1-Il presidente Conte è professore di diritto privato nell’Università di Firenze. Sede dove insegnò Emilio Betti, uno dei massimi teorici europei dell’interpretazione giuridica e grande romanista. Betti fu maestro già a Messina di Giorgio La Pira che poi egli mise in cattedra come romanista a Firenze (dove lo fece venire a laurearsi). Suoi allievi anche Stefano Rodotà e Luigi Lombardi Vallauri. Quest’ultimo a sua volta, da filosofo del diritto, ha ulteriormente sviluppato la teoria dell’interpretazione. Mi sarei aspettato quindi che Conte, politico in formazione, ma giurista che insegna diritto in una sede che ha avuto tali Maestri (senza citare poi Calamandrei, Barile, Grossi) usasse nello scrivere e nell’illustrare il DPCM della cosiddetta “ripartenza”, una terminologia giuridica (e non solo) precisa, tecnica e non suscettibile di interpretazioni ambigue o dubbie.
Purtroppo sono stato ingenuo e imprudente. Invero il professor Conte nell’illustrare in conferenza stampa la possibilità di spostarsi da casa per incontrare i parenti ha usato il termine “familiari stretti”, ripreso da moltissima stampa, e ha firmato un testo di 70 pagine–che solo gli addetti ai lavori leggeranno- in cui si parla tecnicamente di “congiunti”. Chi sono costoro? E qui (come in molte altre situazioni del DPCM) nascono i problemi.
“Stretti familiari” da una rapida ricerca che ho fatto -se ho capisco bene- è quantomeno un termine del diritto comunitario europeo con valenza molto ampia, vaga, e che si riferisce a situazioni libera circolazione delle persone e poi anche a realtà finanziarie.
Nella giurisprudenza comunitaria trovo infatti un richiamo a una direttiva europea in tema di diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri :
-L’obiettivo dell’articolo 3, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2004/38, consiste, come risulta dal considerando 6 della medesima, nel «preservare l’unità della famiglia in senso più ampio», agevolando l’ingresso e il soggiorno delle persone non rientranti nella definizione di «familiare» di un cittadino dell’Unione contenuta all’articolo 2, punto 2, della suddetta direttiva, ma che tuttavia presentano vincoli familiari stretti e stabili con un cittadino dell’Unione in ragione di circostanze di fatto specifiche, quali una dipendenza economica, un’appartenenza al nucleo familiare o gravi motivi di salute (sentenza del 5 settembre 2012, Rahman e a., C‐83/11, EU:C:2012:519, punto 32).
Ma -dicevo- si parla anche di valenza finanziaria in considerazione di operazioni in conflitto di interessi:
tant’è che nella gazzetta ufficiale italiana del 16-1-2012 (recante nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche) a pag 112 si trova questa definizione relativa a parti correlate in una fattispecie particolare.
“stretti familiari”, i parenti fino al secondo grado e il coniuge o il convivente more-uxorio di una parte correlata, nonché i figli di quest’ultimo.
Peraltro dovrebbe essere noto a tutti che i gradi si contano calcolando le persone e togliendo lo stipite: tra padre e figlio c’è parentela di primo grado; tra fratelli c’è parentela di secondo grado (figlio, padre, figlio = 3; 3 – 1 = 2); tra nonno e nipote, parentela di secondo grado (nonno, padre, figlio = 3; 3 – 1 = 2); tra cugini parentela di quarto grado ..
Ciò detto, bene! Ma è tutto chiaro? Ma se ci fermano ad un controllo che dobbiamo fare e dire? E quale interpretazione darà il pubblico ufficiale? Avrà almeno sentito parlare del Betti, avrà letto il Vallauri, accetterà la nostra interpretazione? In caso contrario potrò citare come teste in giudizio il Conte per una interpretazione autentica? O la darà, inventando magari una nuova lettura, un sito ministeriale nella pagina delle risposte a domande frequenti?
2- Mi apprestavo a fare una ricerca anche sul termine “congiunti” quando ho letto un articolo su Formiche, del 27 aprile, di Alfonso Celotto, che prova a chiarire chi può considerarsi “congiunto” . Celotto, come me, è un giurista e quindi ha verificato codici e le leggi . Ne cito alcuni passaggi, perché come recita il Dpcm del 26 aprile “si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti”.
<< Il termine più tradizionale per avvocati e giudici è quello di “parenti”. Nozione puntualmente definita nel Codice civile, a partire dall’art. 74 secondo cui “la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo”. Con tutte le successive specifiche tra parentela in linea retta, in linea collaterale e il computo dei gradi di parentela. E anche sulla affinità cioè sul vincolo tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge (art. 78 cod. civ.). Ma il Dpcm parla di “congiunti” e non di “parenti”. Allora mi metto a cercare meglio. Nella banca dati normattiva.it, la vera bibbia delle leggi italiane, la parola “congiunti” ricorre 561 volte, negli ambiti e nei casi più vari.
Dall’art. 342-ter cod.civ., sugli ordini di protezione contro gli abusi familiari, da far valere anche per il “domicilio di altri prossimi congiunti”; all’art. 79 cod. proc. civ., per la richiesta di nomina di un curatore speciale per i “prossimi congiunti”; dall’art. 24, d.lgs. 196 del 2003, che comprende il “prossimo congiunto” tra i legittimati a prestare il consenso al trattamento dei dati personali, per salvaguardare la vita o l’incolumità di un soggetto, impossibilitato a consentire di persona; all’art. 6, del d.P.R. 655 del 1964, in tema di assegnazione di alloggi economici e popolari, ove si menzionano i “prossimi congiunti” tra i componenti il nucleo familiare. Ma sono tutte nozioni specifiche e di settore.
Poi trovo finalmente una definizione più ampia, nell’art. 307 del Codice penale. Qui, ai fini dell’esclusione dal reato di cospirazione o di banda armata (!) si precisa che “s’intendono per i prossimi congiunti gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole”.
Sono quasi soddisfatto della mia ricerca, specie se faccio finta di non leggere che questa definizione vale “ai fini della legge penale”, come precisa l’esordio dello stesso articolo.
La nozione di congiunti presa così è abbastanza ampia. Dal 4 maggio, potrei sicuramente andare a incontrare anche la mia vecchia zia che abita a Gaeta di fronte al mare (anche se non la incontro da qualche decennio). Ma arriva da me mio figlio: “Papà dalla mia fidanzata ci posso andare”?
La fidanzata non è compresa nella definizione codicistica, che prevede soltanto l’unione civile!
Devo fare una ricerca di giurisprudenza, per trovare che tra le vittime dell’illecito civile sono ricompresi anche i congiunti nel senso che, in presenza di un saldo e duraturo legame affettivo, si possa “prescindere dall’esistenza di rapporti di parentela o affinità giuridicamente rilevanti come tali”.
Consegno a mio figlio copia della sentenza della Corte di cassazione penale 10 novembre 2014 n° 46351, che ricomprende espressamente la fidanzata tra coloro che possono percepire il risarcimento del danno a seguito di incidente stradale. E mentre già vedo che sta doviziosamente compilando la autocertificazione che gli consentirà di andare a incontrare la fidanzata dal 4 maggio, non riesco a fare a meno di ricordargli: “Ma i tuoi amici nessuno pensa che possano mai essere tuoi congiunti, hai capito?!”.>>
Personalmente osservo come pare possibile che un vigile, un poliziotto o un carabiniere e noi stessi cittadini si sia in grado di capire questo DPCM, visto che non è chiaro e che non è in più parti tecnicamente definito in modo univoco? La mia solidarietà alle forze dell’ordine che con medici e infermieri sono tra i veri eroi di questa triste nostra situazione.
3- L’ho fatta lunga, ma appare chiaro il caos della nostra farraginosa realtà normativa e quindi del fardello burocratico sulle nostre spalle. E nulla si fa per rimediare, anzi…si complicano le cose! Per la precisione qui si pone un problema. La mancanza di tecnicalità e di linguaggi chiari, precisi, di interpretazione univoca. E’ il minimo sindacale che si chiede ai giuristi che dovrebbero essere professionali e non facitori di garbugli. Ora o delle due l’una: A): o non si sa cosa si dice; B) o si usa volutamente una terminologia che legittima l’arbitrio. Ciò perché si vuole forse esercitare-lo dico in generale a prescindere dal caso in esame- un potere che consenta eventuali abusi da parte degli enti politici e amministrativi (cui oggettivamente si deve anche il fatto che l’Italia sia quasi sempre negli ultimi posti nelle classifiche europee e dell’OCSE)? Taccio poi del fatto che con atti amministrativi sottratti al parlamento si stanno comprimendo libertà costituzionali, dalla libertà di circolazione a quella di culto.
Quale che sia la risposta al dilemma c’è veramente da preoccuparsi, perché stiamo parlando ad oggi di 26.000 morti e di una catastrofe economica. Ci sarà tempo per i rendiconti politici!
Carlo Parenti