Per decenni le classi medie hanno rappresentato il pilastro della democrazia europea. Famiglie stabili, lavoro sicuro, fiducia nel futuro. Ma oggi quel pilastro scricchiola. Il benessere non è più garantito, la sicurezza economica vacilla, la politica appare distante. Rafaël Glucksmann, leader della sinistra moderata francese figlio del filosofo André, parla di una “promessa infranta”. Le democrazie, dice, hanno smesso di proteggere i cittadini comuni. Si sono arrese ai mercati globali e a un’Europa burocratica. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: disuguaglianze crescenti, precarietà, paura del declino. È qui che il populismo trova terreno fertile. Offre risposte semplici a problemi complessi. Trova nemici facili: le élite, l’immigrato, Bruxelles. E raccoglie voti, soprattutto tra chi teme di perdere la posizione conquistata in anni di sacrifici.
Populismi a Est e a Ovest
Dalla Germania orientale alla Polonia, dall’Ungheria all’Italia, il malessere sociale alimenta la stessa fiamma. Nei paesi dell’Est, molti cittadini si sentono traditi dalla promessa democratica seguita alla caduta del Muro. Nell’Ovest, le vecchie classi medie temono di scivolare verso la marginalità. In Italia la Lega e il Movimento 5 Stelle hanno intercettato queste paure. In Francia il Rassemblement National di Marine Le Pen avanza nei territori un tempo operai. In Germania Alternativa für Deutschland cresce nelle regioni più povere. L’immigrazione clandestina è diventata il detonatore di un disagio più profondo. Non solo per la concorrenza percepita sul lavoro, ma per la sensazione di un’identità culturale che si sgretola. Molti pensano che l’Europa non sappia più chi è. Che abbia dimenticato le sue radici cristiane e democratiche. Così si rafforza la tentazione dell’identità chiusa, del “noi contro loro”.
Il prezzo della paura
La crisi non è solo economica. È morale, culturale, politica. Quando si spegne la speranza, si accende la rabbia. Le classi medie, oggi, si sentono invisibili: pagano le tasse, rispettano le regole, ma non contano più. E quando lo Stato non offre più sicurezza e futuro, il populismo si presenta come l’unico difensore possibile. Ma la storia europea insegna che la paura, quando si trasforma in odio, distrugge tutto. L’illusione della “pulizia etnica”, della “difesa della patria” o della “libertà a ogni costo” ha già insanguinato il continente. Difendere l’identità europea non significa chiudersi. Significa riscoprire i valori che hanno fatto dell’Europa un modello: libertà, dialogo, giustizia sociale. Se le democrazie non sapranno ricostruire un patto di fiducia con i cittadini – controllando l’immigrazione senza cedere all’intolleranza, difendendo il lavoro senza abbandonare la solidarietà – sarà difficile fermare l’avanzata dei nuovi populismi. Ora il rischio è sempre più evidente: un’Europa che perde la memoria può smarrire anche il suo futuro.
Michele Rutigliano