Se c’è un primato che la Seconda Repubblica può rivendicare, purtroppo, è quello della confusione politica e della frammentazione istituzionale. Se nella Prima Repubblica i governi erano spesso frutto di equilibri fragili tra forze politiche diverse, almeno c’era una visione chiara della collocazione internazionale dell’Italia e una classe dirigente capace di gestire le grandi sfide del Paese. Oggi, invece, ci troviamo con un esecutivo spaccato su dossier cruciali, incapace di definire una linea coerente su questioni fondamentali come la politica estera e il ruolo dell’Italia in Europa e nel mondo.
Un governo diviso e senza visione
L’attuale maggioranza di destra-centro, guidata da Giorgia Meloni, sembra più un’aggregazione di interessi elettorali che un blocco coeso. Lacerato da contraddizioni interne, il governo fatica a esprimere una posizione univoca sulla politica internazionale. Da un lato, la presidente del Consiglio si professa atlantista ed europeista, ma nei fatti il suo governo oscilla tra i proclami filoputiniani di Matteo Salvini e le pressioni di una parte della destra che guarda con simpatia a Trump e alla sua visione isolazionista. Le ambiguità della Meloni sono evidenti: sulla guerra in Ucraina, l’Italia ufficialmente sostiene Kyiv, ma senza mai prendere un’iniziativa forte in Europa; sul disimpegno americano dalla NATO e sulla crescente guerra commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea, il governo non riesce a stabilire una strategia chiara, restando in balia degli eventi. Quanto potrà reggere una maggioranza in cui le forze che la compongono hanno idee così divergenti su temi essenziali per il futuro del Paese?
La crisi della politica: demagogia e populismo
Il declino della politica italiana non è solo un problema del governo in carica. È il frutto di un processo lungo, che ha visto la progressiva scomparsa di una classe dirigente con una visione di lungo periodo, sostituita da leader che inseguono gli umori della piazza e cavalcano il malcontento popolare senza offrire soluzioni concrete. Oggi, il dibattito politico è dominato da slogan e semplificazioni, mentre il concetto stesso di democrazia viene eroso da una crescente fascinazione per l’“uomo forte”, visto come soluzione ai problemi complessi della società. L’Italia rischia così di scivolare verso una pericolosa irrilevanza internazionale, cercando di sganciarsi dall’Europa per inseguire modelli autarchici e sovranisti che la condannerebbero all’isolamento.
Un’opposizione frammentata e inconcludente
Ma se il governo piange, l’opposizione non ride. Si contorce su se stessa e sbanda paurosamente. Anziché proporsi come un’alternativa credibile, le forze progressiste appaiono divise e incapaci di costruire una chiara proposta politica.Il Partito Democratico, guidato da Elly Schlein, oscilla tra una linea riformista e un’inclinazione radicale che allontana l’elettorato moderato. Giuseppe Conte, con il Movimento 5 Stelle, continua a giocare la carta del populismo, opponendosi a tutto senza mai offrire soluzioni praticabili. La sinistra radicale, invece, sembra più preoccupata di inseguire un pacifismo ideologico che di affrontare le sfide reali della sicurezza e della politica estera.
Questa frammentazione lascia il campo libero alla destra, che, pur con tutte le sue contraddizioni, continua a occupare la scena senza una vera opposizione in grado di metterne in discussione l’egemonia.
Quali soluzioni per uscire dalla crisi?
Se l’Italia vuole recuperare credibilità e autorevolezza, è necessario un profondo rinnovamento politico. Serve una classe dirigente capace di riportare il dibattito su un terreno serio e costruttivo, lontano dalle facili demagogie e dai personalismi. In un simile contesto, un ruolo chiave potrebbe essere svolto dai cattolici democratici e dai movimenti civici alternativi, che hanno la possibilità di ricostruire un’area politica fondata su valori europeisti, solidali e riformatori. Un progetto che non si limiti alla protesta, ma che sappia offrire una visione chiara dell’Italia nel contesto europeo e internazionale. Solo con una politica capace di guardare oltre il consenso immediato e di proporre soluzioni concrete si potrà evitare che il nostro Paese scivoli in un declino irreversibile. Il tempo per invertire la rotta c’è ancora, ma occorre agire prima che sia troppo tardi.
Michele Rutigliano