Molti segni sul terreno sembrano indicare che la controffensiva Ucraina sia iniziata anche se per ora si manifesta attraverso una serie di azioni preparatorie e non un assalto massiccio. Singolarmente questo inizio coincide con l’anniversario di quel D-Day che, in Normandia nel 1944, segnò l’avvio della liberazione della Francia occupata dai nazisti e il cui sviluppo vittorioso contribuì alla caduta del regime hitleriano e del suo disegno imperialistico. E, in ultimo, fece ritornare la Germania ad essere un attore democratico e positivo in un’Europa pacificata.
Ritornando agli eventi di nostri giorni vorrei riflettere su cosa ci si possa aspettare da questa nuova fase della guerra. Dal punto di vista dell’Ucraina è abbastanza ovvio quale sia l’aspettativa: il recupero in tutto o quantomeno in gran parte della propria integrità territoriale violata prima dalla annessione strisciante del 2014 e poi dalla brutale aggressione russa del 2022. E poi la fine della guerra e un futuro del paese all’interno delle istituzioni politiche e militari europee (Unione Europea e Nato) per assicurare il consolidamento del regime democratico e sviluppi di prosperità e sicurezza. Una situazione di stallo, legata al fallimento della controffensiva, lascerebbe invece il
paese fortemente indebolito dalla perdita quasi totale del suo accesso al Mar Nero, e per di più sottoposto ad una incombente minaccia della Russia che avrebbe visto premiata la sua aggressione.
Ma guardiamo le cose anche dalla parte della Russia, un punto di vista tanto più importante se pensiamo, come credo sia giusto, che un futuro di pace stabile in Europa richieda anche la partecipazione positiva di questo grande paese. Avanzo la tesi, solo a prima vista paradossale, che il successo di Kiev e una sconfitta militare sarebbe oggi lo scenario migliore per la Russia (anche se certamente non per Putin).
Cominciamo dal fatto che lo scenario che l’autocrate della Russia (non dobbiamo mai dimenticare la natura del regime attuale di Mosca) si immaginava con l’attacco a Kiev del febbraio 2022 è fallito. Azzerare l’Ucraina come nazione indipendente e capace di decidere autonomamente il proprio futuro, neutralizzarla e riportarla ad essere una specie di appendice coloniale della Russia, imporre all’Europa il fatto compiuto e riaffermare un ruolo dominante della Russia nel continente, questo disegno, concepito nell’isolamento mentale tipico di un autocrate che ha scommesso tutte le carte per la sua indefinita permanenza al potere sul nazionalismo grande russo, è drammaticamente fallito e le sue conseguenze negative ricadono sulla Russia stessa. Basta ricordarne le principali.
L’Ucraina si è nettamente rafforzata sia sul piano politico che militare e il suo assoggettamento a Mosca è oggi impensabile. La sua neutralità è ormai fuori dai radar mentre avanza il cammino di integrazione verso l’Unione europea e in maniera informale verso la Nato. Due nuovi paesi, Finlandia e Svezia, hanno chiesto di aderire alla Nato. La Russia è sempre più isolata dai ricchi mercati occidentali e sempre più dipendente dal grande e incombente vicino cinese al quale deve vendere a sconto le sue materie prime. Infine i paesi ex sovietici (a partire dal
Kazakistan) mostrano una sempre minore propensione ad affidare alla Russia il ruolo di paese protettore.
Fallito fragorosamente il disegno iniziale che cosa si può aspettare la Russia dagli altri due scenari? Per coloro che hanno sposato l’idea che non si debba “umiliare la Russia” lo scenario di un fallimento o di un successo minimo della controffensiva ucraina, che lasci in mano russa gran parte delle conquiste finora fatte, sembrerebbe lo scenario migliore per il grande paese slavo. Ci sono invece buoni motivi per ritenere che questo scenario sarebbe molto negativo proprio per la Russia. Una pace che sancisse lo status quo sarebbe impensabile per l’Ucraina di oggi (e per gran parte dei suoi alleati). Il conflitto forse sarebbe congelato ma rimarrebbe sempre sullo sfondo e aperto a continue riprese. Mantenere ferme le posizioni richiederebbe una rincorsa militare sui due fronti. L’Ucraina dovrebbe comunque contare sulla integrazione militare con la coalizione occidentale, mentre la Russia dovrebbe proseguire sulla strada della militarizzazione della sua economia e sulla radicalizzazione autoritaria del suo spazio politico interno a sostegno di quella.
L’isolamento internazionale della Russia e la sua dipendenza dalla Cina si accentuerebbero. Putin potrebbe “narrare” questa come una vittoria ma a spese del suo paese. Veniamo infine all’ultimo scenario, quello di un successo importante della controffensiva ucraina con il recupero di una parte significativa dei territori perduti e una riapertura più ampia dell’accesso al mare dell’Ucraina. Questo esito non potrebbe che essere interpretato come una
sconfitta di Putin e del suo personale disegno politico. Si aprirebbero serie brecce nel sistema di potere personale costruito negli anni dall’autocrate russo e la sua candidatura ad un nuovo mandato presidenziale nel 2024 sarebbe seriamente messa in discussione.
Naturalmente non mancherebbero elementi seri di incertezza sul futuro politico del paese. La presenza di forze
ipernazionaliste che già si manifesta in questi mesi di guerra non sarebbe trascurabile. Ma non si deve neppure sottovalutare l’esistenza di una “Russia civile”, nelle università, nei settori più moderni dell’economia, in alcune branche dell’amministrazione (e persino nelle parole della governatrice della Banca Centrale russa) e purtroppo nelle prigioni politiche, che vede la separazione dall’occidente democratico come un danno grave per la Russia e teme la dipendenza dalla Cina.
L’indebolimento di Putin potrebbe dare qualche chance a questa Russia. Certamente dei tre scenari l’ultimo sarebbe il più favorevole a riaprire i giochi politici in un paese che nell’ultimo secolo ha fallito ripetutamente l’aggancio allo sviluppo democratico, ma non ha per questo meno diritto ad un futuro migliore. A sostegno di questo sviluppo non dovrebbero mancare segnali non equivoci da parte dell’alleanza occidentale che un’altra Russia dovrebbe trovare un posto dignitoso negli assetti di pace europei. L’Unione Europea in particolare, che con il suo allargamento ha sempre maggiori responsabilità in questo campo, come oggi ha imparato a difendere compatta i diritti dell’Ucraina così deve sviluppare attivamente le idee per un domani di pace.
Maurizio Cotta