Il buon senso contadino dei nostri nonni ci ha insegnato che quando si è chiamati ad affrontare avversità inattese prima si decide che cosa fare per superarle e poi si cercano i mezzi per agire.

Pare proprio che questa regola di ordinaria saggezza sia completamente ignorata da mezzo Parlamento, dai sovranisti di destra e dalla consorteria dei Cinque Stelle, oltre che dalla irresolutezza del capo del governo e dall’imbarazzo del PD.

L’avversità inattesa è stata l’epidemia del Covid-19 che ha fermato l’attività del Paese.  Per affrontarla oggi dovrebbero essere già chiari almeno i criteri per porre mano ad alcune riforme, spesso   genericamente evocate. I mezzi per agire sono le risorse finanziarie che l’Unione Europea si è decisa a mettere a disposizione dei Paesi membri per affrontare la crisi sanitaria ed economica.

Considerata l’eccezionalità del drammatico evento e l’esistenza di condizioni insperate per disporre delle risorse, molti Paesi hanno già provveduto a predisporre i loro programmi di intervento, come si addice alla buona politica. Da noi invece no. Con questi partiti o presunti tali accade il contrario, prevalendo da subito divisioni, le solite paure da diffondere, la propaganda insomma che da noi ha preso da tempo il posto del confronto. Non si spiega altrimenti che ancora una volta l’Italia è in ritardo nel presentare i programmi. Ultima rispetto agli altri e quasi fuori tempo massimo.

Eppure le condizioni per agire con decisione ci sarebbero tutte e non è detto che in futuro si ripresenteranno tanto facilmente: il patto di stabilità che limita sempre i nostri bilanci è sospeso; le regole che limitano gli aiuti di Stato sono attenuate; la BCE prosegue nei suoi potenti interventi con acquisti di titoli sul mercato secondario per scoraggiare i possibili attacchi speculativi. Per non dire dei nuovi strumenti finanziari europei per sostenere le misure contro la disoccupazione, del gigantesco piano per riavviare la ripresa economica con emissione finalmente di bond europei, della conversione del fondo salva-Stati in finanziamenti per assicurare la copertura delle spese sanitarie.

Ed è proprio su questi due strumenti che la propaganda dei sovranisti di casa nostra ha dato fuoco alle polveri: il Recovery Fund (ora NgEU, New Generation EU) e il MES.

Sul primo si vorrebbero avere tanti soldi a fondo perso e pochi in prestito, quasi ci fossero dovuti prima ancora di decidere  che cosa fare.

Sul MES si evocano gli spettri della Grecia che, in dissesto e condizioni disperate, aveva fatto ricorso a questo strumento al prezzo di una dolorosa austerità. Ed è proprio evocando queste paure che la propaganda si è scatenata paralizzando il governo con l’impuntatura dei Cinque Stelle. Non solo, ma tra gli argomenti dei sovranisti si pone anche l’accento sul fatto che altri Paesi non intendono ricorrere almeno per ora a questo strumento, senza peraltro tenere in conto che Francia, Spagna e Portogallo hanno un debito pubblico inferiore al nostro e possono permettersi ancora di ricorrere facilmente al mercato. E’ proprio vero che quando si vogliono sostenere a tutti i costi le proprie ragioni, per convenienze elettorali, è facile giungere fino al punto di ignorare la realtà.

Così si trascura la fondamentale premessa che il MES come oggi proposto è unicamente finalizzato a rafforzare i sistemi sanitari e non è più il salva-Stati di infausta memoria. Come non si vuole capire che il costo del finanziamento per noi è oggi inferiore a quello che costerebbe il ricorso al mercato ( il tasso di interesse è dello 0,08% mentre oggi le emissioni di titoli decennali ci costano l’1,15% di interessi) considerato il nostro gigantesco debito pubblico.

Almeno in questa occasione, era lecito pensare a una convergenza tra maggioranza e opposizioni nell’interesse generale del Paese e nel rispetto delle istituzioni, come avviene in altri Paesi. Magari denunciando il ritardo nel mettere a punto i piani di intervento. Invece dobbiamo constatare ancora una volta che destra e Cinque Stelle insistono nella ormai consolidata loro posizione che confonde il fare politica con l’esercizio della propaganda. Forse perché fare politica è più difficile.

Guido Puccio

 

Immagine utilizzata: Pixabay

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