L’Europa si trova oggi ad affrontare una fase di profonda instabilità globale. Uno scenario inedito dove la guerra economica è diventata la norma e dove il protezionismo si intreccia con la geopolitica. Su questi temi, Alberto Serravalle e Carlo Stagnaro hanno scritto un libro molto interessante: “Capitalismo di guerra” che fornisce una chiave di lettura efficace per comprendere come il conflitto non sia più solo militare, ma anche commerciale, tecnologico e valutario. In tale contesto, le grandi potenze agiscono in modo sempre più aggressivo per tutelare i propri interessi, con conseguenze dirette anche per i cittadini europei. Il protezionismo, un tempo considerato un’eccezione, è ora una strategia consolidata.
La recente reintroduzione dei dazi da parte dell’amministrazione Trump ha dato nuovo slancio alla competizione commerciale tra Stati Uniti, Cina ed Europa. Se nel passato i conflitti erano determinati da scontri armati, oggi sono i dazi, le restrizioni sulle esportazioni tecnologiche e le guerre valutarie a scrivere le nuove regole della politica internazionale. L’Europa, storicamente fautrice del libero commercio, deve ora adattarsi a una realtà in cui la reciprocità negli scambi non è più garantita. Le conseguenze di questo scenario non riguardano solo le grandi imprese o le istituzioni economiche, ma incidono direttamente sulla vita quotidiana dei cittadini. L’aumento dei dazi sulle importazioni porta a un incremento dei prezzi per molti beni di consumo, mentre le tensioni valutarie possono generare instabilità finanziaria, con effetti sui risparmi e sugli investimenti.
Gli sviluppi recenti negli Stati Uniti
A conferma del clima di tensione globale, proprio in questi giorni l’America è attraversata da proteste sempre più diffuse contro le politiche economiche dell’amministrazione Trump. La linea dura sui dazi e l’aggressività nei confronti di Cina, Europa e altri partner commerciali stanno generando disagio non solo tra i cittadini e le imprese, ma anche all’interno della stessa amministrazione. Secondo indiscrezioni della stampa, il Ministro del Tesoro, Scott Bessent starebbe valutando le dimissioni a causa del malcontento crescente e del suo forte dissenso nei confronti di Trump . Inoltre, la presenza e le pretese di Elon Musk, sempre più influente nel dibattito politico ed economico, sollevano interrogativi sull’equilibrio tra potere privato e scelte pubbliche. A soli tre mesi dall’insediamento, la nuova squadra di Trump mostra segnali di impreparazione e disorientamento, in particolare di fronte alle difficoltà dei negoziati con la Russia per una tregua in Ucraina che Trump aveva promesso dopo appena 48 ore dal suo insediamento.
Le nuove sfide che attendono l’Europa
In questo scenario, dobbiamo ammetterlo, l’Unione Europea si è distinta per una reazione ferma e coraggiosa. Di fronte a minacce e ritorsioni provenienti da quello che per decenni è stato considerato un alleato forte, fedele e autorevole, l’Europa ha mostrato unità e determinazione. Ma la sfida è appena iniziata. Rimanere dipendenti dalle decisioni economiche di Washington o di Pechino significa esporsi a continue instabilità. Il Green Deal, il piano europeo per la transizione ecologica, potrebbe rappresentare una leva per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e investire in un’economia più resiliente. Tuttavia, senza una politica industriale comune e senza una vera unione fiscale, il rischio è quello di subire le scelte altrui senza avere la forza di influenzarle. Per rispondere a queste sfide, l’Europa deve adottare un approccio più efficace. Una maggiore integrazione economica e finanziaria, la creazione di un fondo sovrano europeo per l’innovazione e una politica commerciale più assertiva sono elementi essenziali per garantire competitività e sicurezza. Inoltre, il rafforzamento della politica estera comune è cruciale per difendere gli interessi europei in uno scenario internazionale sempre più polarizzato.
Il mondo di oggi non è solo segnato dai conflitti armati, ma da un’economia globale frammentata e contesa tra le grandi potenze. L’Europa, per non restare schiacciata tra Stati Uniti e Cina, deve rafforzare la propria coesione e investire in una politica economica più autonoma e reattiva. La sfida è quella di adattarsi a un capitalismo sempre più orientato allo scontro, senza tradire i principi di apertura e democrazia che hanno fatto la forza del nostro Vecchio Continente.
Michele Rutigliano