Con l’intervista ad Adn-Kronos di qualche giorno fa, Giorgia Meloni ha dato il via alla rincorsa in vista della prossima legislatura.
Detta la tempistica e mostra di avere saldamente in mano il boccino della partita. Anzi, lo ha già messo in campo, annunciando la sua scontata candidatura a governare il Paese anche per i cinque anni a seguire la conclusione – alla sua naturale scadenza? – dell’attuale quinquennio.
A meno che la forza degli eventi – sempre che le venga meno l’obiettivo del “premierato” e la Presidenza della Repubblica conservi le attribuzioni istituzionali che oggi la Costituzione le conferisce – la sospinga fino al Colle.
L’opzione preferita, a quanto pare, è comunque che il Quirinale venga messo sostanzialmente ai margini ed il “potere” si concentri a Palazzo Chigi. Nelle sue mani e secondo un disegno di egemonia della destra che rivolti l’Italia, a cominciare dalle garanzie costituzionali, come un calzino.
L’impotenza delle opposizioni e’ addirittura imbarazzante. Perfino i governi hanno bisogno di trovare nell’opposizione un contro-altare con cui instaurare un rapporto dialettico che consenta loro di misurare meglio il passo e la sintonia con il Paese, complessivamente inteso. Quel che avviene nel centrosinistra è , invece, per certi aspetti, inspiegabile.
Nel PD sono confluite le due grandi culture popolari che hanno rappresentato la spina dorsale della democrazia della Prima repubblica, quella cattolico-democratica e quella della sinistra. Eppure, ha smarrito esattamente questa originaria vocazione e lo stesso elettorato popolare è stato sospinto a destra. Facile preda di un populismo malsano, purtroppo favorito dalla scomparsa, nell’altro campo, di ogni traccia di pensiero e di proposta, come se la “politica”, nel senso proprio del termine, fosse sparita dal radar dell’opposizione.
Non c’è un disegno, né una prospettiva che susciti speranza. Non l’accenno ad una proposta di contenuti e di schieramento che abbia un carattere organico. E che lasci intravedere una competizione serrata in grado di rianimare la passione civile, il sentimento di una responsabilità personale cui non si può venir meno nei tanti italiani disillusioned. Soprattutto, manca l’avvertenza di un vuoto da colmare.
Mostrano di averne una qualche percezione i cattolici del PD, purtroppo imbrigliati nelle maglie di un supposto schieramento – il cosidetto “campo largo” – che reca in sé la sua contraddizione e, cioè, la postura populista del Movimento 5 Stelle. Manca la ricerca di una soluzione a questo sostanziale stallo e fors’anche la consapevolezza della responsabilità che grava sulle forze cui dovrebbe spettare il compito di sottrarre l’Italia ad una pericolosa egemonia delle culture politiche sovraniste ed illiberali.
Domenico Galbiati