Nel 1968 Giorgio La Pira scrive al presidente dell’Istituto di Biologia Umana dell’Università di Tunisi:

«L’uomo mediterraneo – la civiltà mediterranea, la spiritualità e la cultura

mediterranea, che nel corso dei secoli si sono radicate lungo le sponde di questo grande lago di Tiberiade – ha ancora oggi (ed avrà ancora domani, nel corso dei secoli che verranno) una “funzione permanente” da svolgere per l’edificazione della storia nuova del mondo!

La “civiltà mediterranea” poggia – per così dire – su tre pietre fondamentali della Gerusalemme celeste: Gerusalemme (il senso della storia); quello di Atene, unitamente alla cultura araba (il metodo logico e scientifico; la bellezza e la contemplazione artistica); quello di Roma (l’organizzazione scientifica e tecnica – per tutte le genti – del diritto e della politica: Gaio).

Da esse “partono” e ad esse “costituiscono” tutte le altre città essenziali del Mediterraneo e dell’Europa (Costantinopoli, Cairo, Tunisi, Algeri, Fez, Madrid, Parigi, Firenze e tutte le altre) – hanno un messaggio permanente per la edificazione della storia nuova (prossima e lontana) e della civiltà nuova del mondo!»

Il Mediterraneo è -per Giorgio La Pira- il lago di Tiberiade: il luogo dove si poteva sviluppare una collaborazione pacifica fra i vari paesi, riscoprendo una risorsa comune: l’unità dell’intera famiglia di Abramo: ebrei, cristiani e musulmani.

Da questo humus erano nati alcuni anni prima I colloqui mediterranei.

Nel 1956 Maometto V aveva visitato Firenze, incontrando il sindaco, il quale restituì la visita nel mese di Luglio. Il re, mentre ammira Firenze dal piazzale Michelangelo dice a La Pira: “Chiami tutti i popoli mediterranei in questa città e li faccia unire e pacificare”. Ai primi di luglio del ’57 si reca in Marocco (come spesso accade nel prof., fa visita ai monasteri).

“Caro Amintore (Fanfani) -scrive Giorgio La Pira- il sigillo soprannaturale è stato costituito dalla mia visita a tre monasteri : alle clarisse di Casablanca, alle clarisse di Rabat, alle suore francescane missionarie di Maria di Marrakesh (visitai anche, ma da solo e senza farmi annunziare, il Carmelo di Tangeri; proprio per la festa della madonna del Carmelo, il 16 luglio).L’idea si rafforza nel natale del ’57, mentre era in pellegrinaggio in Palestina, ad Hebron, presso la tomba del patriarca Abramo, padre della triplice famiglia dei credenti: Israele, la Cristianità, l’Islam.

Il consiglio di Maometto V, unitamente a quel pellegrinaggio, i primi rapporti epistolari con Nasser nell’estate del 1956 (al quale espresse solidarietà dopo la crisi di Suez) e i contatti con esponenti del mondo arabo -con ogni probabilità- esercitarono un’influenza sul progetto di organizzare I colloqui mediterranei.

Mentre negli stessi anni l’Europa andava costruendo la sua nuova identità volgendosi al Nord e collocandosi, con destino subalterno, sul versante atlantico, il professore aveva capito che al di là del Mediterraneo nei paesi emergenti l’impulso rivoluzionario aveva una matrice religiosa e che bisognava tenere conto di questa realtà.

Per diventare un grande lago di Tiberiade il Mediterraneo avrebbe dovuto abolire tutte le radici conflittuali, da quelle economiche a quelle politiche.

Partendo dalla fede nel medesimo Dio: la componente teologale.

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IL PRIMO COLLOQUIO MEDITERRANEO

 

Il primo colloquio mediterraneo ( a Firenze, dal 3 al 6 ottobre 1958) è presieduto da Moulay El Hassan: principe ereditario del Marocco ed è aperto nella festa di San Francesco,(il santo cristiano, che, a Damietta, varcò inerme la linea di battaglia tra i crociati e i musulmani e si trattenne amichevolmente con il Sultano). Il tema che polarizzò la discussione fu il conflitto d’Algeria.

Per questo colloquio mediterraneo di Firenze, La Pira invitò oltre che gli arabi anche i rappresentanti dell’indipendenza algerina. Ancora non acquisita, per la verità, tanto che gli ospiti vennero forniti di passaporto  tunisino. Telefonò, allarmato, il questore. «Stanno arrivando i ribelli algerini con falsi passaporti e con le bombe!». «Stia tranquillo, li faccio sorvegliare dai vigili urbani in bicicletta».

Tra i partecipanti Louis Massignon ( il cattolico musulmano che si concentrò in modo speciale sul lessico mistico dell’Islam e fu autore di una celebre opera sul mistico musulmano persiano Mausir al- Hallaj  crocifisso nel 922, con modalità assai simili a quelle di Gesù): Massignon era  il testimone vivente dell’intesa tra le due famiglie religiose( la cristiana e la musulmana) , che, il 6 ottobre, si recherà alla Verna per ricordare il legame tra le Stimmate di Francesco e il destino dell’Islam.

Si parlò di Israele; dell’Egitto ….. .la delegazione  marocchina sottolineò le esperienze di convivenza, nel Magreb, tra ebrei, cristiani e islamici.

Dopo il colloquio di Firenze si svolsero gli incontri franco-algerini cui seguirono l’accordo di Evian del marzo 1962 e la fine della guerra in Algeria.

NEL SECONDO COLLOQUIO MEDITERRANEO (dall’1 al 5 ottobre 1960) . Come per il primo appuntamento, i temi centrali furono ancora una volta la questione algerina e il conflitto arabo-isrealiano. La Pira invitò il filosofo Martin Buber in una delle sessioni del congresso, inviandogli “una superba lettera, ancora inedita, dell’aprile 1958”. “Si può mettere in dubbio – scriveva La Pira in quella lettera resa nota da Dominique Bourel (direttore del centro di ricerche di Gerusalemme) – che il Mediterraneo costituisce il punto più caratteristico e più essenziale di questa ‘geografia della grazia e della civilizzazione’ e il centro di gravità passato, presente e futuro della storia dei popoli e delle nazioni? E’ sulle rive di questo mare, infatti che è stato proclamato il messaggio di Dio agli uomini; ed è su queste stesse rive che la grazia e la civilizzazione seguita a questa rivelazione divina hanno raggiunto le vette più elevate. Questa immensa ricchezza di valori divini e umani, della quale i popoli e le nazioni del Mediterraneo sono particolarmente provvisti, li obbliga ad assumere compiti e responsabilità universali”.

Nel 1960 La Pira va a Costantinopoli .Ha un colloquio con Anassaghora. L’obiettivo è quello di collaborare all’unione tra la Chiesa Ortodossa con la Chiesa Cattolica (sull’esempio del concilio del 1439, tenutesi a Firenze).

In una lettera a Giovanni XXIII- (1960) “Son tornato dal viaggio in Egitto: l’ultima tappa è stata Istanbul, la prima Damietta (S. Francesco). Ho parlato a Nasser dei problemi della Chiesa e delle nazioni; oltre che la pace delle nazioni nel Mediterraneo e nel mondo: ho parlato dell’unità delle nazioni arabe; della promozione sociale, politica, culturale dei popoli; convergenza delle tre culture mediterranee: cristiana, islamica e ebraica. Ho visto tutti i Patriarchi, tanto al Cairo (copti) che ad Alessandria (greci) che ad Istanbul. La conclusione? La barca di Dio è in pieno movimento”. Nel 1961 è al Cairo , accompagnato da Citterich, si reca dal primo ministro egiziano Nasser , che lo accoglie dicendogli “professore la Pira, benvenuto lei è l’amico dei tempi difficili. Lei ha impedito , nel 1956, insieme al professor Fanfani, che ci bombardassero da Occidente più di quel che hanno fatto..”

Poi La Pira (con Citterich) si reca ad Amman, col re Hussein di Giordania e, infine, a Gerusalemme, dal primo ministro israeliano Ben Gurion: ”Se fossi in lei (Ben Gurion)  inviterei Nasser a Gerusalemme, lo porterei a pregare nella moschea della Roccia. Poi  vi sedete attorno ad un tavolo, lei gli offre un caffè col qualche goccia di latte perché non sia nervoso, per parlare direttamente delle vostre questioni”.

Ben Gurion si mise a ridere sonoramente e gli rispose: “Se la proposta d’incontrare Nasser mi venisse da qualche altro direi di sì. Tanto la cosa sarebbe irrealizzabile e farei soltanto una buona figura. Ma lei, professore La Pira, è capace di portarmelo davvero, Nasser. E allora dico che la cosa è prematura. Però le assicuro che ci penserò”. Le cose sono maturate. A Gerusalemme andrà Sadat”. Anche qui per il professore è centrale la dimensione teologale: “Il Cairo- osservava La Pira-possiede il luogo ( c’è un santuario) ove Gesù, Giuseppe e Maria si rifugiarono per sfuggire alla persecuzione di Erode. I santuari più affollati del Cairo, meta dei musulmani sono tre: quella della Sacra Famiglia; quella di Fatima; quello di Santa Teresa del Bambino Gesù.  musulmani dicono della Madonna : Dio la ama e noi l’amiamo.

 

IL TERZO COLLOQUIO ( dal 19 al 25 maggio 1961): “Idea del Mediterraneo e Africa Nera” affronta le problematiche legate all’intero continente africano.

Per La Pira emergono con particolare drammaticità  “le due frontiere apocalittiche” : quella della distruzione e quella della definitiva inaugurazione della pace profetizzata da Isaia.

E’ l’anno della prima esplosione nucleare sovietica;  dei gravi fatti di Berlino, degli sconvolgimenti del Congo, della tragica morte di Dag Hammarskjöld. Sulla scorta dell’enciclica  Mater et Magistra, Il professore poneva l’accento sulla  conquista nucleare e spaziale, l’ ineluttabilità della pace, l’emergenza dei popoli nuovi di Asia e di Africa

L’unificazione in certo senso ineluttabile, economica, sociale ed anche politica del mondo. Sono gli anni della decolonizzazione.

Con Senghor tenta di aggregare l’emergenza dell’Africa al quadro della civiltà mediterranea; Senghor e La Pira sono convinti che dal nuovo corso cristiano l’Africa aspettava “il riconoscimento dei suoi valori di civiltà”( ad ascoltarlo c’era Mattei) ; che la rivoluzione africana ha per fondamento la liberazione dell’uomo, raggiungendo, così, una delle realizzazioni fondamentali dell’umanesimo mediterraneo.

“Bisogna davvero essere privi di intelligenza storica- affermò La Pira durante questo terzo Colloquio- e carichi di sordità e di cecità storica per non capire l’apporto essenziale che questi popoli sono destinati a fare a tutti i livelli della vita individuale e collettiva del mondo”

 

 

Il quarto Colloquio Mediterraneo si svolge dal 19 al 24 giugno 1964.

“Unità e uguaglianza della famiglia umana”: si occupò della liberazione dei popoli dell’Angola e del Mozambico, delle soluzioni politiche al conflitto arabo-israeliano, della liberazione del popolo spagnolo dal franchismo, dei negri del Sud Africa dall’oppressione razziale e, inoltre, del processo di integrale destalinizzazione dell’Unione Sovietica e degli altri Paesi a struttura socialista con l’eliminazione dell’antisemitismo e dell’ateismo di Stato.

Dal 4 al 7 Luglio 1964 si svolse in palazzo Vecchio la sessione fiorentina della Tavola Rotonda Est-Ovest, mirante al disarmo dei popoli, alla conversione delle armi in aratri e all’edificazione della pace fraterna fra tutte le genti; nell’ottobre 1964 La Pira si recò negli Stati Uniti e precisamente a Filadelfia (per il gemellaggio con Firenze) e a New York, in occasione dell’approvazione della legge sui diritti civili delle minoranze di colore.

Instancabile pellegrino di pace tra il Natale del 1967 il l’Epifania del 1968 vennero organizzati due viaggi : uno in Israele e uno in Egitto. Il professore parlò con Abba Eban, con la signora Meir e poi in Egitto con Fayck, con Okacha e molto lungamente con Nasser. Propose come elemento capace di capovolgere la situazione la riapertura del Canale di Suez.

Crede nel ruolo delle città come elemento unificante di tutte le nazioni arabe; città che aprono le porte dell’Oriente e dell’Occidente.

In Israele visita Gerusalemme (la città santa), il Carmelo (il monte del profeta Elia) e Nazareth (la città dell’Incarnazione; in Egitto: al Cairo, dove trovò rifugio la Sacra Famiglia; a Damietta, dove San Francesco al sultano portò il suo messaggio cristiano di pace al sultano.

Perché non iniziare dalla Terra Santa la nuova storia di pace, di unità e di civiltà dei popoli di tutta la terra? 400 mila megatoni capaci di far morire la terra la scelta apocalittica è inevitabile o la pace millenaria?.

Nel gennaio del 1968 scrive il professore “noi abbiamo trovato in tutti un desiderio sincero e vivo di pace: ciò che ci divide è soltanto il muro della diffidenza, bisogna abbattere questo muro: se questo muro cade, la pace è fatta! Ci vogliono atti che aprano le porte alla fiducia ed alla speranza! (Giorgio La Pira, Unità, disarmo e pace Cultura Firenze 1971, p.88)

A conclusione voglio riportare una riflessione sulla figura di Giorgio La Pira Durante il secondo colloquio, un giovane negro della Martinica Edouard Glissant osservava:

“una delle acquisizioni della civiltà mediterranea è infatti il concetto che generalizza i dati a partire dall’esperienza. Oltre che l’uomo del “concetto” profondamente assimilato, lei, prof. la Pira, è l’uomo mediterraneo che possiede l’innocenza e l’immediatezza, per cui la definirei simbolicamente un primitivo.

Il Mediterraneo e l’Africa hanno trovato forse l’anello mancante della catena”.

Per La Pira sulle sponde del Mar Mediterraneo –“ il lago di Tiberiade” –  si sarebbero pacificamente seduti i popoli che vi affacciavano: ebrei, mussulmani, cattolici.

Popoli ispirati da religioni antiche che aborrivano l’ateismo, nel segno misterioso della Provvidenza di Dio che guida i popoli e le nazioni e li fa gravitare misteriosamente ma effettivamente attorno a Lui.

Una lezione da riprendere e fare nostra. Il solo fermento di rinnovamento per la presente civiltà è “da ricercarsi nel mettere radici – affermava Senghor- nel più profondo della terra natia, nella sua eredità spirituale, ma anche sradicarsi e cioè aprirsi alla pioggia, al sole, ai fecondi apporti delle civiltà straniere”.

Nino Giordano

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