Fenomeni piroplastici sono di nuovo sviluppati da quel magma sornione e silente che costituisce una larga parte della società italiana, tra cui spicca la consistente porzione che si dice cattolica.

In modo diretto o indiretto, noi ne abbiamo sempre dato paziente e dettagliato conto. Con nostre valutazioni e chiose, come con gli ultimi interventi del nostro Domenico Galbiati; oppure, ospitando altri contributi, in particolare, quelli di Nino Labate autore di considerazioni sempre disincantate, ma costruttive.

L’ultimo fenomeno cui ci riferiamo è quello denominato Rete civica e solidale. Da far risalire sostanzialmente a Demos – emanazione politica di Sant’Egidio – e presentata espressamente come collocata nel centrosinistra. I nomi di maggior spicco sono quelli di Paolo Ciani e di Marco Tarquinio, entrambi parlamentari eletti nelle liste Pd. Il primo a Roma, l’altro a Bruxelles.

Questa Rete si è posta così su di un piano di distinzione, se non di esplicito antagonismo, rispetto a quella cosiddetta di Trieste, nata a seguito dell’ultima Settimana sociale svoltasi, appunto, nel capoluogo friulano.

Alla nascita della Rete di Trieste hanno dato un impulso particolare sia Francesco Russo, Vicepresidente del Consiglio della Regione Friuli – in quota PD- sia, inizialmente, Paolo Ciani. E con il caloroso via libera da parte di alcuni autorevoli esponenti della Gerarchia ecclesiastica. Cosa che, sembra, abbia provocato malumori tra altri della stessa Gerarchia.

La Rete di Trieste si è presentata intenzionata a riunire soprattutto amministratori locali. Essi, per quanto collocati in partiti diversi, se non addirittura reciprocamente ostili, pensavano, negli ambiti delle proprie responsabilità, di sviluppare su alcuni temi un’azione il più possibile comune. Poi, per l’esiguita’ dei primi numeri- si parlò inizialmente di qualche centinaio di consiglieri comunali coinvolti a fronte delle migliaia e migliaia di tutta Italia – si è allargata l’adesione in maniera molto più lasca. Ma ciò non ha aiutato a superare tanti punti interrogativi su strategie e prospettive e sulla partenza con una tale pluralità di opinioni. Al punto tale che, oggettivamente, si è costretti a rimanere nel cosiddetto “pre – politico”. Puo’ essere questo uno dei motivi per cui oggi abbiamo la proposta di due reti?

Teniamo bene a mente, invece, che gli ideatori della Rete di Trieste hanno sempre precisato che non si trattava di muoversi nel cosiddetto “pre – politico”, ma che neppure si poteva parlare di un nuovo partito vero e proprio. I futuri passi, a partire dalla creazione di comitati provinciali, avrebbero meglio definito sostanza e prospettive di una tale iniziativa che, però, agli occhi di molti, non sembra in grado di superare la pietra d’inciampo costituita dal fatto che si siano messi in cammino voci inserite in partiti tanto diversi e che nei quali sembrano, comunque, intenzionate a restare.

Anche la Rete Civica e Solidale precisa di non volersi presentare come un nuovo partito. Bensì come un diverso modo di fare politica all’interno del centrosinistra. Quasi offrendosi quale spiaggia di approdo a quanti partecipano ad un certo sommovimento in atto nel PD. Tra quanti sono molto tiepidi dopo l’elezione alla Segreteria di Elly Schlein e, in ogni caso, in difficoltà già prima che questo accadesse. Segnali venuti non solo da Pierluigi Castagnetti o Graziano Delrio, dipinti come nel pieno di una forte fase critica verso la Segretaria.  La sofferenza sembra interessare, in effetti, anche altri personaggi come Dario Franceschini e Goffredo Bettini.

Siccome le cose hanno sempre una logica, e siccome a Paolo Ciani e a Marco Tarquinio non possono certamente essere attribuite volontà divisive pretestuose, c’è da chiedersi, dunque, quanto sulla dissociazione dalla Rete di Trieste possa aver pesato ciò che accade nel PD.

E qui si giunge al caso di Ernesto Maria Ruffini, lanciato qualche mese con l’immagine del “Federatore”. In questo termine c’è chi ha voluto vedere una missione che avrebbe potuto riguardare l’intero centrosinistra. E c’è chi, invece, pensava, e pensa possibile, che si debba lavorare più a un’opera di ricomposizione di un’area distinta da quella dei democratici. Non a caso, circola il paragone con l’esperienza che fu vincente con la cosiddetta Margherita il cui “padre” fu Lorenzo Dellai.

Di certo sappiamo che Elly Schlein non ha gradito l’iniziativa di Ruffini. Così, come sembra non gradirne altre. In particolare, quelle che maggiormente pongono la questione di una sorta di  presenza autonoma e distinta segnalando l’esistenza di un disagio che esiste che Elly Schlein non sa – o non vuole– intercettare.

La scelta del centrosinistra da parte di Rete Civica e Solidale sembra risolvere un po’ quella che potremmo definire una sorta di lunga “crisi di coscienza”. Emersa tempo fa quando molto mondo cattolico, schierato tendenzialmente nei pressi del PD, se non addirittura tra i democratici, cominciò ad interrogarsi sull’opportunita’ di una tale scelta.

Erano i tempi in cui il cardinale Bassetti, da Presidente della CEI, parlava dei “cattolici della morale”, tutti a destra, e quelli “del sociale”, ovviamente, schierati con il centrosinistra. Ed erano i tempi in cui nacquero, prima, Politica Insieme, e poi, INSIEME con l’obiettivo di superare una tale dicotomia senza certo regredire nell’astorica idea di dare vita ad un “partito cattolico” o “dei cattolici”. Bensì offrendo una proposta di autonomia giustificata dall’intenzione di porre all’attenzione della intera società, e quindi con un’impronta pienamente laica, i quattro pilastri del Pensiero sociale della Chiesa: solidarietà, sussidiarietà, rispetto della Vita, intesa nella sua interezza e complessità, e Giustizia sociale. E da ciò sono discesi il senso e i contenuti di una presenza che dura oramai da circa sette anni.

Abbiamo sempre chiarito che il concetto di autonomia  non dev’essere inteso come una sorta di “splendido” isolamento. Bensì, come premessa indispensabile per la creazione di un’alternativa sia alla destra, sia alla sinistra. È in connessione con un’altrettanto forte adesione allo spirito della coalizione di degasperiana memoria. In modo tale che la propria specificità emerga, persino esaltata, laddove maturassero le condizioni di dare vita, assieme ad altri, ovviamente, ad un’area centrale di trasformazione.

L’obiettivo è di costruire quello che per primi abbiamo definito un “baricentro”:  sociale e politico, in grado di condizionare, e non di farsi condizionare, dalle forze centrifughe che oggi determinano gli obiettivi e gli sviluppi di entrambi i due campi contrapposti in una competizione estrema. Come sono quello della destra meloniana, e della sua maggioranza, e il PD che non ha invertito la tendenza a divenire un  “partito radicale di massa”. (Segue).

Giancarlo Infante 

 

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