Un impegno pubblico ispirato cristianamente comporta tenere aperti i canali di questa ispirazione, che non può ridursi al patrimonio valoriale e culturale acquisito nella fase formativa, ma neanche ad aggiornare il linguaggio al percorso del magistero, fin quando ogni nuova enciclica non esce dai radar dei media. No. L’ispirazione è un lavoro, come è un lavoro tradurla in impegno pubblico. Dai fiori della ispirazione bisogna arrivare al miele delle proposte e delle iniziative politiche.
Allora mi sono chiesto: che cosa prendere, per questa trasformazione, per la trasformazione dell’Italia, da Economy of Francesco? Non tutto quello che c’è da prendere, e che può anche variare molto secondo le sensibilità di ciascuno, ma solo qualche accenno del poco che colgo io, con un ascolto parziale e un po’ intermittente.
Innanzitutto l’iniziativa in se: mentre la Pandemia ci spinge a chiuderci nella solitudine, l’uso fecondo delle tecnologie che abbiamo ci permette di non far vincere la malattia, ma la scelta di essere connessi e comunicanti non solo da casa a ufficio, ma da continente a continente. Così non solo nelle GMG, ma anche nel nuovo movimento Economy of Francesco, i giovani si affacciano con fiducia ed energia al mondo. Impostiamo le politiche di transizione 4.0 includendo, ma trascendendo, le logiche produttivistiche e aziendali, guardando alle conoscenze, alla condivisione, alla fraternità.
Poi dico a quel “laudator temporis acti”, che forse si annida anche dentro di me, sebbene ben nascosto e ben represso, che si sbaglia. Ogni generazione ha i suoi doni, porta la sua luce, rinnova l’energia umana. Imparano i giovani dagli adulti, ma anche il contrario. Che adulto è chi non è pronto a imparare da chiunque possa? Proponiamo una politica che non guarda ai giovani come oggetto e destinatari, ma li chiami sulla scena, li inviti a esserne protagonisti. Guardiamo alla loro politica.
Mi chiedo: quanta energia sepolta c’è in ogni NEET ( persona non impegnata né nello studio né lavoro né nella formazione , ndr ) e della quale tutti restiamo privi? Non aspettiamo di poter distribuire posti di lavoro che non ci saranno: investiamo sulla sussidiarietà, diamo valore alle loro iniziative. Inventiamo su questo una politica del lavoro. Sono loro il nuovo nella nostra vita. Quanto a noi adulti, infatti, la sfida è sempre più sulla generatività.
Questioni usuali (ma non per questo risolte) come il lavoro decente e la parità uomo donna nel lavoro, o l’importanza crescente della risorsa acqua e altre questioni ambientali concrete, e tante altre, risuonano sulla bocca dei giovani con un linguaggio sorgivo, con una evidenza che non ha bisogno di abbigliamenti (o camuffamenti) ideologici. Sono cose da fare. Facciamole.
Certo alcune indicazioni vanno capite. Deurbanizzare riguarda le città che superano o sfiorano i 30 milioni di abitanti o anche quelle che non raggiungono i tre milioni (come Roma, la più grande in Italia, 69ma nel mondo)? Lavoriamo al reticolo comunitario delle città? A destare un fervore sussidiario nelle città? A farne qualcosa di più di un mucchio di vicini di casa? (Ci sono idee e azioni da mettere all’opera).
Non riassumo quello che ha detto Papa Francesco. Chiunque può leggere. Ma l’affermazione ripetuta che “urge una nuova narrazione economica” sfida chiunque desideri portare qualcosa di nuovo nella politica corrente. L’intervento del Papa incardina la ricerca dei giovani nella ricerca della Chiesa. Ci lega tutti.
C’è un limite di età per essere change -makers ( uomini del cambiamento, ndr )? Non è previsto nella ispirazione cristiana. Proviamo insieme.
Vincenzo Mannino