Nell’ultimo mese in Italia è successo qualcosa che capita raramente nella vita di un popolo: è cambiato il modello con il quale esso viene generalmente identificato.

L’Italia indisciplinata che non rispetta le regole, troppo furba per sacrificarsi, si è trovata senza via d’uscita davanti al nemico. Un popolo troppo intelligente per essere eroico, ha scoperto nel fondo delle proprie tradizioni “il modello Dunquerque”. Una tragica scelta che non sembrava possibile per un superficiale paese latino. Combattere o morire. E l’Italia, in questa prima fase della lotta, ha combattuto. Strenuamente. In prima fila gli eroi armati di mascherine, disinfettanti e pompe per l’ossigeno. Poi, i servizi formati dai volontari, le forze dell’ordine e gli alpini impegnati a costruire ospedali in dieci giorni rispetto ai venti anni richiesti dalla burocrazia.  Ed infine tutti i cittadini che, incredibilmente, sono apparsi  popolo responsabile e disciplinato al contrario delle previsioni della stampa di tutto il mondo.

Nella seconda fase che sta per aprirsi, lo spirito di Dunquerque richiede la realizzazione di un progetto piu’ difficile. E’ necessaria un’altra virtù che forse i mercanti (si, i mercanti non i mercati) dell’Europa ritengono impraticabile per un Paese come il nostro, dimenticando la storia del Veneto nel 1976. Quando un popolo ferito a morte, come oggi,  decise che avrebbe fatto da solo. “Fasin de bessoi” dissero i veneti del Friuli colpito da un terremoto terribile (quasi 7 nella scala Richter). Certo al governo c’erano Moro, Cossiga, Andreotti e poi alla Protezione Civile è arrivato anche Zamberletti, con pieni poteri “in deroga a tutte le leggi”.

Brecht avrebbe confermato a ragione che non c’e’ nulla di piu’  “disgraziato di un Paese che ha bisogno d’eroi”. E gli eroi ieri come oggi c’erano. Gianni Rodari (che non era di sicuro filogovernativo) scrisse sul Paese della Sera: “Non si vede più nessuno piangere il secondo giorno dopo il terremoto.”

La seconda scossa in Friuli, arrivò di primavera (in questi stessi giorni di maggio) e colpì duro.

Un popolo disincantato, portato a godersi la vita forse dovra’ decidere ancora di fare da solo come i veneti del ’76. Se i prestiti non saranno garantiti da un’Europa protestante e capitalista, che non conosce il significato della solidarietà e che sicuramente non può rischiare quei pochi o tanti euro delle sue banche (attenzione, non da pagare ma da garantire!) per Paesi come l’Italia o la Spagna, beh, significa che faremo da soli!  In fondo parliamo di Italia e Spagna, Paesi che non significano molto per la Storia dell’umanità’ secondo i civili paesi del Nord Europa!

Il debito per rilanciare lo sviluppo allora, sarà italiano e non garantito. Ritengo che non dovremmo chiedere sconti sul tasso da applicare ne’ riduzione dello spread, magari, con la ridicola motivazione di aver dato al mondo Roma, Firenze, Venezia o Milano.

“Gli affari sono affari”- spiegava Leon Bloy ai borghesi della sua epoca ”e’ la frase corrente del secolo. Ma bisogna capirne bene il senso. Quelli che vengono chiamati eroi o santi non lo capiscono. Un vero uomo di affari non capisce nessuno, ignora Dio e il Diavolo. Non conosce la Storia ne’ l’umanità’” . A Roma, ti dice con la tipica intelligenza del mercante, “avrete anche la cappella Sistina ma noi a Chicago uccidiamo ottantamila maiali al giorno”.

E noi in fondo cultura e bellezza non ce le siamo mai  fatte pagare da nessuno. Quando i miei amici, abituati a pagare per entrare nella loro Chiesa inglese che espone quadri di dozzina o per osservare qualche pietra antica nelle campagne del Wiltshire, entrano nelle Chiese di Roma continuano a stupirsi. Non capiscono: trovano Raffaello e Michelangelo regalati a tutti. “Senza pagare? No, non si paga”.

Regaliamo al mondo civiltà e bellezza da qualche migliaio d’anni. Non chiediamo sconti sullo spread del nostro debito futuro. Pagheremo compagni stranieri, pagheremo. E voi amici tedeschi, conoscete bene quello strano amore che vi conduce ogni primavera nel giardino d’Europa: oggi cercando il sole del Mediterraneo, talvolta passavate le Alpi a cavallo coperti di ferro, per chiedere corone imperiali a Roma. Piu’ spesso gabelle e sudditanza ai liberi comuni di Lombardia. Rapporti difficili, perché l’amore è difficile. Nel periodo del Contagio, la Settimana Santa fa volare il pensiero ai versi del poeta:”Ahi Passion di Cristo e di Milano”. Passione di oggi e di quel lontano Venerdì Santo del 1176 quando Alberto da Giussano innalzava sul Carroccio lo Scudo Crociato, simbolo delle libertà cittadine. “Milanesi, fratelli, popol mio ..” : bond non garantiti e spread di un paese a basso rating. Qualche volta la poesia spiega le cose meglio della politica.

Nell’ultimo mese in Italia è successo qualcosa che capita raramente nella vita di un popolo: è cambiato il modello con il quale esso viene generalmente identificato.

L’Italia indisciplinata che non rispetta le regole, troppo furba per sacrificarsi, si e‘ trovata senza via d’uscita davanti al nemico. Un popolo troppo intelligente per essere eroico, ha scoperto nel fondo delle proprie tradizioni “il modello Dunquerque”. Una tragica scelta che non sembrava possibile per un superficiale paese latino. Combattere o morire. E l’Italia, in questa prima fase della lotta, ha combattuto. Strenuamente. In prima fila gli eroi armati di mascherine, disinfettanti e pompe per l’ossigeno. Poi, i servizi formati dai volontari, le forze dell’ordine e gli alpini impegnati a costruire ospedali in dieci giorni rispetto ai venti anni richiesti dalla burocrazia.  Ed infine tutti i cittadini che, incredibilmente, sono apparsi  popolo responsabile e disciplinato al contrario delle previsioni della stampa di tutto il mondo.

Nella seconda fase che sta per aprirsi, lo spirito di Dunquerque richiede la realizzazione di un progetto piu’ difficile. E’ necessaria un’altra virtù che forse i mercanti (sì, i mercanti non i mercati) dell’Europa ritengono impraticabile per un Paese come il nostro, dimenticando la storia del Veneto nel 1976. Quando un popolo ferito a morte, come oggi,  decise che avrebbe fatto da solo. “Fasin de bessoi” dissero i veneti del Friuli colpito da un terremoto terribile (quasi 7 nella scala Richter). Certo al governo c’erano Moro, Cossiga, Andreotti e poi alla Protezione Civile è arrivato anche Zamberletti, con pieni poteri “in deroga a tutte le leggi”.

Brecht avrebbe confermato a ragione che non c’e’ nulla di piu’  “disgraziato di un Paese che ha bisogno d’eroi”. E gli eroi ieri come oggi c’erano. Gianni Rodari (che non era di sicuro filogovernativo) scrisse sul Paese della Sera: “Non si vede più nessuno piangere il secondo giorno dopo il terremoto.”

La seconda scossa in Friuli, arrivò di primavera (in questi stessi giorni di maggio) e colpì duro.

Un popolo disincantato, portato a godersi la vita forse dovra’ decidere ancora di fare da solo come i veneti del ’76. Se i prestiti non saranno garantiti da un’Europa protestante e capitalista, che non conosce il significato della solidarietà e che sicuramente non può rischiare quei pochi o tanti euro delle sue banche (attenzione, non da pagare ma da garantire!) per Paesi come l’Italia o la Spagna, beh, significa che faremo da soli!  In fondo parliamo di Italia e Spagna, Paesi che non significano molto per la Storia dell’umanità’ secondo i civili paesi del Nord Europa!

Il debito per rilanciare lo sviluppo allora, sarà italiano e non garantito. Ritengo che non dovremmo chiedere sconti sul tasso da applicare ne’ riduzione dello spread, magari, con la ridicola motivazione di aver dato al mondo Roma, Firenze, Venezia o Milano.

“Gli affari sono affari”- spiegava Leon Bloy ai borghesi della sua epoca ”e’ la frase corrente del secolo. Ma bisogna capirne bene il senso. Quelli che vengono chiamati eroi o santi non lo capiscono. Un vero uomo di affari non capisce nessuno, ignora Dio e il Diavolo. Non conosce la Storia ne l’umanità’” . A Roma, ti dice con la tipica intelligenza del mercante, “avrete anche la cappella Sistina ma noi a Chicago uccidiamo ottantamila maiali al giorno”.

E noi in fondo cultura e bellezza non ce le siamo mai  fatte pagare da nessuno. Quando i miei amici, abituati a pagare per entrare nella loro Chiesa inglese che espone quadri di dozzina o per osservare qualche pietra antica nelle campagne del Wiltshire, entrano nelle Chiese di Roma continuano a stupirsi. Non capiscono: trovano Raffaello e Michelangelo regalati a tutti. “Senza pagare? No, non si paga”.

Regaliamo al mondo civiltà e bellezza da qualche migliaio d’anni. Non chiediamo sconti sullo spread del nostro debito futuro. Pagheremo compagni stranieri, pagheremo. E voi amici tedeschi, conoscete bene quello strano amore che vi conduce ogni primavera nel giardino d’Europa: oggi cercando il sole del Mediterraneo, talvolta passavate le Alpi a cavallo coperti di ferro, per chiedere corone imperiali a Roma. Piu’ spesso gabelle e sudditanza ai liberi comuni di Lombardia. Rapporti difficili, perché l’amore è difficile. Nel periodo del Contagio, la Settimana Santa fa volare il pensiero ai versi del poeta:”Ahi Passion di Cristo e di Milano”. Passione di oggi e di quel lontano Venerdì Santo del 1176 quando Alberto da Giussano innalzava sul Carroccio lo Scudo Crociato, simbolo delle libertà cittadine. “Milanesi, fratelli, popol mio ..” : bond non garantiti e spread di un paese a basso rating. Qualche volta la poesia spiega le cose meglio della politica.

Gianfranco Gala

 

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