Wim van Dijk, uno psicologo olandese, ha rivelato a un giornale di aver somministrato “polvere suicida” a più di 100 persone. La dichiarazione, ha spiegato, l’ha pensata al fine di provocare un dibattito sulle leggi olandesi che hanno introdotto la cosiddetta “morte assistita”.

Van Dijk , che ha 78 anni, e che è membro della Coöperatie Laatste Wil, impegnata ad offrire consulenza alle persone che desiderano porre fine alla propria vita, si è detto affatto preoccupato di poter essere incarcerato e, quindi, consapevole delle conseguenze delle proprie gesta: “Voglio – ha dichiarato- che i disordini sociali diventino così grandi che la magistratura non possa più ignorarli. Non mi interessa davvero se mi arrestano o mi mettono in prigione. Voglio che succeda qualcosa”.

Qualche mese fa, la polizia olandese ha arrestato un uomo di Eindhoven accusato della vendita di “pillole per il suicidio” a centinaia di persone. Secondo le accuse, almeno sei persone sono morte a causa del prodotto fornito dall’uomo, anch’egli un membro della stessa cooperativa cui appartiene il van Dijk.

Secondo la legge dei Paesi Bassi le persone possono essere assistite a morire solamente da un medico e in risposta a una “richiesta volontaria e ben ponderata”,  al fine di evitare “sofferenze insopportabili per le quali non vi è alcuna prospettiva di miglioramento o rimedio alternativo”.

A van Dijk, che pare sia diventato un convinto sostenitore della libera eutanasia dopo aver perso la moglie ammalata di demenza senile, evidentemente non basta e, così, ha scelto di diventare un seriale procacciatore di morte. Confermando il fatto che con la libertà di eutanasia, la quale diventa così ben altro che alternativa all’accanimento terapeutico, finiamo per esaltare un’idea della vita e della morte che non hanno più niente di umano, ma messi alla pari dei prodotti da supermercato.

 

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