Siamo di fronte al tramonto di una fase politica oppure in vista di una nuova stagione? Così si potrebbe dire, forzando un po’ l’interpretazione – e, soprattutto, temo, l’effettiva intenzione degli attori in campo – di fronte alle diverse opzioni di voto espresse, ieri l’altro, nel Parlamento Europeo, in ordine alla risoluzione che approva il piano di riarmo dell’ Unione.
Il punto politicamente significativo che merita di essere rilevato non sono tanto le fratture, ormai scontate, da una parte nel polo della maggioranza e dall’altra nel campo disarticolato delle opposizioni. Colpisce, piuttosto, il puntuale allineamento delle forze europeiste da una parte e di quelle antieuropeiste dall’altra. Nel bel mezzo Giorgia Meloni che non sa più che pesci pigliare.
Si tratta di un quadro che – ancora una volta, al di là dell’apparente incontenibile turbolenza di ciò che avviene in superficie, nella quotidiana controversia del discorso pubblico – dà conto della potenza geometrica della politica, quando, anziché pasticciarla volutamente, la si lascia esprimere secondo la china naturale che appartiene a ciascuna delle forze in campo, in ragione del retroterra ideale, storico e culturale di ciascuna.
A noi suona stridula questa giustapposizione di PD e Forza Italia, in ragione della comune vocazione europea. Eppure, sostanzialmente, evoca ciò che da tempo, e tuttora, avviene nel Parlamento europeo, grazie alla consolidata alleanza tra gruppo popolare e gruppo socialista. Un dato che, peraltro, allude pure a ciò che in Germania, ieri ed oggi, chiamano “grosse koalition”.
In altri termini, se vogliamo ricorrere ad una metafora spaziale, è come se nel cielo d’Europa si muovessero tanti corpi astrali quante sono le culture e le opzioni politiche che conosciamo, ciascuna delle quali dotata di una propria forza gravitazionale. Eppure, soverchiate da una capacità di attrazione dell’ideale europeo, tale per cui il campo di forze in cui tutti si muovono, sia assecondandone l’inclinazione, sia contrastandola, è comunque disegnato da un’aspirazione verso l’unità europea che è necessaria – cioè sta nell’ordine naturale delle cose – ed incontenibile, cioè declinata secondo l’inevitabile “destino” dello sviluppo storico atteso.
In buona sostanza, l’ideale europeo è il punto dirimente che spariglia le posizioni politiche. Ed è attorno a questa linea di demarcazione che dovrebbero disporsi e prendere corpo le alleanze che danno forma ai vari governi nazionali, affinché, da questa sintonia, ciascuno tragga quanta più forza possibile. È esattamente il contrario di quel che sta avvenendo da noi.
Peraltro, la rilevante forza gravitazionale dell’ideale europeo, di cui sopra, applicata al nostro Paese, è costretta ad osservare un limite. Dovuto ad incrostazioni ideologiche, pregiudizi inveterati, memorie e rancori troppi recenti per essere facilmente superabili, anche nell’immaginario collettivo della pubblica opinione, che impediscono di intravedere la prospettiva di una “coalizione popolare, sociale e liberal-democratica” che, pur, sarebbe necessaria, come, anche su queste pagine, stiamo sostenendo da tempi non sospetti. Ne consegue che, a maggior ragione, abbiamo bisogno, come INSIEME propone da anni a questa parte, di un’alternativa di sistema, non solo nel sistema che vede all’ opera l’attuale maggioranza delle destre. Quindi, di un processo di reale “trasformazione” del nostro sistema politico, di una coraggiosa iniziativa che nasca non dentro, bensì fuori l’attuale quadro ed accompagni per mano l’Italia perché esca dalle secche del bipolarismo maggioritario. E questo rinvia alla domanda da cui abbiamo preso le mosse: solo un triste, ineludibile tramonto oppure le prime luci di una possibile alba?
Domenico Galbiati