Rassegnarsi alla inevitabilità della guerra?
Gli analisti delle relazioni internazionali, come anche tanti sinceri pacifisti, sono sempre più angosciati, se non sopraffatti, da un diffuso senso di impotenza di fronte a ciò che sta succedendo. Di fronte alle crescenti difficoltà persino a sospendere le guerre in corso per piccole tregue, di fronte a una violenza bellica che non conosce più limiti. Sembrano tutti disposti a denunciare ma anche ad accettare una inedita fine della pace o una “ eutanasia-magari assistita- della pace”.
Nelle relazioni internazionali, come Gaza mostra perfettamente, “sono saltate” in effetti oltre alle istituzioni internazionali, anche tutte le regole del Diritto internazionale e le diplomazie paiono non poter costruire più progetti per uscire da un groviglio inestricabile. Al punto persino di affidarsi alle “trovate” estemporanee di Trump. Al tempo stesso, uno spudorato gangsterismo politico, che agisce col ricatto della forza, “sanziona” addirittura le istituzioni internazionali- è il caso di Francesca Albanese e della Corte Penale Internazionale de L’ Aja- utilizza i “dazi” non come strumento per equilibrare gli scambi o per regolare il commercio, il commercio che dovrebbe avvicinare uomini e popoli, ma li utilizza come arma per colpire chiunque possa danneggiare o ostacolare l’ “Impero” ed i suoi interessi assoluti.
Arriva così al parossismo l’egocentrismo degli Stati che si esprime nella cosiddetta weaponisation, vale a dire nella “bellicizzazione” di tutte le relazioni sociali internazionali. E ci abituiamo ad accettare l’idea di un conflitto globale, generalizzato ed ubiquitario, armato, ma anche non armato, come mostrano le “sanzioni” come arma di guerra. La guerra è tornata ad essere il padre di tutte le cose. In questo contesto, leader politici senza pudore trasformano tranquillamente, nelle relazioni tra popoli, il delitto in diritto, persino con disinvoltura, compiono atti di guerra preventivi senza dichiarare mai guerra. Del resto perché “dichiararla” se essa è già “chiara ed evidente” nella realtà delle cose?
Un quadro oltre che agghiacciante, anche scoraggiante e disperante, a prima vista. Certamente lo sarebbe, se queste aberrazioni nascessero da una sorta di incursione nel nostro mondo “pacifico” di un Male assoluto, che irrompesse all’improvviso, provenendo da un “altrove” ignoto e remoto, come una sorta di Covid- oppure da un “impero del Male” ben localizzato in aree precise, pur se mutanti nel tempo, ieri in Afghanistan, oggi in Russia, domani in Iran o chissà . Come i media mainstream vanno ossessivamente predicando.
In realtà, questa “follia” ha una sua logica, una sua genealogia, dei suoi punti di forza- e di debolezza- e soprattutto ha delle cause “interne”, che giornalisti, mass media e opinion leader senza cultura storica e senza pensiero umanistico spesso neppure conoscono.
E’ vero, l’ Occidente è lacerato e in frantumi, diviso anche sull’immagine di sé, rassegnato ad un futuro di guerre ibride e globali. Ma, come ha magistralmente scritto Schiavone “ il colpo non viene dalle armi o dalle idee di un avversario che lo fronteggi contendendogli il primato. Viene dall’interno , nasce dalle contraddizioni che non vediamo – o che vogliamo a tutti i costi dimenticare- del nostro passato, in America come in Europa. La minaccia si sta manifestando sotto l’aspetto di una caotica sconnessione politica e sociale che esplode nei singoli paesi come nelle relazioni fra gli stati; e soprattutto nel rapporto dell’ America con il resto dell’ Occidente” ( Aldo Schiavone, Occidente senza pensiero, Il Mulino, Bologna, 2025, p. 10).
Il “cambiamento di epoca” che non vediamo, il potere senza il sapere
E’ in questa situazione decisamente caotica- una “sconnessione” totale ! – che compaiono eventi che ci spalancano gli occhi su un abisso. In realtà quell’abisso c’è, solo perché non siamo all’altezza dei tempi. Non ne cerchiamo più neppure i segni, affidati alla logica extratemporale della tecnologia, dei numeri e dell’ AI.
Non riusciamo a vedere il “cambiamento d’epoca” di cui tanto spesso aveva parlato Papa Francesco. Per questo siamo totalmente smarriti. Il circuito delle nostre conoscenze si è bloccato ed il fossato tra le nostre capacità tecniche e le nostre capacità di pensiero si è allargato a dismisura. Il pensiero non riesce più a “umanizzare” la realtà.
Già da tempo avremmo dovuto però vedere il problema. Nessuna generazione prima di quella attuale ha avuto la possibilità di vivere una realtà in cui, per dirla con Hans Jonas, “ il massimo di potere si unisce al massimo di vuoto, il massimo di capacità al minimo di sapere attorno agli scopi” ( Hans Jonas Il principio responsabilità, Einaudi, 1993, p. 21). Il massimo del potere senza il minimo della conoscenza! Non più: SAPERE E POTERE, ma il POTERE E’ IL VERO SAPERE. Un potere immenso e assolutamente sproporzionato nelle mani dell’ “occhialuto uomo che inventa gli ordigni fuori del suo corpo” per riprendere le parole finali de La coscienza di Zeno, con l’immagine della autodistruzione dell’ umanità.
Gaza (ma anche la guerra di Putin contro l’ Ucraina in una certa misura) ci mostra senza mediazioni la “catastrofe” della modernità che si alimenta da questo squilibrio pauroso tra potere e sapere, tra potere e responsabilità. Ma da dove nasce appunto questo squilibrio? (Segue)
Umberto Baldocchi