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Dopo le trombe americane, è l’ora delle campane europee – di Michele Rutigliano

Mai come ora, l’Europa si è trovata di fronte a un bivio storico. Gli equilibri globali stanno cambiando rapidamente, e il Vecchio Continente deve decidere se restare un attore passivo, soggetto agli umori delle grandi potenze, oppure se prendere in mano il proprio destino. L’aggressiva politica commerciale americana e il disimpegno strategico di Washington nei confronti dell’Europa rendono sempre più evidente la necessità di una maggiore coesione politica ed economica all’interno dell’Unione Europea. L’idea degli Stati Uniti d’Europa non è più solo un’utopia federalista, ma una necessità geopolitica dettata dagli eventi.

L’America di Donald Trump ha dichiarato guerra commerciale al mondo, colpendo anche l’Europa con dazi, sanzioni e politiche protezionistiche che minano le fondamenta dell’economia del continente. Ma non è solo il fronte economico a destare preoccupazione. C’è ben altro. L’eventuale disimpegno americano dalla NATO, più volte evocato da Trump , aprirebbe scenari inquietanti per la sicurezza del continente. Senza il tradizionale ombrello militare americano, l’Europa sarebbe costretta a rivedere completamente la propria architettura difensiva, oggi frammentata e dipendente dal suo più forte alleato.

L’Europa può ancora permettersi di aspettare?

Le crisi geopolitiche degli ultimi anni – dalla guerra in Ucraina alle tensioni commerciali internazionali – hanno dimostrato quanto sia fragile l’Unione Europea nella sua attuale configurazione. Il diritto di veto nelle decisioni di politica estera e difesa paralizza l’azione comune, mentre le divisioni tra gli Stati membri impediscono di definire una linea strategica unitaria. L’Europa non può più permettersi di restare impantanata in logiche nazionali: è tempo di agire. Uno dei primi passi per rafforzare l’Unione sarebbe superare il principio dell’unanimità nelle decisioni chiave della politica estera e di sicurezza. In un mondo in cui le minacce si evolvono rapidamente, non è accettabile che un singolo Stato possa bloccare azioni decisive per la stabilità del continente.

Verso una vera difesa europea

Uno dei principali punti deboli dell’Unione è senza dubbio la mancanza di un esercito comune. Se gli Stati Uniti riducessero il loro impegno nella NATO, l’Europa si troverebbe senza un’adeguata capacità di difesa autonoma. Creare una forza armata europea – complementare alla NATO ma indipendente nelle sue operazioni – è ormai una priorità. Il Fondo Europeo per la Difesa rappresenta un primo passo, ma servono investimenti più ambiziosi per sviluppare un’industria militare comune, standardizzare le dottrine operative e costruire strutture di comando congiunte. Un’Europa senza difesa propria è un’Europa vulnerabile, incapace di proteggere i propri cittadini e di giocare un ruolo nello scacchiere internazionale.

Economia e sovranità: l’Unione incompiuta

Anche sul fronte economico, l’Unione Europea deve compiere un salto di qualità. La zona euro, pur rappresentando un pilastro della costruzione europea, resta incompleta. Serve un bilancio comune, capace di assorbire gli shock economici e di finanziare investimenti strategici. Inoltre, è fondamentale una maggiore armonizzazione fiscale e sociale per evitare le disuguaglianze tra gli Stati membri, che spesso diventano fonte di tensioni e divisioni interne.

Un’altra sfida è la definizione di una vera politica industriale europea, per ridurre la dipendenza da fornitori esterni e rafforzare la competitività delle imprese europee in un mercato globale sempre più aggressivo. L’Europa deve smettere di essere terreno di conquista per le superpotenze e diventare protagonista della propria crescita economica.

Un nuovo Trattato per il futuro dell’Europa

Per realizzare questi obiettivi, i Trattati europei devono essere rivisti. L’attuale quadro normativo, definito dal Trattato di Maastricht e dai successivi accordi, ha permesso all’Europa di compiere progressi significativi, ma oggi mostra tutti i suoi limiti. Superare Maastricht non significa cancellare quanto costruito, ma adattarlo alle nuove sfide. Servono strumenti più flessibili, istituzioni più forti e una maggiore cessione di sovranità dagli Stati membri all’Unione. Senza questi cambiamenti, l’UE rischia di restare un gigante economico con i piedi d’argilla, incapace di reagire con decisione alle crisi globali. Per troppo tempo l’Europa ha ascoltato il suono delle trombe americane, seguendo passivamente le strategie di Washington. Ora è il momento che risuonino le campane europee, segnale di una nuova era di autonomia, forza e unità. Il progetto degli Stati Uniti d’Europa non è un’illusione romantica, ma una necessità storica. Se l’Unione Europea vuole sopravvivere e prosperare nel mondo di domani, deve rafforzarsi dall’interno, abbandonare le divisioni e agire come una vera potenza globale. Le sfide sono enormi, ma lo è anche la posta in gioco: il futuro stesso dell’Europa.

Michele Rutigliano

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