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La doppia “scriminante” e le contraddizioni della menzogna
Addirittura però alla scriminante della menzogna, cioè della realtà fabbricata o manipolata, il “male” onnipotente da eliminare – la menzogna che è base dell’idea di una “guerra necessaria”- , si aggiunge, nel caso di Gaza, anche l’elemento aggiuntivo della rimozione, della colpevolizzazione e della censura del pensiero libero e critico, cui è interdetto, in via pregiudiziale e preconcetta, ogni ipotesi di uso del termine “genocidio”.
E’ l’abisso che oggi si sta aprendo ai nostri occhi e che a lungo era stato a lungo nascosto , l’abisso che possiamo discernere quando ritroviamo il senso delle parole che qualificano le immagini e ci consentono di leggerne il senso ( le immagini da sole non bastano).
E’ ciò che succede quando cessa la censura del termine “genocidio” riferito a Gaza, quando possiamo farlo, grazie alla Corte Internazionale di Giustizia dell’ Aja che “per la prima volta ha spezzato il nesso fra l’unicità della Shoah e l’eccezionalismo di Israele, quale finora si era manifestato come scudo contro l’imputabilità di tutte le violazioni legate all’occupazione dei territori palestinesi, e come immunità e impunità rispetto alle norme del diritto internazionale” ( R. De Monticelli, Umanità ecc. p. 35).
Tutto questo coi consente finalmente di “vedere” il reale. Stiamo scoprendo così la “grande menzogna” per cui la guerra anche quando è un massacro sia ancora, pur detto questo con qualche cautela, l’unica strada per risolvere i problemi.
I nuovi “volenterosi propagandisti” ci invitano a prepararci all’uso della forza per combattere un nemico inafferrabile e minaccioso, quasi onnipotente, ed oscuro, la “bestia che viene dal mare”, il Leviathan biblico, che può prendere i volti del terrorismo, dell’autocrazia, del nuovo nazismo, di ciò che rappresenta un male che abbiamo sperimentato e che si sta riproponendo. Spariscono dalla nostra vista i popoli, le persone, , la realtà dei problemi, le sofferenze reali ( da nascondere finché possibile) resta l’idolo del male incarnato, cui va offerto il tributo di sangue necessario.
E se il male assoluto si annida persino tra i martoriati di Gaza, per eliminarlo non dobbiamo pensare ai danni collaterali. Il bene della pace si può costruire solo a partire dalla neutralizzazione del male, a partire dunque dalla deterrenza che vede sempre e soltanto nella “controparte” solo una volontà di potenza che va comunque domata e distrutta laddove appare.
La priorità ontologica del bene : una pia illusione o un realismo non conformista?
Questo ritorno dell’idea arcaica della guerra si inserisce in un cambiamento epocale. E’ la crisi della modernità degli ultimi secoli che ricorda forse il tracollo dell’ Impero Romano, i tracollo del mondo imperiale romano distrutto e lacerato dalle sue interne contraddizioni, dai suoi liniti esistenziali. E’ il tracollo che fu analizzato nel suo esplodere da un pensatore, non certo un ottimista di natura, come Sant’ Agostino, colui che prima di altri comprese il senso politico universale del cambiamento d’epoca dal Cristianesimo e dal crollo dell’ Impero, anche nei suoi risvolti politici.
Agostino affermò, contro tutto ciò che aveva pensato l’antichità precristiana, la priorità ontologica del bene ( che per lui coincideva con la bellezza o armonia profonda dell’essere ). Si tratta esattamente della priorità oggi rovesciata dalla mentalità corrente nelle elites politiche europee, nel potere trumpiano, e nella grande finanza, in tutti coloro che accettano la guerra come una nuova e sgradevole cifra delle relazioni tra i popoli (la weaponisation o, “bellicizazione” di tutte le relazioni umane) magari in polemica col superficiale ottimismo roussoviano del buon selvaggio o con un pacifismo ritenuto arrendevole e rinunciatario.
Agostino enunciò il nuovo fondamento ontologico alla base delle relazioni tra gli Stati e tra i popoli e dunque tra gli esseri umani, anzi tra l’essere umano e se stesso.
L’uomo non può costruire la sua città, la città dell’uomo, che pure non sarà mai la “Città di Dio”, se non a partire dall’idea di bene che deve presiedere alla sua costruzione. Agostino sviluppa ciò che è contenuto nel Salmo 127.” Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori. Se il Signore non custodisce la città, invano veglia il Custode”. Senza Dio, o senza una idea di bene, non si può costruire adeguatamente una comunità, che sia una famiglia o uno Stato,. una Chiesa nulla cambia .
Il male è una per-versione del bene priva di autonoma consistenza ontologica, è assenza o deterioramento del bene. Ma è solo Il bene, un bene comune, ad essere il fondamento vero delle costruzioni sociali realizzate dall’uomo. Ovviamente ciò è legato a una fede religiosa , ma anche in mancanza di essa, è su questa base che si è storicamente costruita una polis, una comunità umana, per quanto incompleta o imperfetta. Parecchi passi di Agostino lo spiegano in dettaglio la natura derivata e secondaria del male morale ( vizio) che è soltanto una per-versione del bene ( o bellezza o armonia) e che può esistere solo perché esiste il bene sul quale esso si modella, in modalità rovesciate e per-vertite. Agostino ragiona sulle tentazioni cui è sottoposta la natura umana e mostra come ognuna di esse sia costruita sul rovesciamento di un ordine morale che è costitutivo della persona umana, sulla base del celebre racconto delle tre tentazioni i Gesù in Matteo IV, 3-10.
Ogni tentazione si configura come una rinuncia all’essere per prospettare come sostitutivo quella dell’avere, inteso nei fatti come rinuncia al bene profondo, una rinuncia che conduce ad inseguire e servire un idolo autoprodotto e fasullo e quindi conduce a realizzare una forma radicale di autoalienazione.
“ Che vi è mai dunque che non possa ricordare all’anima la primitiva bellezza perduta, se possono farlo anche i suoi stessi vizi? A tal punto infatti la Sapienza di Dio si estende con forza da un confine all’altro”, Agostino , De vera religione, XXXIX,72.
Questo male morale configura una sorta di raffinata e modernissima alienazione che si realizza attraverso una inversione dell’essere in direzione dell’avere e che non ha più a che fare con lo sfruttamento economico all’interno di una processo produttivo, ma con l’intimo rapporto della persona con se stesso.
Ora, se noi riduciamo a questa dimensione la persona, ogni persona, se l’ homo sapiens, vi è chi lo ha detto apertamente, è essenzialmente volontà di potenza , volontà di dominio, di competizione, di sopraffazione, di auto potenziamento, di totale empowerment, è quindi un “male” o comunque una pura pulsione che prescinde da ogni nozione di “bene”, l’ordine della società e delle relazioni si costruirà necessariamente non a partire da un bene, ma a partire dal controllo, dalla neutralizzazione di una potenziale aggressività, da un dominio esterno .
Il male per fermare il male cioè la guerra nelle sue varie modalità ha in questa visione la priorità ontologica. Solo il male può combattere il male e la salvezza non può stare nella COMMUNITAS ma nella IMMUNITAS, nella libertà e nella indipendenza che ci “libera” dall’altro, dai vincoli esterni, e ciò sia nel caso degli individui come delle entità statuali o sovrastatuali, che esistono per contrapporsi ad altro e solo per questo. Una Europa unita per competere e contrastare le altre potenze, per cos’altro altrimenti?
Costruire sul nulla o costruire sull’essere?
La guerra non è dunque più la continuazione della politica con altri mezzi, a differenza di ciò che riteneva Karl Von Klausewitz. Di quale politica potrebbe essere infatti continuazione la guerra di Gaza ? La guerra, che non è più legittimata da un fine, ma da una causa ( la necessità), è, piuttosto ora, la fine di ogni politica. Ed il rapporto politica-guerra è biunivoco: non solo la guerra produce la fine della politica, ma anche – oggi lo vediamo benissimo in Europa – è vero che la fine della politica causa l’inizio della guerra ( globale), è la vera e nuova radice della guerra nel XXI secolo. Non dimentichiamo che la guerra di Gaza è stata preceduta da una crisi epocale della democrazia israeliana e da un conflitto politico senza precedenti.
La grande politica europea da cui è nata l’UE, si è fondata sulla priorità ontologica del bene comune cioè sulla priorità dei fini umani concreti, che i padri fondatori seppero individuare. E quindi sulla priorità della pace, il primo dei fini umani. Tutte le tragedie europee e mondiali, nazionali e internazionali, dell’ultimo secolo derivano invece dalla priorità ontologica assegnata al male, anche alla lotta contro il “male” concentrato in un popolo o in uno Stato, o semplicemente assegnata anche a ciò che non è bene, a ciò che è solo tecnica , a ciò che è solo mezzo, o solo potere fine a se stesso. Il potere, che è solo un mezzo, inteso come fine in sé, è però semplicemente il nulla, di cui l’uomo finisce per essere lo schiavo inconsapevole, anche quando crede di usarlo come mezzo di empowerment, come si ama dire, di emancipazione e di progresso. L’evento di Gaza, il suo martiri, o sta mettendo a nudo l’essenza ripugnante e odiosa del potere che si vuole affermare apertamente “onnipotente” ma che è fondato sul nulla e che può sopravvivere nelle menti solo grazie alla menzogna ed alla rimozione. E’ qui la radice della debolezza e del fallimento prossimo venturo dell’idolo che siamo tenuti a rovesciare.
Umberto Baldocchi