La democrazia soffre oggi le doglie del parto e cerca faticosamente modalità di coinvolgimento, di partecipazione attiva e di concorso dialettico dei cittadini al discorso pubblico, che ne garantiscano la sopravvivenza o meglio la capacità di darsi nuove forme che reggano alla prova della complessa geometria dei poteri economici, finanziari, tecnico-scientifici e culturali che sfidano la politica, sovrastano il ruolo delle istituzioni democratiche e ne compromettono la funzione di garanzia della libertà e della giustizia.
Le democrazie sono, per molti aspetti, in debito d’ossigeno e, in ogni caso, la stessa partita che le oppone ai regimi autocratici, in effetti se la giocano anzitutto da sé, in casa loro, mettendo a tema i rispettivi ordinamenti istituzionali e le loro dinamiche politiche. Anche la ricomposizione dell’ area popolare di cui si va discutendo, incrocia necessariamente questo versante ed, anzi, è lì – e su pochi altri capisaldi dirimenti della sua possibile ed eventuale iniziativa politica – che ottiene o meno la legittimazione storica di cui ha bisogno, la pertinenza al momento che viviamo.
In altri termini, le differenti esperienze che tuttora rievocano la cultura politica del cattolicesimo democratico e popolare, sono in grado di avviare, fin d’ora, un’azione comune contro la prospettiva del presidenzialismo che la destra concepisce come sigillo dell’ egemonia politica che vorrebbe perseguire ? La democrazia oggi non è più solo il portato di ingegnerie istituzionali più o meno appropriate, né soltanto l’approdo felice di indirizzi politici generali, bensì pretende che vi sia un diffuso incremento di maturità civile, una consapevolezza del suo inalienabile valore che sia radicata nell’ interiorità dei cittadini, ne rappresenti il comune e condiviso abito mentale.
Non è in gioco una più o meno raffinata cultura politologica, ma la “persona”, secondo la vasta gamma delle sue attribuzioni, in quanto soggetto di relazioni che, nella loro pluralità multiforme, creano lo stroma del tessuto civile.
Per questo il “popolarismo” che della persona, del ruolo-cardine che le appartiene rappresenta la declinazione sul piano della cultura politica, è potenzialmente in grado di offrire la chiave di volta di un processo di ricostruzione della coesione sociale smarrita.
Oggi, del resto – come è già stato osservato in altra occasione – la composizione del conflitto, il luogo di una mediazione alta che sappia portare ad una sintesi dotata di senso, le mille disparate suggestioni da comporre nell’ orizzonte di un credibile interesse generale della collettività, non sta più solo nella dialettica dei corpi sociali, ma attraversa la coscienza individuale, personale dei cittadini, ciascuno interpellato ultimativamente nella propria singolarità.
La Persona, dunque; la libertà da assumere come dovere da compiere e non solo diritto da rivendicare; il rapporto, si potrebbe dire, ontologicamente necessario tra libertà e giustizia, cosicché la prima è di fatto delegittimata dalle diseguaglianze che offendono la seconda.
Se individuiamo qui il “baricentro” di una nuova possibile proposta che i “Popolari”, secondo la loro autonoma responsabilità, intendono rivolgere al nostro Paese, l’opposizione, fin d’ora, alla prospettiva presidenzialista, diventa un corollario obbligato e necessario.
Domenico Galbiati