Mentre si attaccano le decisioni della Corte Costituzionale tedesca ci si dimentica dei 300 miliardi dati alle banche italiane per concedere credito. Come al solito, temo che mi ritroverò da solo a difendere le cifre. Poco male. Anzi, comincia a darmi soddisfazione questo ruolo di “traditore della patria” e agente provocatore di Berlino che qualcuno mi cuce addosso. E sapete perché? Perché per quanto le mie considerazioni e i miei giudizi possano risultare sgradevoli all’orecchio ormai sordo di un populismo nazionalista che sta contagiando l’intero arco costituzionale
(e non solo), dalla loro parte ci sono sempre numeri e percentuali, oltre a un sacco di grafici a conforto. Insomma, fatti.

Altrove, invece, tantissime parole ben espresse e che fanno gonfiare il petto di italico orgoglio ma poca “ciccia”. Sintomo che, forse, c’è un po’ di coda di paglia. Ad esempio, avete notato nelle rassegne stampa della notte fra martedì e mercoledì come due quotidiani totalmente antitetici fra loro come La Verità e Il Manifesto avessero due titoli e dei contenuti pressoché sovrapponibili, ovviamente di condanna totale della sentenza emanata dalla Corte costituzionale di Karlsruhe? Già questo, a mio avviso, dice molto. Ma davvero i giudici tedeschi hanno piazzato una bomba a orologeria sotto la tenuta stessa dell’eurozona e dell’euro? Vediamo qualche fatto.

La Corte di Karlsruhe ha gettato la palla in tribuna, come un terzinaccio efficace ma dai modi spicci e poco eleganti. Insomma, un Gambaro e non un Maldini. Certo, ha evidenziato anomalie nel Pepp e chiesto che la Bce ne risponda, ma offrendo tre mesi di tempo, durante i quali proseguirà l’attuale operatività. Di fatto, un segnale. Ovvero, i bassi volumi estivi non si tradurranno in potenziali imboscate contro il debito italiano, stile 2011, almeno fino al 5 agosto. Ma dopo, nel pieno dell’estate post-lockdown, come prezzerà il mercato un’eventuale impasse fra Karlsruhe e
Francoforte? Diabolici teutonici, tutto fatto in casa! C’è un problema, però.

Quella sentenza era prevista per marzo, poi rimandata ufficialmente causa Covid-19 e conseguente lockdown. Se i tedeschi avessero voluto far saltare il banco la avrebbero emanata identica all’epoca, con tutte le precauzioni usate anche ieri in aula e fuori e, di fatto, piazzato un sasso sulla rotaia che stava portando la Bce verso il varo quantomeno
emergenziale e a tappe del Pepp Così facendo, invece, hanno comunque permesso alla Banca centrale europea di dar vita a un bazooka da 750 miliardi di euro e, di fatto, di schermare i debiti più sensibili, come il nostro. Strano modo di far saltare l’euro e l’eurozona, non vi pare? Eh già, perché chi massacra la Corte di Karlsruhe, omette sempre qualche particolare.

Lunedì nel tardo pomeriggio, come sempre e prima della sentenza dello scandalo, la stessa Bce ha reso noti i dati relativi agli acquisti della settimana precedente in seno al programma Pepp. Su un totale di 118,8 miliardi di controvalore dall’inizio del nuovo schema designato per contrastare il fall-out economico della pandemia, gli acquisti di Btp ammontano a 46 miliardi. La deviazione al principio di capital key a favore del nostro debito appare sempre più marcata, così come il pericoloso avvicinamento alla quota del 33% per emittente (limite attualmente sospeso, ma, proprio per questo, a rischio di ulteriore rilievo di costituzionalità).

Una cosa è certa: se anche la Corte tedesca avesse dato luce verde all’Eurotower, difficilmente una dinamica simile sarà prorogabile a oltranza. E la conferma, indiretta, arriva dall’annuncio dato sempre lunedì dalla stessa Bce: d’ora in poi non verranno più forniti i dati disaggregati pro quota degli acquisti operati dalle Banche centrali dei vari Paesi membri.  Direte voi, la Corte di Karlsruhe ha emesso la propria sentenza – almeno formalmente – sul Qe dell’era Draghi, non su quello in atto e varato da Christine Lagarde come risposta alla pandemia. Verissimo. Prendiamo per buona questa vulgata, totalmente ipocrita nei contenuti ma accettabile pro forma.

Cos’ha detto la Corte di Karlsruhe? Che il Qe è in sé legittimo, come sancito dall’Alta Corte europea il cui parere conta più di quello delle Corti nazionali, ma che è stato condotto in maniera sproporzionata. Cosa intendevano i togati tedeschi? Questo, ovvero il fatto che – nonostante a tutti faccia comodo dimenticarlo – il Qe di Mario Draghi aveva come mandato ufficiale non quello di comprimere artificialmente gli spread sovrani, bensì quello di stimolare
l’inflazione fino a una quota attorno ma non superiore al 2%.

Il grafico mostra come a fronte di acquisti per migliaia di miliardi in bonds, quel livello sia stato brevemente toccato solo attorno al 2017, per poi essere sempre andato scemando. Nonostante, fino al falso tapering dello scorso settembre, l’Eurotower abbia continuato a stampare e comprare. Non si è quindi sostanziato uno sforzo sproporzionato, rispetto al reale mandato originario del programma di Qe? Sfido chiunque a negarlo.

La Bce sta offrendo al nostro spread, un qualcosa che difficilmente potrà proseguire su questi controvalori fino alla fine dell’anno. E non tanto per il parziale “nein” giunto dalla Germania, se vogliamo declinare l’appunto sulla sproporzionalità anche in chiave attuale di operatività del Pepp, bensì perché quando la Fase 2 mostrerà tutta la sua durezza, Spagna, Grecia e Portogallo potrebbero chiedere un ritorno del nostro debito nell’ambito di acquisti pro quota del 17% e non più dell’attuale 32% del totale, nella più classica riedizione della guerra fra poveri che scatta quando l’acqua comincia a scarseggiare e si teme che non ci siano scialuppe di salvataggio per tutti. Ma lasciamo stare anche questa dinamica ed entriamo in quella che maggiormente mi interessa, meravigliosamente mostrata da questo grafico, sempre di produzione Bce, quindi più che autorevole e ufficiale.

Mostra plasticamente, disaggregato per Paese, il livello di controvalore di fondi cui le Banche europee hanno potuto accedere a tasso ultra agevolato nelle aste di finanziamento a lungo termine (Tltro) di febbraio e marzo, oltre alla stima di aprile in base alle domande già sottoposte e presentate. Come potete notare, aprile vede gli istituti di credito francesi recitare la parte del leone, visto che la liquidità che hanno incamerato in asta è cresciuta di 104 miliardi contro i 51 delle banche italiane, i 34 di quelle tedesche e i 33 di quelle spagnole.

Come vi dico da tempo, l’afflato di solidarietà verso il nostro Paese da parte di Emmanuel Macron in tema di Eurobond era soltanto strumentale a un grado di esposizione del sistema bancario francese a leverage e derivati
che comincia a preoccupare parecchio. Guardate però il quadro di insieme: a quale nazione fanno riferimento
le banche che hanno finora ottenuto più di tutte? Italia. E non una cifretta da poco, perché in tre mesi si parla di quasi 300 miliardi di euro. Tutti ottenuti, giova ribadirlo, a tassi ultra-bassi e condizioni ultra-favorevoli. Ovviamente, però, con un implicito mandato di utilizzo: garantire credito a famiglie e imprese in questo momento di
difficoltà senza precedenti. Sta accedendo, per caso? Vedete banche italiane offrire prestiti, linee di credito e fidi con il badile e senza condizionalità (parole che in questo Paese si declina solo in ambito del Mes per attaccare tedeschi e olandesi, mai rispetto a quanto imposto ai poveri cristi da altri soggetti tutti domestici e che comprano Btp per
tenersi buoni il Tesoro e il Governo di turno) a imprenditori disperati e famiglie in difficoltà? Non mi pare.

La querelle sui famosi 25mila euro, ormai, sta diventando una comica, se non ci fosse da piangere. Non a caso, il primo ministro Giuseppe Conte è arrivato al patetico livello di prostrazione di chiedere “un atto d’amore” alle banche italiane. Un atto d’amore, a fronte di 300 miliardi presi a costo zero in tre mesi dalla Bce? Ma stiamo scherzando? E i sabotatori dei destino dell’Italia sarebbero i giudici di Karlsruhe, la cui unica colpa è quella di tutelare gli interessi e il mandato della Bundesbank in conformità alla Costituzione del loro Paese? Ma scherziamo o siamo seri?

Che fine hanno fatto quei 300 miliardi, i quali – lo ripeto – sono stati messi a disposizione dall’Eurotower per evitare che grippasse il meccanismo di trasmissione del credito in piena fase di lockdown? Temo siano terminati, come al solito, nella messa in sicurezza di bilanci tutt’altro che brillanti come certificato e, quasi certamente, nell’acquisto di Btp, sfruttando l’operatività della Bce e operando quindi back-front. Chissà che, andando oltre al loro mandato, i giudici di Karlsruhe non abbiano voluto fare riferimento anche a queste vergognose distorsioni, parlando di non proporzionalità. Cosa dite, abbiamo – come sistema Italia – davvero tutte queste virtuose ragioni da opporre al presunto sabotaggio dell’eurozona posto in essere dai tedeschi? Davvero, guardandovi allo specchio (o, meglio, andando in banca a chiedere un prestito), vi sentite a posto con la coscienza “nazionale”, scaricando sul rigorismo teutonico le colpe che sono nostre, tutte nostre e unicamente nostre, debito pubblico fuori controllo e necessitante il polmone d’acciaio della Bce in testa?

Rifletteteci, quando vi avanza un minuto. Poi, se invece pensate che certe tesi monodirezionali e auto-assolutarie siano sacrosante e basate sulla realtà oggettiva e politica, datemi pure del traditore della Patria e dell’agente provocatore di Berlino. Appunterò quei giudizi sul petto come medaglie, perché chi ama il suo Paese ha come primo obbligo quello di ammettere le proprie colpe, non scaricarle di default sul nemico di turno per evitare sgradevoli redde rationem. E qui, purtroppo, lo Stato e le banche ne hanno a bizzeffe di colpe, roba da catalogo Alinari del malgoverno e della rendita di posizione. Guten tag.

Tratto da un intervento di Mauro Bottarelli pubblicato su Businnes Insider

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