamento cristiano; sono tante più vere quanto più sono animate da spirito cristiano, tanto meno vere quanto più lontane sono da questo.

Non esiste vera rivoluzione se non basata sui due principi di carità e di giustizia, poiché sviluppo o regresso (connaturale per noi attraverso il peccato) sono dovuti alla prevalenza dell’egoismo e della ingiustizia. Questi sono la causa prima dei nostri peccati e delle nostre passioni, nella nostra vita personale e nella vita sociale.

Sta a noi, nel campo delle idee e in quello delle realizzazioni pratiche, nel campo del pensiero e in quello dell’economia, preparare la vera rivoluzione che ci condurrà ad un’economia organica, senza capitalismo e a una politica della classe lavoratrice senza comunismo e senza lotta di classe. (The Preservation of the  Faith, Londra, giugno 1938)

Negli anni ‘30 si svolsero tre congressi internazionali per la pace: a Londra; a Dublino e all’Aja.

Intervennero i rappresentanti di associazioni cattoliche nazionali per la pace e cattolici noti, a titolo personale. Fu il caso di chi scrive. Il congresso dell’Aja (dal 13 marzo al 12 Aprile 1930)  invitava a compiere il proprio dovere internazionale; a lavorare, ciascuno nella propria sfera, per diffondere i veri principi della morale internazionale e preparare così l’avvento ad un’organizzazione internazionale atta a procurare nel più perfetto dei modi il bene comune all’umanità; infine a pregar Iddio in uno spirito veramente cattolico, cioè universale ‘ perché le nazioni dal peccato per troppo tempo divise, si sottomettano alfine alla dolce sovranità di Cristo Re”.

Queste conclusioni avrebbero dovuto essere accettate da tutta la stampa cattolica, compresa quella che si era schierata a destra e pronta a difendere le mosse di Hitler e Mussolini. Non ebbero alcun esito positivo.

Così come rimasero inascoltate le parole del conte Dalla Torre, direttore dell’Osservatore Romano (dal 1920 al 1960) : “Mai come dopo l’ultima guerra si sono ingranditi nella coscienza dei popoli il sentimento e la convinzione che la guerra è un’autotortura dell’umanità e che l’umanità come tale, in virtù della legge suprema della sua vita, più ancora che per interesse di civilizzazione, deve e può abolirla”.

La guerra è un fenomeno volontario che, per psicosi collettiva, arriva a essere creduta fatale. Come, nei paesi civili, si sono superate le fasi della schiavitù, della servitù della gleba, della poligamia legittima e del concubinato ammesso per tolleranza, della vendetta di famiglia o giustizia di classe, così si potrà superare la fase della guerra di diritto, la guerra legittima, la guerra ammessa delle convenzioni internazionali, e arrivare a reputare la guerra un crimine. Senza l’organizzazione internazionale ciò non potràavvenire; ecco perché i cattolici per primi devono, come diceva il gesuita padre Müller,  «apprécier à sa justevaleur l’effort d’organisazion quere prèsente la Société des Nations». (Popolo e Libertà, Bellinzona, 5 settembre 1939).

Il cristianesimo insegna che lo Stato non è una persona morale. Esiste in realtà una comunità di rapporti tra gli individui che vivono insieme, in forma organica e permanente, per dei fini naturali e necessari. La famiglia, la classe sociale, il comune, lo stato e la chiesa, sono comunità esistenti e preesistenti, che assumono un carattere giuridico nell’organizzazione di ciascuna sulla base della libertà (coesistentiamultorum) e dell’autorità (reductio ad unum).

Gli insegnamenti pontifici e la tradizione teologica bastano per richiamare sulla retta via: la filosofia tradizionale e la sociologia cattolica sono preziose per interpretare i problemi presenti. Ciò che rende difficile il loro compito è il sommergere il pensiero cristiano sotto l’azione del materialismo pratico: questo spirito nefasto è penetrare nella mentalità moderna e ha formato a poco a poco un pubblico incapace di ascoltare e di comprendere la voce di una morale superiore che domanda dei sacrifici, anche nel dominio della politica nazionale e internazionale. (Popolo e Libertà, Bellinzona, 29 ottobre 1938).

La prima, fondamentale solidarietà deve essere con chi soffre, con chi soffre più di noi. E’ la solidarietà cristiana come figli dello stesso padre, Dio, e fratelli dello stesso Redentore, Gesù Cristo.

Fare bene ai più piccoli, ai più sofferenti è fare bene a Gesù Cristo; l’ha detto Egli stesso.

Allora (come può accadere in ogni tempo) molti furono colpiti dall’ira politica, dall’odio di razza, e dalla avarizia sociale! Gente che fuggiva, cacciata di paese in paese, privata da beni che non possono né vendere né esportare, dei piccoli risparmi, frutto di sudore di vite intere e di famiglie laboriose; ferita nelle lotte fratricide. Che quadro di miseria nella Pasqua del 1939! (L’Aube, Parigi, 7 Aprile 1939).

Poi venne la guerra….

Alla fine di quei drammatici anni era nostra volontà che la democrazia fosse rifatta cristiana, ispirata dagli impulsi cristiani nella civiltà attuale, ritornando ai principi morali e religiosi del Vangelo, in modo da valorizzarli nella vita pubblica, animare le esigenze materiali e terrene della vita sociale e delle relazioni fra classi e popoli, con la carità cristiana.

Al di fuori dei partiti politici militanti vi sono centri e organizzazioni cattoliche per seri studi politici e sociali, attive leghe di lavoratori e sindacati, numerose associazioni giovanili che, sulla piattaforma delle libertà politiche, con aspirazioni più o meno definite, tendono verso la democrazia (almeno in campo sociale) e fanno appello alle democrazie per salvaguardare i loro diritti e per sostenere lo spirito cristiano da cui sono animate.

Fu questa la speranza che ci accompagnò in quegli anni ».

Nino Giordano

 

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