Dall’inizio del nuovo millennio la globalizzazione, con i suoi miti e le sue speranze, è stata minata da una concatenazione di crisi, da quella terroristica (dal 2001 delle Torri Gemelle) a quella finanziaria (2008-2013), da quella migratoria, spaventosa proprio sulle nostre sponde, a quella ambientale e climatica.
Il virus giunge quindi in buona compagnia ad intaccare più di una certezza, più di una aspettativa. Nel 2008 fu un piccolo paese, la Lettonia, ad anticipare la tempesta finanziaria, attraverso la fuga di capitali, la paralisi del credito e il crollo delle esportazioni. Oggi sui mercati europei è già arrivata l’onda d’urto, anticipata dai movimenti negativi sui mercati asiatici. Ma a preoccupare maggiormente non sono le borse quanto l’economia reale, bloccata improvvisamente e totalmente, come mai visto nella storia recente.
Ecco perchè l’Europa, unitariamente ai governi, è chiamata a rispondere con forza, con una recessione certa e lunga alle porte. Ma come ? Per rispondere è necessario fare chiarezza sulla sua attuale conformazione. L’UE non è una semplice organizzazione intergovernativa (es. ONU) né una federazione di Stati (es. Usa). E’ un organismo sui generis, realizzato con enorme difficoltà dal secondo dopoguerra, tra stop frequenti, ripartenze, decine di Trattati di adesione, ed un ampliamento graduale e costante.
Rimane ad oggi un’opera incompiuta, con una parziale unità monetaria e l’assenza di strutture fiscali, bancarie e di difesa comuni. A questo organismo, gli Stati membri delegano sovranità in diversi ambiti, dalla concorrenza all’ambiente e alle politiche agricole. In alcuni di questi ambiti si avvicina alla federazione (es. ambiente), su altri si avvicina ad una confederazione (es. affari interni) oppure ancora ad una organizzazione internazionale (es. esteri).
Negli ultimi anni ha progressivamente acquistato prerogative tipiche di una federazione, con l’allargarsi del trasferimento di sovranità e assunzione di personalità giuridica. Ma non è ancora una federazione. Certo un combinato disposto di crisi come quello esploso in questi anni potrebbe far scattare una molla ed un passo in avanti, come la fine della seconda guerra mondiale convinse sia Germania che Francia a sedersi al tavolo e inaugurare la fase delle Comunità (1950-1957), mettendo finalmente alle spalle un passato di conflitti (ben tre in circa 70 anni).
Ecco perché protagonista del dibattito di questi giorni sarà la modalità con cui l’Europa saprà rispondere alle tensioni economiche crescenti. Le difficoltà sono tante, ad iniziare dalla articolazione complessa della sua struttura, certamente più burocratica degli Usa e meno veloce nelle decisioni della Cina. C’è l’UE con 27 paesi, ma parallelamente si muove l’UEM con i 19 paesi che hanno adottato la moneta unica. C’è la BCE, valorizzata dal protagonismo recente di Draghi, e ci sono le altre istituzioni economiche, dalla BEI, banca europea per gli investimenti fondata nel 1958, al MES di cui tanto e a sproposito si parla in questi giorni:
- La BCE è la banca centrale a cui il Trattato di Maastricht ha delegato la politica monetaria dei 19 paesi area euro, politica non più in mano alle singole banche nazionali. L’erede di Draghi, Christine Lagarde, si è presentata nell’estate 2019 con un “manifesto” programmatico dove si dichiarava a favore di titoli sovrani comuni e a favore della riforma delle regole fiscali (per adesso ogni paese va per la propria strada , facendosi anche concorrenza sleale). Due temi, come vedremo, oggi decisivi nel dibattito politico continentale. La Lagarde ha poi recentemente confermato l’azione inaugurata da Draghi sul sostegno alla liquidità. Due gli strumenti: il QE (Quantitative Easing), fortemente già utilizzato da Draghi nel salvataggio dei debiti sovrani nazionali nella crisi finanziaria, e gli OMT (Outright Monetary Transaction), anche questi voluti da Draghi ma mai utilizzati. La differenza ? Mentre con il QE il denaro viene dato alle banche, per consentire il prestito ad imprese e famiglie, con l’OMT il denaro viene dato direttamente ai governi in difficoltà. Uno strumento questo che darebbe alla BCE un margine che nemmeno la Federal Reserve americana può vantare, data l’impossibilità di quest’ultima di garantire debito emesso da livelli inferiori a quello centrale-federale. Oggi l’Eurosistema finanziario (BCE più banche nazionali) ha accumulato circa 2.550/Mld di eur di titoli.
- La BEI nasce per finanziare le PMI e le grandi opere e conta su 555/Mld di finanziamenti in essere, rispetto ad un capitale di 243. I tre principali azionisti sono Germania, Francia ed Italia per un totale equivalente al 19% del capitale. Ad oggi il suo spazio di manovra è di 40/Mld, ampliabile con garanzie ulteriori degli Stati.
- Il MES è un fondo salva-Stati, organizzazione intergovernativa, con sede in Lussemburgo (attualmente presieduto dal ministro delle finanze portoghese Mario Centeno, presidente dell’Eurogruppo). Conta su un capitale di 700/Mld, di cui 80 raccolti attraverso la contribuzione degli Stati (la Germania con il 27%, la Francia il 20,3%, l’Italia il 18% pari a 14/Mld). Nasce per bypassare il divieto (valido anche per BCE) di aiutare i paesi in difficoltà, con l’Italia a suo tempo, per ovvie ragioni, favorevole. Diverse sono le linee di credito, a seconda del rapporto debito/Pil del paese richiedente. Al centro della disputa c’è la cosiddetta condizionalità che segue il finanziamento. Il salvataggio cioè sarebbe collegato ad una serie di misure specifiche mirate a eliminare o mitigare i punti deboli dell’economia in difficoltà: consolidamento fiscale, riforme strutturali, riforme finanziarie e, quindi, la ristrutturazione del debito. Questo ha fatto gridare al commissariamento, almeno nel caso della Grecia, e questo è il motivo dell’ostilità di molta parte della politica italiana, all’utilizzo dello strumento.
Ovviamente rimane da citare la parte politica con l’ECOFIN , il tavolo dei ministri delle finanze, e la Commissione Europea e il suo “ministro” economico. Su tutti, a definire orientamento e priorità siede il Consiglio Europeo, composto dai capi di Stato o di governo, con il Parlamento, eletto a suffragio universale, con competenza di bilancio e di vigilanza democratica. Bene. Andiamo a veder quali sono le proposte in campo. Il ventaglio delle ipotesi di intervento è certamente variegato, con diverse (anche opposte) visioni o sensibilità.
Servirà quindi un compromesso. I principali esponenti della politica e della economia europea hanno già fatto sentire la propria voce, così anche gli economisti e tutti gli addetti ai lavori. Ora si tratta di agire. Alcuni passi significativi sono già stati fatti: intanto l’impegno diretto della BCE a sostegno dei titoli nazionali, con una potenza di fuoco di 750/Mld. In secondo luogo, la decisione della Commissione di sospendere il Patto di Stabilità ed i suoi vincoli sulla spesa e sul deficit e di impostare un aiuto diretto al settore lavoro con il S.U.R.E (Support to mitigate unemployment risks in an emergency). Quest’ultimo prevede l’emissione di obbligazioni per 100/Mld garantite da 25 /Mld raccolti attraverso gli Stati, in proporzione al peso Pil. Il tasso sarà più basso della emissione nazionale, proprio per l’aiuto dei paesi forti. L’intervento è diretto a finanziare strumenti già esistenti a livello nazionale come la Cassa Integrazione italiana, la Kurzarbeit tedesca, alcuni sussidi alla disoccupazione.
Lo strumento è molto interessante e potrebbe far da battistrada ad altri meccanismi simili su specifici progetti di investimento (infrastrutture, sanità, istruzione ecc.). Cosa ci possiamo attendere nei prossimi giorni ? Il dibattito più acceso è quello relativo alla alternativa tra MES ed emissione di eurobond, cioè titoli di debito comune. Il ministro francese Le Maire ha proposto un fondo (durata 5-10 anni) con la possibilità di avere debito comune ma specifico e una tantum, al di fuori del bilancio (indebitamento temporaneo), ipotesi apprezzata sia dalla Lagarde che dalla tedesca Schnabel, membro del comitato esecutivo BCE. L’emittente potrebbe essere la BEI , lo stesso MES o i due istituti insieme , attraverso una Joint venture. Cioè se l’eurobond vero e proprio non ha tempi tecnici possibili (profili legislativi e normativi) potrebbe trovare una forma di applicazione parziale un rafforzamento delle possibilità di finanziamento della BEI (fino a 240/Mld con un ulteriore fondo di garanzia di 25/Mld coperto dagli Stati).
Altra ipotesi, poco probabile, è l’emissione di eurobond senza Germania e Olanda, con i paesi del sud più la Francia ad emettere unitariamente una lettera di garanzia alla BEI che a sua volta sottoscrive bond emessi a livello nazionale (es, Cassa Depositi e Prestiti). Il commissario Dombrovskis ci ricorda intanto che ci sono disponibili anche fondi strutturali non assegnati per circa 62/Mld, da mettere subito in movimento. Venendo al MES o fondo salva Stati il suo utilizzo trova l’ostilità italiana, per la condizionalità prevista.
Bisognerebbe ricordare comunque che la condizionalità , cioè la supervisione sull’estensione della spesa, è dovuta alla perdita di credibilità nostra negli ultimi decenni. E’ vero che viene fatto l’esempio del commissariamento greco, ma non viene ricordato che la Grecia aveva falsificato i conti !!! Perché , se il problema è reperire i fondi, un problema, e non di poco conto, sarà quello di come verranno spesi, con l’atavico limite della burocrazia, molto presente anche a Bruxelles. Comunque, se da un lato molti addetti ai lavori stanno facendo pressioni sulla Germania per accettare l’emissione di European Health Bonds (un esempio le firme di Monti, Boeri e Lucrezia Reichlin al documento dei Verdi tedeschi) dovremo sempre considerare che un progressivo passaggio ai bond europei innesterà un meccanismo per cui la Germania, indirettamente, assicurerà il debito italiano dal rischio default. Una gigantesca assunzione di oneri quindi.
Certo la Germania ha una storia di politiche deflazionistiche e tendenzialmente mercantiliste (con avanzi della bilancia dei pagamenti). Non la partner migliore per l’Italia come già sostenuto negli anni ’80 da Federico Caffè. Ma la sfida è proprio questa, trovare un equilibro in un graduale percorso di integrazione. Quindi sì al MES, sì all’intervento BEI , sì al SURE, sì allo sforamento nazionale del Patto di Stabilità. In quanto al “coronabond” cautela e rispetto. Per adesso una generale mutualizzazione del debito è improponibile.
Però il tentativo può essere quello di far accettare alla Germania una emissione specifica ed una tantum, extra bilancio. Draghi e Savona, i due economisti protagonisti a lungo del dibattito sull’euro, ci danno, invece, un contributo interessante per il cammino da fare dopo (obiettivi futuri) : Savona se da un punto di vista macroeconomico chiede di puntare al rilancio della produzione, degli scambi internazionali e di valutare un intervento di contenimento sulla massa, sproporzionata, di attività finanziarie a livello globale, dal lato europeo punta ad assegnare alla BCE pieni poteri sia sul cambio che sul debito dei paesi, azzerando lo spread e rimuovendo di conseguenza la condizionalità.
Draghi invece punta sui governi dei singoli paesi chiamandoli ad una maggiore decisione su politiche di bilancio espansive , trovando contemporaneamente più equilibrio tra politiche monetarie e quelle fiscali. Nello specifico di queste ore per l’ex presidente di BCE il tesoro italiano dovrebbe emettere 300/Mld di Btp a 30 anni . La BCE li comprerà . Sulla base di questa emissione dovrebbero essere date garanzie al 90% alle banche per altrettanti 300/Mld , pagando alle aziende tre /quattro mesi di fatturato. Sarebbe l’Elicottero monetario” europeo, basato su due elementi: 1) spesa pubblica in disavanzo, con trasferimento unilaterale dallo Stato alle imprese; 2) finanziamento monetario di questa spesa da parte di BCE. Il rischio sarà la riduzione del valore della moneta (es. anni ’70), ma potrebbe essere un rischio calcolato.
Certo se l’opinione pubblica italiana e i politici stessi , continuano sull’argomento “Europa cattiva” non ne usciamo. E’ il provincialismo italico. Cos’ è l’Europa? Chi è l’Europa ? Siamo anche noi , considerando che alcuni dei ruoli più importanti a livello comunitario sono stati (o sono) occupati da italiani: Draghi alla BCE, Gentiloni commissario economico, Marco Buti dal 2008 direttore generale per gli affari economici presso la Commissione, Andrea Enria dal 2018 presidente del consiglio di sorveglianza BCE, i due presidenti del parlamento (prima Tajani oggi Sassoli) ecc
. L’Europa in realtà non è cattiva ma soltanto depositaria di un brutto vizio: quello degli egoismi di parte, antichi. Ora potrebbe però essere arrivato un momento favorevole e decisivo. Serve l’unione fiscale, serve una democrazia compiuta con decisioni a maggioranza, serve un nuovo protagonismo su scala mondiale. Perchè una cosa è certa, la nuova globalizzazione che si apre in queste settimane muterà i suoi caratteri. Non più un unico mondo, ma un mondo con tre aree economiche indipendenti, seppur dialoganti. Regneranno gli accordi bilaterali più che quelli multilaterali ma una nuova Bretton Woods sarà comunque necessaria, non più Usa dipendente come nel 1946 ma a tre gambe (Usa, Cina, Europa). Per l’Europa serviranno: un proprio linguaggio informatico e digitale, agenzie di rating continentali, servizi di telecomunicazione indipendenti e sicure, un nuovo approccio nelle relazioni con le grandi multinazionali, con organismi come FMI e WTO. I limiti di una costruzione inter-governativa andranno definitivamente superati per avere decisioni rapide e compatte. Quando I nodi vengono al pettine …
Francesco Poggi