È pace? È tregua? Donald Trump le annuncia entrambe. Teheran dice di deporre le armi se cessano gli attacchi di Israele. Quest’ultimo sostiene che gli attacchi continueranno.
Il mondo continua ad assistere ad una serie televisiva. In ogni puntata c’è qualcosa di rimandato a quella successiva. Sullo sfondo tante variazioni sul tema con l’uso di quella che nella tecnica cinematografica degli sceneggiatori si chiama dei “sub plot”, cioè delle sotto trame, che arricchiscono il racconto, lo lasciano in sospeso, rendono più avvincente lo snodarsi delle vicende e accompagnano lo spettatore nella conoscenza dei personaggi.
Peccato che si parli di una storia vera seguita in diretta dal mondo intero con il suo spreco di vite umane, di sofferenze e distruzioni e con la dilapidazione di miliardi e miliardi.
Se sarà vera pace, almeno per il momento, la serie tv sarà interrotta e tanti temi avvincenti, buttati lì nel corso delle puntate precedenti, potrebbero restare inespressi. Come quelli della fine fatta da tutto l’uranio arricchito dagli iraniani, che sembra scomparso. La questione del “cambio di regime”. Il ruolo di Mosca e Cina. Con la prima che ha ricevuto il Ministro degli esteri iraniani i cui missili, poco dopo, hanno colpito la più grande base USA in Medio Oriente, quella del Qatar. Un chiaro messaggio – solo di Teheran? – che c’era la capacità di trasformare tutto il Golfo in un ben più largo scenario di guerra. Mentre Pechino continuava a dare segni di temibile insofferenza per quel che accadeva al suo principale fornitore di petrolio. E ancora: il peso avuto sull’intervento di Trump dalla vera e propria rivolta di quella parte dei suoi che non volevano assolutamente il coinvolgimento Usa.
La sostanza è che sono stati presi in contropiede tutti quelli che stavano creando un clima di guerra in cui si volevano precipitare anche gli italiani. I quali sanno benissimo che non si trattava di una loro guerra e di cui, lo hanno detto i sondaggi e le manifestazioni di piazza, non condividevano né finalità né metodo.
E , come al solito, si è seminata tanta confusione e non si offerta una comunicazione realmente scevra da ogni pregiudiziale scelta di parte.
C’era già chi gridava “al lupo al lupo” accusando, più o meno implicitamente l’Iran e gli sciiti di prepararsi ad organizzare attentati nel nostro Paese e, intanto, si riduceva a poche righe, se pubblicate, la notizia che l’unico attentato di rilievo di questi giorni fosse stato fatto in Siria. In una chiesa cristiana dove hanno trovato la morte 22 persone. È stato un kamikaze dell’Isis cioè un estremista sunnita. Uno di quelli, insomma, che nella nostra imprecisa e dozzinale conoscenza del mondo musulmano, dev’essere considerato nemico dell’Iran e che, invece, pur di alzare polveroni, fa parlare di un generico estremismo islamista.
Si diceva pure che avremmo dovuto avere paura perché in Italia abbiamo il Vaticano. Anche questo rientrava nel tentativo di seminare solo una paura non suffragata da alcun elemento ed, anzi, contraddetto dal fatto che tutti i papi succedutesi fin oggi hanno sempre fatto sentire la loro voce per la pace, la fratellanza tra i fedeli di ogni religione e la vicinanza alle popolazioni, prime vittime dei loro governanti e di quelli degli altri paesi con cui sono in lotta.
E poi, diciamolo anche ai nostri attuali governanti, delle questioni di sicurezza non si parla su giornali e televisioni. Semmai, in Parlamento nel caso fosse necessario. Siamo stati, invece, di fronte a pura propaganda distorsiva diretta a creare un clima tale da giustificare posizioni che gli italiani non condividevano e che, c’è da temere, sembravano avere la finalità- e questo lo abbiamo già vissuto con le tante iniziative militari dell’occidente in Medio Oriente del passato – di prepararci persino ad un nostro coinvolgimento diretto nella guerra intrapresa da Israele contro l’Iran.
Molto di ciò è servito a coprire per qualche giorno con un fumoso velo quanto sta succedendo in Ucraina e a Gaza. Quest’ultima trasformata nell’attuale versione del Ghetto di Varsavia. Un’autentica criminale vergogna che pesa su governanti e popoli che non hanno neppure la voglia di indignarsi mentre parlano di valori da tutelare.
E adesso, sperando che la guerra di Israele all’Iran si chiuda davvero, all’Ucraina e a Gaza si deve tornare e continuare con due serie tv di cui non si è proprio certi di vedere, a breve, una fine. Salvo che, anche in questi due casi, Trump non si decida davvero ad assumere il ruolo del pacificatore come da lui sempre promesso di voler fare.
Giancarlo Infante