Da qualche settimana circa 300 sindaci del Meridione stanno coordinandosi per sostenere la
proposta al Governo affinché il PNRR, nel suo impianto progettuale, tenga presente dello squilibrio
che il Meridione ha accumulato rispetto al resto d’Italia. L’idea, partita su iniziativa del Sindaco di
Acquaviva delle Fonti (BA), Davide Carlucci, vede ormai 300 Sindaci collegati dal Molise alla Sicilia.

Le analisi statistiche rivelano che nel Meridione d’Italia i malati hanno meno cure. I bambini hanno
meno asili nido. I nostri ragazzi hanno meno mense scolastiche. La nostra università dà meno borse
di studio. I nostri disabili hanno meno assistenza. Abbiamo meno servizi sociali perché garantiamo
una spesa pro capite pari ad un terzo di quella delle aree centro-settentrionali. Meno autobus.
Meno treni e nessuno ad alta velocità. Abbiamo meno aerei. Le nostre strade hanno più buche.
Paghiamo più tasse locali.

La narrazione consolidata è sempre la stessa. Si sente dire che tutto questo è così perché siamo del
Sud. Pare logico che sia così. Per l’incapacità delle nostre classi dirigenti. Per la corruzione. Per la
criminalità organizzata. Una narrazione che ci fa sentire colpevoli della nostra condizione. E dunque
meritevoli di subirla. Insomma, basta stare a Foggia, a Napoli, a Cosenza perché avere meno diritti sia una logica
conseguenza del proprio essere. E invece tutto questo ha una genesi precisa.

Con l’applicazione del federalismo fiscale lo Stato ha misurato, comune per comune, i fabbisogni per garantire a ciascuno servizi allo stesso livello, secondo ciò che dice anche la Costituzione. E, secondo logica, se nascere a Milano non deve essere diverso dal nascere a Potenza, bisognava attribuire a ciascun comune le risorse necessarie per
coprire il fabbisogno (livelli essenziali delle prestazioni – LEP).

Ma l’eguaglianza ha un costo miliardario. E quando i suoi estensori hanno scoperto che per il Sud
erano necessarie risorse maggiori rispetto al Nord, date le differenze di servizi a suo danno, hanno
rafforzato la narrazione che suole attribuire ai soliti sprechi del Sud. Allo “spendono male” ecc. ecc.
E invece lo stesso Stato si accorge che le due Italie non sono una invenzione dei meridionali meno
rassegnati. Si accorge che le differenze dipendono dalla continua minore spesa pubblica al Sud e
non da un cattivo uso delle risorse da parte del Sud .

Lo Stato allora sembra aver deciso di di truccare i conti. Di rifarsi le regole in modo da aggirare il
problema. Come? Stabilendo che non ci fosse alcun fabbisogno dove, per esempio, c’è meno
illuminazione nelle strade. Anzi in alcuni casi adottando il criterio della spesa storica, non quello
della necessità. Se tanto hai sempre avuto, tanto continuiamo a darti anche se non è sufficiente a
farti avere un servizio pari a quello del resto del Paese. In fondo, sempre sud sei.

Così mentre continuiamo a non avere asili nido, borse di studio, treni veloci, ecc. ecc. all’altezza di
quelli della serie A del Paese, ecco il colpo di scena finale di circa un’anno fa, che ha rivelato quanto
il federalismo fosse non solo una cattiva intenzione, ma un delitto premeditato da rendere
perfetto. Mentre si attendeva da anni un federalismo finalmente paritario, ecco irrompere quello
differenziato preteso da certi. Non servizi e risorse uguali per tutti, ma maggiori servizi dove sono
più ricchi. Dove, come si è detto, già ne hanno di più. A danno degli altri, Sud in testa.

Il giornalista Marco Esposito, nel libro “Zero al Sud” ha fatto un lavoro scientifico moto accurato,
dimostrando con fatti e numeri questa realtà. Nessuna delle sue tesi è mai stata smentita dai
governi che anzi, negano di aver secretato (l’allora presidente Giorgetti) alcuni dati forniti in
commissione circa gli effetti nefasti della mancata applicazione dei LEP.

Secondo Eurispes: “In 17 anni sono stati tolti al Meridione circa 840 miliardi. L’iniziativa dei sindaci fa eco anche a quanto proposto da un gruppo di economisti che, in vista della riscrittura del PNRR per l’utilizzo delle risorse del New Generation U.E. ha lanciato un appello perché ne venga accentuata l’attenzione al divario tra sud e resto del paese.

Il lavoro dei Sindaci è un “work in progress” e si sta mettendo a punto un documento completo
di tutte le istanze presenti nei diversi territori meridionali. Ecco un elenco di quelle già raccolte.
• varare un piano straordinario di assunzioni, nella misura di almeno 5.000 progettisti
specializzati nei programmi comunitari in tutto il Mezzogiorno (oltre i 60.000 proposti dall’ANCI);
• garantire livelli essenziali delle prestazioni sanitaria, scolastica, assistenziale e di trasporto,
come sottolineato dal ministro del Sud Mara Carfagna e, di concerto con l’ANCI, assicurare una
casa a tutti, realizzare un effettivo efficientamento energetico e di rigenerazione del patrimonio
edilizio esistente pubblico e privato attraverso piani di recupero dei centri storici frutto di
interazione misto pubblico-privato;
• avviare piani di recupero delle acque reflue per il riuso in agricoltura, piani di adattamento ai
cambiamenti climatici con priorità d’intervento sul versante sia idrogeologico, per la tenuta stessa
dei territori a rischio, e sia su quello della emissione di gas climalteranti;
• definire una strategia dei rifiuti coerente con il quadro specifico di impoverimento del suolo e
con l’obiettivo prioritario del riciclo e del recupero di materia nello stato primario;
• sostenere l’internazionalizzazione delle produzioni agroalimentari, a sviluppare i Distretti del
Cibo e a potenziare i Gruppi di Azione Locale (GAL);
• redigere un Piano per il Recupero dei Castelli, delle dimore storiche e di tutto il patrimonio
culturale pubblico ancora in abbandono o in situazione di pericolo;
• ottenere deroghe per i Comuni in dissesto;
• eliminare gli impacci burocratici che limitano l’erogazione e l’attuazione di finanziamenti;
• coinvolgere i percettori del Reddito di cittadinanza in progetti di utilità sociale, in particolare
nella tutela di boschi, delle aree verdi in genere e del miglioramento dell’arredo urbano;
• intervenire nella sanità delle aree interne, attraverso un modello di medicina territoriale
fondata su strategie di presidio più diffuse e tempestive;
• realizzare progetti di interscambio economico-culturale fra i comuni del Sud e altre aree
d’Italia, d’Europa e di altri Continenti;
• superare le carenze infrastrutturali attraverso l’alta velocità ferroviaria, come evidenziato dai
promotori di “Vogliamo anche al Sud treni più veloci”;
• varare un robusto intervento in linee di bus elettrici o a idrogeno e un Piano per la Bike
economy del Sud;
• sviluppare l’agricoltura sociale nei terreni confiscati e in abbandono;
• limitare il consumo di suolo attraverso il sostegno alla creazione di un sistema di parchi
comunali periurbani nelle aree marginali;
• dare maggiore impulso all’associazionismo fra Comuni attraverso robusti incentivi alla
progettazione d’area e di distretto;
• Utilizzare i Beni confiscati semplificando le procedure di assegnazione ai Comuni e destinare gli
stessi a ospitare i poli territoriali per il coworking, per lo smart working, il south working, e il
reclutamento e la formazione previsti nel documento dell’Anci;
• tenere conto per l’edilizia sociale dell’ampia disponibilità di immobili in abbandono o
pericolanti nei centri storici o in aree periferiche, coinvolgendo l’imprenditorialità privata nella
rigenerazione e nello sviluppo di piani casa ad alta sostenibilità ambientale e sociale che
consentano la realizzazione di edilizia popolare;
• prevedere per le zone rurali:
– un finanziamento di almeno 800 milioni di euro per le Strade rurali;
– Ridurre il “water divide” tra Nord e Sud attraverso l’ammodernamento di invasi, dighe, acquedotti
rurali, depuratori e sistemi fognari per evitare lo spreco di acqua trasportata;
– piani di risanamento dei manufatti rurali in abbandono nelle aree agricole (muretti a secco,
masserie, trulli, specchie, norie, eccetera), attraverso l’istituzione di parchi tematici;
– Sistemi di controllo e videosorveglianza contro l’abbandono dei rifiuti e per il miglioramento della
sicurezza nelle aree rurali;
– Turismo accessibile e salutistico secondo il “modello Monteverde”, considerato che l’accessibilità
ai turisti diversamente abili può essere una chiave di sviluppo per i Comuni del Sud, in particolare
quelli situati in aree interne o di montagna;
• definire un modello specifico di sviluppo per i borghi dove è forte il divario rispetto alle città in
termini di servizi e diritti.

I borghi e le comunità devono essere sostenuti come laboratori delle buone pratiche di
sostenibilità (energia, economia verde e riciclo dei rifiuti, tutela ambientale) e dove è più forte il
radicamento del “terzo settore” e più alti i livelli di cittadinanza attiva anche attraverso forme
nuove d’impresa (cooperative di comunità e imprese sociali). Necessita accompagnare le Amministrazioni locali in percorsi premianti di rigenerazione sociale e territoriale (ponendo al centro la sfida climatica).

Le sfide contemporanee (i cambiamenti climatici, l’innovazione tecnologica, i fenomeni migratori,
lo spopolamento, ecc.) non potranno essere affrontate senza la partecipazione, il protagonismo e
la responsabilità delle popolazioni locali ed è per tali ragioni che vanno estese le Aree Interne del
Sud d’Italia, secondo le indicazione del FESR 2021/2027 e favorendo la propensione alla
cooperazione su scala locale e la sperimentazione di “reti di vicinato” capaci di organizzare servizi e
trovare soluzioni organizzative su problematiche quotidiane e comuni.
Il Decisore nazionale dovrà guardare alle esperienze positive di resilienza dei borghi del sud e
sostenerli e accompagnarli verso un ulteriore sviluppo attraverso:
– la riconnessione dei borghi del sud al Paese, riportandoli al centro di una attenzione e
programmazione costante per il loro sviluppo e la loro crescita;
– la valorizzazione delle soluzioni che a livello locale sono emerse e creando condizioni sempre più
favorevoli ad una “connessione sostenibile” tra territorio e comunità;
– la realizzazione di un vero investimento nazionale per sostenere buone pratiche di comunità
resilienti, in grado di creare dinamismo sociale ed economico.

Il percorso Recovery Sud sembra procedere per ora con spirito costruttivo e nel bene dell’intero
paese, per niente limitato da steccati ideologico-culturali.

Antonio Piangiolino

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