Draghi è una risorsa importante ed è bene che resti tale. Per noi, anzitutto, ma anche – fatte salve le sue scelte private – per il ruolo che, dentro o fuori i confini nazionali, potrebbe essere chiamato o potrebbe aspirare a svolgere dopo le prossime elezioni. Sempre muovendo dal presupposto che l’Italia, con l’insieme delle pene che l’affliggono, non è, pur tuttavia, “la bella addormentata nel bosco” in perenne attesa del Cavaliere di turno che la risvegli con il suo fatidico bacio.
Peraltro, il nostro è davvero un paese strambo. Oppure, altrimenti detto, straordinario … ma a modo suo. Dove stia esattamente il confine tra i nostri vizi e le nostre virtù è difficile dirlo. L’ impressione è che vi sia una zona grigia di sovrapposizione dove gli uni trasmutano nelle altre e viceversa. Per cui lo stesso comportamento può ammantarsi di virtù o piuttosto intristirsi nel vizio, a secondo dell’intenzione che lo muove e del contesto in cui interviene. Pensiamo di essere furbi – e forse lo siamo davvero – ma succede talvolta che ci diamo dentro e, se sbagliamo la misura, la presunta furbizia ci sovraespone e ci fa passare dalla parte dei minchioni.
Il momento è difficile per tutti, eppure, se non proprio un po’ di “nonchalance”, un minor furore nell’ affrontare questioni delicate non guasterebbe. L’ ansia da prestazione finisce per essere controproducente, anche in politica. Succede forse solo da noi che, nel bel mezzo di vicende drammatiche, il Paese – o almeno il suo apparato politico-istituzionale – stia in trepida attesa; per giorni sospeso a mezz’asta, ostaggio dello psico-dramma Draghi-Conte. Neanche si trattasse di rivivere il fatidico incontro di Teano che alle elementari è illustrato come evento fondativo della nostra Unità nazionale.
La politica, poiché è una cosa seria, ha pure un suo versante estetico- Succede – soprattutto di questi tempi – che l’immagine faccia sostanza. Spiace, insomma – al del là del merito oggettivo della questione che ha comunque il suo rilievo – che Draghi sia stato attirato, oppure si sia infilato da solo, in questa trappola mediatica di un’ipotetica conversazione telefonica che, per quanto l’interlocutore fosse talmente Elevato che di più non si può, è finita nel pantano del chiacchiericcio petulante della peggior politica politicante.
E’ francamente risibile – ma anche un po’ stucchevole – quell’aria vittimistica ed offesa, quel tono imbronciato da bimbo cui hanno sottratto il pallone, con cui Conte, in fin dei conti, la monetizza e sembra chiedere una sorta di indennizzo per il danno che avrebbe patito, addirittura per mano del Premier.
Ne abbiamo viste di tutti i colori, ma un corto-circuito così immediato e diretto tra le paturnie interne che un partito scarica, attraverso il Governo, sulle spalle del Paese le ambasce personali di un leader ritrovatosi in braghe di tela ha il pregio della novità sfrontata. Insomma, tre palle un soldo e ce ne faremo una ragione se Conte c’azzecca con la mira e vince l’orsacchiotto di peluche, al luna-park della politica.
Quel che più spiace in questa vicenda è il fatto che venga raccontata in un certo modo, quasi dando l’ impressione agli italiani che Draghi sia stato scoperto con il ditino nella marmellata. Il Presidente del Consiglio conosce il mondo ben al di là del cortiletto di casa nostra e sa benissimo che quanto più alto è lo “standing”, tanto più può essere rovinosa la caduta, o almeno appannata l’immagine, se appena cede l’appiglio su cui si pensava di appoggiare in sicurezza il passo.
Sarebbe disdicevole scoprire che, al di là della ferma rivendicazione di regole ed indirizzi certi, nel segno di un rigoroso rispetto della piena legittimità delle istituzioni, le questioni si affrontino in un siparietto a latere, in cui compare la voce fuori campo di un signore che si proclama garante.