La Cina ha ovviamente reagito all’aumento dei dazi statunitensi sui suoi prodotti annunciato da Donald Trump. Non lo fa in maniera indiscriminata e neppure alzando oltre la voce. Bensì ha risposto con un proprio innalzamento delle tariffe mirato: al cuore dell’elettorato del Presidente americano.
Nel mirino di Pechino, infatti, è finito tutto il comparto agricolo ed alimentare statunitense. Quello che, grosso modo, coincide con un serbatoio elettorale per i repubblicani del 78% delle contee dipendenti dall’agricoltura negli Stati Uniti. Là dove è stato determinante il voto per far pendere la bilancia dalla parte dei nuovo Presidente a danno dei democratici.
Secondo gli analisti si tratterebbe anche un modo per verificare di giungere ad un negoziato che liniti i reciproci danni provocati dalla guerra delle tariffe. L’annuncio delle misure adottate dai cinesi è stato accompagnato da una dichiarazione del portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Lin Jian: “Consigliamo agli Stati Uniti di mettere da parte la loro faccia da bulli e tornare sulla strada giusta del dialogo e della cooperazione prima che sia troppo tardi”.
I dazi cinesi colpiranno in particolare la produzione alimentare statunitense dei polli, suini e manzi oltre che quella della soia e non si tratta di notizie piacevoli per gli americani che già seguono con terrore il balzo dei prezzi che sta verificandosi per prodotti di largo consumo quotidiano come sono, ad esempio, le uova. D’altro canto, una serie di specialisti di commercio internazionale sostengono che, al contrario, i cinesi risentiranno molto meno della guerra commerciale in corso perché nel mondo ci sono ampie scorte di prodotti come il mais e la soia cui è possibile attingere in alternativa ai prodotti statunitensi.