L’ex onorevole Bocchino propone il conferimento del Nobel per l’economia per Giorgia Meloni. Per come vanno le cose in Italia.

Intanto una piccola premessa: il cosiddetto Premio Nobel per l’economia non è tra quelli pensati dal magnate svedese. Esiste dal 1969 un riconoscimento simile agli altri prestigiosi riconoscimenti Nobel, ma è assegnato solamente dalla Banca di Svezia. Ma si sa che tutto fa brodo per l’adulazione e la propaganda.

In ogni caso, Italo Bocchini fa riferimento alla sola gestione dei conti pubblici che costituiscono, sì, un elemento importante ma non ci dicono tutto né su quella che un tempo si sarebbe chiamata la “ricchezza della nazione” né, tanto meno, disegnano le condizioni dell’economia generale e quelle reali di imprese, famiglie e consumatori.

Ogni mese siamo costretti a contare la stagnazione se non, addirittura, il calo della produzione industriale. Fenomeno che sta accompagnando il Governo Meloni.

E che dire dell’inflazione? Soprattutto prr quel che fa registrare l’aumento dei prezzi al consumo. Che poi è quanto di più viene avvertito dalla pubblica opinione. Anche di più iniquo perché si tratta di qualcosa che pesa tutto sui ceti poveri e medi.

Gli ultimi dati Istat ci dicono che l’indice generale risente  dell’accelerazione dei prezzi dei beni alimentari (cresciuti da +3,5% a +4,2%) e di quelli dei servizi relativi ai trasporti (da +2,6% a +2,9%).

Nel mese di giugno la cosiddetta inflazione di fondo è cresciuta ancora, dal +1,9% al +2,1%, livello a cui è rimasta ferma quella dei beni energetici.

Ci sono dei picchi che riguardano i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona con una più spiccata accelerazione del +3,1%.

Come noto,  la pressione fiscale è in aumento. Per l’Istat, ha raggiunto il 37,3 nel primo trimestre del ’25 con un aumento dello 0,5  dovuto alla crescita delle entrate tributarie e contributive ( del +5,7%)  e alla crescita più contenuta del Pil (+2,9). Ovviamente,  l’aumento della pressione fiscale riguarda soprattutto i lavoratori dipendenti.
Secondo analisti indipendenti, in questo caso di Milano Finanza, la pressione fiscale in realtà avrebbe raggiunto quota 50,6%, con un aumento di 1,5 punti rispetto al quarto trimestre del 2023.
La differenza delle cifre si spiega con il fatto che l’Istituto di statistica considera la pressione fiscale in connessione con il PIL, mentre altri guardano la pressione considerando l’imposizione sulle basi imponibili dichiarate ed escludendo, così, dal PIL l’economia non  sommersa e illegale.
Ma altri dati non sono incoraggianti. Come quelli del reddito disponibile lordo delle famiglie consumatrici  diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente. Del potere d’acquisto sceso dello 0,6%. Della propensione al risparmio delle famiglie consumatrici diminuita anch’esso dello 0,6.
E si potrebbe continuare con il calo del tasso di investimento delle famiglie consumatrici, della flessione degli investimenti fissi  oltre che della già segnalata flessione del loro reddito.
Infine: si strombazza tanto l’aumento dell’occupazione senza entrare nei dettagli della qualità. E non rispondendo alla domanda del caso: ma perché questo aumento non fa crescere né il PIL e neppure i redditi delle famiglie?

Insomma, on Bocchino consigli la Presidente Meloni di tenersi lontana dalla… Banca di Svezia.

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