Le ragioni della proroga al 31 gennaio 2021 dello stato d’emergenza per COVID-19, del conseguente decreto legge 7 ottobre 2020 n. 125, e dei successivi d.p.c.m. sono la crescita esponenziale della curva dei contagi in tutte le Regioni italiane, e il parallelo incremento dei decessi e dei ricoverati nelle terapie intensive.

Quel che, nella consapevolezza della tragedia, val la pena chiedersi dopo 10 mesi di formale stato di emergenza, è se esso – permettendo l’esercizio di poteri straordinari che non sono vagliati dagli organi costituzionalmente deputati -, continui a essere uno strumento indispensabile.

Se da un lato la proroga lascia alla Protezione Civile la possibilità di azioni rapide e flessibili, dall’altro la maggior parte delle misure per gestire la pandemia sono già state attuate, e comunque nel peggiore degli scenari i problemi sono gestibili con strumenti legislativi che coinvolgano il Parlamento.

Senza dimenticare che il Ministro della Salute può disporre ordinanze urgenti, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all’intero territorio nazionale o a parte di esso (art. 32, L. 833/78). Il medesimo potere spetta al presidente della Regione e al sindaco, con efficacia estesa rispettivamente alla Regione (o a parte di essa) e al Comune. Infine, rispetto agli approvvigionamenti, per i quali la Protezione Civile ha avuto particolari poteri di intervento, il codice degli appalti già stabilisce l’aggiudicazione senza pubblicazione del bando di gara in casi connotati da urgenza (art. 63 D.Lgs 50/2016).

2. Da un punto di vista formale, la gestione dell’emergenza ha sottoposto alcune disposizioni costituzionali a una generalizzata tensione di gestione e controllo – sotto molteplici profili –, che coinvolge le procedure con le quali sono stati introdotti i limiti sempre più stringenti alle libertà e ai diritti costituzionali. Le misure restrittive adottate non consentono tali controlli “formali” e trovano un fondamento non sempre diretto, certo e preciso nel decreto legge a monte[1].

Sullo sfondo della vicenda Covid19, l’allora Presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia, nella relazione sull’attività nel 2019 presentata il 28 aprile 2020, osservava che la Costituzione non prevede un diritto speciale dell’emergenza, né la sospensione di diritti fondamentali, e tuttavia non è insensibile al variare delle contingenze, e all’eventualità che dirompano situazioni di crisi o di straordinaria necessità e urgenza, per le quali è pensato come strumento il decreto legge (art. 77 Cost.). «Necessità, proporzionalità, ragionevolezza, giustiziabilità e temporaneità sono i criteri con cui deve attuarsi la tutela sistemica e non frazionata dei principi e dei diritti fondamentali, ponderando la tutela di ciascuno con i relativi limiti, in base alle specifiche contingenze. È la Costituzione la bussola necessaria a navigare ‘per l’alto mare aperto’ dell’emergenza e del dopo-emergenza che ci attende».

3. L’equilibrio tra diritti e libertà individuali, apparentemente contrapposti alla tutela degli interessi della collettività, rischia di rompersi, scivolando nella prevalenza della tutela delle ragioni sociali su quelle dei singoli, e ledendo, attraverso l’adozione permanente di strumenti forti, le ragioni e i valori della democrazia.

Il diritto vigente appare inadeguato: vi è la necessità di prevedere degli strumenti idonei allo scopo, che al tempo stesso non risultino sganciati dall’assetto ordinamentale, dovendo comunque trovare un appiglio di rango costituzionale (almeno quanto ai presupposti per la loro adozione, soprattutto quando vadano a impattare sui diritti costituzionalmente garantiti).

Nell’inedita attuale condizione, la nostra Costituzione, definita come insieme equilibrato di principi e poteri, e di diritti e doveri – a parere di taluni[2] – è apparsa non più al passo con i tempi. L’Italia non ha norme efficaci dedicate ai soli periodi dell’emergenza. In Francia c’è “l’etat d’urgenze”, in Germania esiste lo “stato di tensione” che consente al Cancelliere di prendere decisioni sotto stretto controllo del Bundestag e lo stesso meccanismo si trova in Spagna. Negli USA vi è la possibilità di applicare varie norme a seconda del tipo di emergenza in atto. In Italia invece c’è la “dichiarazione dello stato d’emergenza”, che la realtà dei fatti ha dimostrato non essere efficace, ed è inevitabile che quando si prendono decisioni “veloci” ci sia un braccio di ferro con le Regioni, i cui presidenti rivendicano un non meglio definito peso decisionale nei confronti del Governo. La riforma del Titolo V ha così confermato il suo essere fonte di confusione.

4. I cittadini non fanno in tempo a metabolizzare un decreto del Governo, ed ecco subito arrivare un’ordinanza regionale che lo stravolge. In un contesto di iperproduzione normativa centrale e locale non sorprende che ci si sia diffusamente esercitati ad attribuire ad altri la responsabilità di carenze proprie e di disagi vari, quali quelli riguardanti l’adeguatezza delle strutture ospedaliere e la capienza dei reparti dedicati alle malattie infettive e alla terapia intensiva; come pure che si denuncino gravi manchevolezze nella fornitura e distribuzione di apparecchiature e dispositivi sanitari, di mascherine e materiali d’uso per contrastare il contagio, per ovviare alle quali si è andati in ordine sparso, anche con affidamenti diretti, richiamando l’attenzione di numerose procure penali e contabili.

Una auspicabile riforma del Titolo V, da mettere in cantiere dopo la pandemia, dovrebbe puntare a eliminare le materie concorrenti fra Stato e Regioni, e regolamentare una ‘legislazione di emergenza’, che preveda la centralità del Parlamento. La riforma costituzionale del 2001 ha enfatizzato il ruolo delle Regioni,  trascurando che esse sono troppo piccole per legiferare e troppo grandi per amministrare: l’Italia ha bisogno di una reale semplificazione dell’amministrazione centrale e locale in grado di garantire una spesa pubblica efficiente per far ripartire l’economia, svincolata da condizionamenti localistici e finalizzata a soddisfare l’interesse generale.

Daniele Onori

 


[1] I. Massa Pinto, La tremendissima lezione del Covid-19 (anche) ai giuristi, 18 marzo 2020, http://www.questionegiustizia.it/articolo/la-tremendissima-lezione-del-covid-19-anche-ai-giuristi_18-03-2020.php

[2] L.M. TONELLI, Diritti fondamentali, Emergenza e Costituzione ai tempi del Covid – 19. Alcune brevi riflessioni e prospettive di (necessaria) riforma della Costituzione, in Judicum il processo civile in Italia e in Europa, pag. 1 e ss.

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